Osea profetizzò prima della cattività babilonese, ai tempi dei re d’Israele: Uzzia, Iotam, Achaz, Ezechia e Geroboamo, figlio di Gioas (2Cron.26:28,29).

La predizione di Osea è rivolta principalmente agli iniqui re d’Israele, che fecero peccare il popolo di Dio.

Essi si stabilirono nella città di Samaria, a partire dal re Omri, che fu il costruttore della capitale (1Re 16:24). Samaria si trovava sulle montagne popolate dalla stirpe di Efraim, che originariamente non faceva parte delle dodici tribù d’Israele, ma divenne componente solo con il riconoscimento da parte di Giacobbe (Efraim era nipote di Giacobbe, figlio di Giuseppe). Infatti, Giacobbe benedisse Efraim e Manasse proclamando: “Ora i tuoi due figli, che ti sono nati nel paese d’Egitto prima che io venissi da te in Egitto, sono miei. Efraim e Manasse sono miei, come Ruben e Simeone.…Così egli pose Efraim prima di Manasse” (Gen.48:5,20).

Giacobbe scelse volutamente Efraim, il secondogenito, dichiarando che sarebbe divenuto una moltitudine di nazioni (Gen.48:19). Con l’approvazione di Giacobbe e la sua dichiarazione di essere proprio come i suoi figli legittimi Ruben e Simeone, le due tribù di Efraim e di Manasse furono così unite alle altre ed ebbero perciò una parte dell’eredità, alla suddivisione del territorio conquistato.

Nella città di Samaria prevaleva il peccato d’idolatria, come esposto: “Dov’è ora il tuo re, che ti possa salvare in tutte le tue città? Dove sono i tuoi giudici di cui dicevi: -Dammi un re e dei principi-?  Ti ho dato un re nella mia ira e l’ho ripreso nel mio furore” (Osea 13,10,11), anche “Tra i profeti di Samaria ho visto stupidità; profetizzavano in nome di Baal e fanno sviare il mio popolo Israele” (Ger.23:13) ed ancora ”Tutto il popolo la conoscerà, Efraim e gli abitanti di Samaria, che nel loro orgoglio e arroganza di cuore…“ (Is.9:8).

Capitolo 1.

L’Eterno rivela al profeta le condizioni del suo popolo, che si mostra ribelle e che si rifiuta di convertirsi a Dio, non mettendo in pratica le sue leggi. Dio perciò ordina ad Osea di prendere per moglie una prostituta e di generare dei figli di prostituzione, per evidenziare il peccato del popolo, divenuto idolatra più dei paesi loro vicini, che Dio aveva sconfitto proprio davanti a loro.

Dopo il glorioso regno di Salomone, avvenne la divisione in due parti: il regno di Giuda con le due tribù di Beniamino e di Giuda rimase sotto la discendenza di Davide con il figlio di Salomone, Roboamo, mentre le altre dieci tribù, costituenti il regno di Israele, furono guidate da un servo di Salomone, chiamato Geroboamo  (1Re 11:26.31).

Dio annuncia quindi al profeta che colpirà Israele e non userà misericordia, tranne che verso Giuda. Infatti, Dio trascurò Israele (con le sue 10 tribù) e scelse da Giuda tutti i successori, come promesso, da Salomone, figlio di Davide, fino alla venuta del Cristo, Gesù. Infatti, la salvezza fu annunciata per prima ai Giudei, ma essi la rifiutarono, perché non riconobbero Cristo come il Messia (Gv.1:11), il Salvatore, promesso prima della fondazione del mondo e che, a suo tempo, Dio mandò nelle vesti del suo Unigenito Figlio, nato dalla discendenza di Davide, secondo la carne (Rom.1:3), “preconosciuto prima della creazione del mondo, ma manifestato negli ultimi tempi per voi” (1Ptr.1:20), perché ”Egli è prima di ogni cosa e tutte le cose sussistono in lui” (Col.1:17).

La profezia si avverò e il residuo di Giuda, che era scritto nel libro della vita, fu salvato durante la missione di Gesù, perché essi credettero che era il Figlio di Dio, mandato per la redenzione del suo popolo. Il Salvatore giunse inaspettatamente, perché loro immaginavano la sua venuta come quella di un conquistatore romano a capo di un esercito con spiegamento massiccio di forze ed armi, pronto alla battaglia per liberarli. In realtà Egli venne umilmente, come servo, perché la salvezza non fosse per opere, ma si avesse attraverso la fede nell’opera redentrice, unica ed espiatoria di Gesù, che offrì la sua vita al posto nostro, per la giustizia di Dio, “…affinché chiunque crede in Lui non perisca, ma abbia la vita eterna” (Gv.3:16).

Osea ebbe ancora un altro figlio da sua moglie e lo chiamò Loammi, come stabilito dall’Eterno e per indicare che Israele non sarebbe stato più suo popolo, né Egli il suo Dio, perché li avrebbe abbandonati alla cattività per 62 settimane a partire dal 70 d.C., inizio della diaspora, fino al 1948, anno di costituzione della nazione d’Israele, riconosciuta dall’ONU e di rientro degli ebrei nella loro terra.

La profezia riprende l’esposizione degli avvenimenti dal millennio, dove Israele e Giuda saranno un solo popolo: “Tuttavia il numero dei figli d’Israele sarà come la sabbia del mare, che non si può misurare, nè contare. E avverrà che invece di essere detto loro: -Voi non siete mio popolo-, sarà loro detto: -Siete figli del Dio vivente” (v.10).

Capitolo 2.

Dio riprende ancora il suo popolo, sia di Israele (Ammi) che di Giuda (Ruhama), paragonandolo ad una madre (in molte profezie Israele è rappresentato in similitudine ad una donna) che si prostituisce e quindi ripudiata ed abbandonata dal marito come moglie adultera, perché Dio li lascerà per i gravi peccati di fornicazione (idolatria) che si commettevano. I suoi figli sono quindi diventati figli di fornicazione, perché non vogliono ravvedersi ed insistono a proclamare: “Andrò dietro ai miei amanti, che mi danno il mio pane e la mia acqua, la mia lana e il mio lino, il mio olio e le mia bevanda” (v.5).

Dio perciò renderà la loro terra arida, renderà la loro via piena di spine e non torneranno più al loro paese, dandoli come schiavi delle nazioni, come lo erano in Egitto.

Israele non si pentì, anzi rigettò il Messia (Gv.1:11) e così, dopo circa 70 anni dalla nascita di Gesù, Israele fu invaso e il tempio di Dio in Gerusalemme, ricostruito dopo la cattività babilonese (vedi Esdra 5; Aggeo 1), fu distrutto. I superstiti furono dispersi tra tutte le nazioni della terra, divenendo così schiavi dei loro nemici (i popoli gentili).

Questo è accaduto perché Israele non ha riconosciuto chi gli dava l’olio, la lana, l’oro e l’argento perciò sacrificava a Baal, lasciando il suo Dio, che lo trasse fuori dalla schiavitù dell’Egitto.

Dio perciò li avverte per mezzo del profeta: “La punirò quindi per i giorni di Baal quando bruciava loro incenso, si ornava di orecchini e di gioielli e andava dietro ai suoi amanti, ma dimenticava me, dice il Signore” (v.13).

Il popolo di Dio rimarrà tra le nazioni tutto il tempo della sua cattività (62 settimane, circa 1878 anni), ricercando invano l’aiuto dei suoi dèi, fino a quando tornerà al suo Dio (al mio primo marito), perché si renderà conto che allora stava meglio di ora. Dio si prenderà cura nuovamente del suo popolo in Israele. Egli ricostruirà per loro le vigne e le coltivazioni, così Israele si rallegrerà nuovamente come nei giorni che usci fuori dall’Egitto. Questo avverrà nel millennio di pace, quando il residuo scelto per vivere, non si ricorderà, né chiamerà più gli dei, ma riconoscerà Dio, chiamandolo “Marito mio” (v.16).

In quel tempo tutte le fiere delle campagne, con gli uccelli del cielo e tutti i rettili non faranno alcun male; non ci saranno più armi da guerra, perché tutto sarà in pace e in sicurezza. In quel giorno: “Ti fidanzerò a me per l’eternità; sì, ti fidanzerò a me in giustizia, in diritto, in benignità e in compassioni. Ti fidanzerò a me in fedeltà, e tu conoscerai l’Eterno …e avrò compassione di Lo-ruhamah; e dirò a Lo-ammi: -Tu sei il mio popolo-, ed egli mi risponderà:- Tu sei il mio Dio-” (v.19,20,23).

Capitolo 3.

Dio rivela al profeta un altro aspetto della condizione peccaminosa del suo popolo attraverso la prova di Osea: amare una donna adultera, proprio come l’Eterno amava il suo popolo infedele, perché si prostrava continuamente davanti ad altri dei.

Osea dunque ubbidì alla volontà divina, versò il prezzo di acquisto e prese come moglie una donna adultera, concordando con lei che nel frattempo non si prostituisse e che non si concedesse ad alcuno. Allo stesso modo, Israele sarebbe stato per molto tempo senza re, senza sacrificio, senza statue e né idoli fino a quando cercherà di nuovo l’Eterno, il suo Dio e Gesù Cristo, suo Re (in analogia è chiamato Davide).

Tutto questo avverrà però alla fine dei giorni, ovvero nell’ultima settimana delle settanta, date per il popolo di Dio (Dan.9:24,25).

Capitolo 4.

In Israele persisteva la falsità ed il male, perché non avevano conoscenza e né timore di Dio, avendo dimenticato le sue leggi e i suoi comandamenti. A questo punto, il profeta annuncia, per la caparbietà del popolo ebreo, la sua caduta insieme ai falsi profeti e la distruzione di Israele. Dio mutò così la gloria d’Israele in vergogna, dichiarando: Il mio popolo perisce per mancanza di conoscenza. Poiché tu hai rigettato la conoscenza, anch’io ti rigetterò dal mio sacerdozio; poiché tu hai dimenticato la Legge del tuo Dio, anch’io dimenticherò i tuoi figli” (v.6).

Un popolo ribelle fu così abbandonato da Dio nelle mani dei loro nemici per 62 settimane, soffrendo senza l’aiuto di Dio, perché essi preferirono la bugia alla verità, come fu poi confermato dagli apostoli: “…Era necessario che fosse annunziata a voi per primi la Parola di Dio, ma poiché la respingete e non vi giudicate degni della vita eterna, ecco, noi ci rivolgiamo ai gentili” (Atti 13:46).

E’ ripetuto che gli ebrei non intesero convertirsi, ma continuarono a peccare, perché: “Sacrificano sulle cime dei monti bruciano incenso sui colli, sotto la quercia, il pioppo e il terebinto; perchè la loro ombra è piacevole. Perciò le vostre figlie si prostituiscono e le vostre nuore commetteranno adulterio” (v.13).

Durante la predicazione di Gesù e dei suoi apostoli, fu salvato solo un residuo, quelli scritti nel libro della vita, mentre coloro che non vollero credere nel nome dell’Unigenito Figlio di Dio, morirono in seguito all’invasione ed alla devastazione di Israele, iniziata nel 70 d.C. Scampò soltanto un residuo, che fu disperso tra le nazioni della terra, come decretato: ”Disperderò a tutti i venti quelli che gli stanno intorno per aiutarlo e tutte le sue truppe e sguainerò la spada dietro a loro” (Ez.12:14; Zac.7:14).

Capitolo 5.

Ancora un ammonimento per Israele e per i suoi sacerdoti, perché le opere dei re d’Israele (Efraim) erano abominevoli e le loro fornicazioni non sono state nascoste, ma hanno provocato la contaminazione del popolo di Dio, così profonda e radicata che essi non intesero fare opere di conversione. Infatti, la profezia svela che hanno lo spirito di fornicazione (idolatria) dentro di loro e perciò cadranno per le loro iniquità.

Tutto questo avvenne nel 70 d.C., quando iniziò la Diaspora e, gli abitanti di Giuda con Gerusalemme e quelli di Israele furono consegnati in potere dei loro nemici, come indicato: “Con le loro greggi e con le loro mandrie andranno in cerca dell’Eterno, ma non lo troveranno; egli si è ritirato da loro. “Hanno agito con inganno contro l’Eterno, perché hanno generato dei figli di adulterio; ora un solo mese li divorerà assieme ai loro beni” (v.6,7).

Dio perciò li ha abbandonati per la loro incredulità. Molti perirono con l’invasione e il saccheggio dei romani, altri furono sottomessi e furono dispersi tra le nazioni nemiche (Ez.12:14).

Arriverà poi il tempo, quando Dio toglierà dal residuo, che è scritto nel libro (Dan.12:1), il velo spirituale dai loro occhi, così potranno finalmente vedere chiaramente, cercheranno l’Eterno e lo troveranno, come precisato: “Io me ne andrò e ritornerò al mio luogo, finché non si riconosceranno colpevoli e cercheranno la mia faccia; nella loro avversità mi cercheranno con diligenza” (v.15).

Capitolo 6.

Dio quindi salverà solo il residuo del suo popolo. Essi saranno i savi che insegneranno ad altri (Dan.11:33) invitandoli a convertirsi al Signore.

L’Eterno li ha percossi, abbandonandoli in mano dei loro nemici per quasi 1878 anni (62 settimane di Dan.9:24,25), ma nell’ultima settimana, e precisamente durante i tre anni e mezzo del regno di Satana, Dio li proteggerà, portandoli lontani in un luogo sicuro. Alla fine di questo periodo essi entreranno nella Gerusalemme terrena del millennio “… Egli verrà a noi come la pioggia, come l’ultima e la prima pioggia alla terra” (v.3).

In questo passo, Dio chiama Israele con il nome della tribù di Efraim, perché il re d’Israele, dopo la morte di Salomone, fissò la sua residenza in Samaria, città di Efraim.

Dio paragona la pietà di Efraim e di Giuda come una nuvola e come la rugiada che appare di mattina e poi si dissolve durante il giorno. Per la loro instabilità a rimanere fedeli al Signore, Dio li ha lasciati, disperdendoli tra le nazioni.

La profezia continua attestando che Dio non gradisce più sacrifici ed olocausti da loro, perché si sono sviati, ma desidera invece che conoscano Dio, perché Gesù ha compiuto il sacrificio unico per tutti coloro che si ravvedano.

Israele però ha continuato a commettere cose orribili, contaminandosi e contagiandosi con le loro fornicazioni idolatre, a causa dei re, che inducevano il popolo a peccare (1Re 16:33).

Dio promise il ritorno del suo popolo dalla cattività, iniziato dal 1948 e, tra poco, Dio riprenderà a trattare col suo popolo e, in particolare, per i savi, cioè coloro che sono scritti nel libro (Dan.12:1), ci sarà salvezza, in accordo: “Anche per te, o Giuda, è riserbata una messe, quando ricondurrò dalla cattività il mio popolo” (v.11).

Capitolo 7.

La profezia è rivolta contro Efraim, dove avevano la residenza, i re d’Israele, a causa delle gravi iniquità, che si commettevano da questa tribù. Infatti, essi s’innalzavano, erano bugiardi e ladri, perché “…praticano la falsità: ”il ladro entra, una banda di briganti fa incursioni fuori” (v.1), si contaminavano con gli idoli (fornicazione o adulterio spirituale) e il loro cuore era simile ad un forno. Non si trovava alcuno in Israele che gridasse all’Eterno e non consideravano che Dio ricorda i loro misfatti, “Efraim si mescola con i popoli, Efraim è una focaccia non rivoltata…l’orgoglio d’Israele testimonia contro di lui, ma essi non tornano all’Eterno, il loro Dio, né lo cercano nonostante tutto questo” (v.8,9).

Per mezzo dei profeti, Dio avvertì ripetutamente il suo popolo, rimproverandolo per il male che faceva, ma essi non lo ascoltavano, perché si rivolgevano volentieri e ricevevano aiuto dai popoli dell’Egitto e della Siria, “…Poiché ti sei appoggiato sul re di Siria e non ti sei appoggiato sull’Eterno, il tuo Dio,…” (2Cron.16:7).

Anche durante la carestia del frumento e del mosto, essi non si rivolgevano e non gridavano a Dio con il loro cuore e i loro capi caddero per la spada.

Capitolo 8.

Ancora profezia contro Israele: è annunciata l’invasione e la distruzione del tempio di Dio, avvenuta nel 70: “…Il nemico piomberà sulla casa dell’Eterno come un’aquila, perchè hanno trasgredito il mio patto e si sono ribellati alla mia Legge” (v.1).

Il popolo di Dio si allontanò dall’osservare la Legge, molto prima che nascesse il Messia e, quando Gesù iniziò la sua missione, rifiutarono i suoi ammaestramenti.

I giudei respinsero, anche dopo, la testimonianza della verità, che era stata predicata a loro dai discepoli di Gesù e solo, quelli che erano preordinati alla vita eterna, credettero (At.13:48).

Tra i giudei era purtroppo praticata molta idolatria pagana e, per questo, accadde quello che fu profetizzato molto tempo prima dai servi di Dio, dichiarando che se il popolo non si fosse ravveduto, sarebbe stato sterminato ed il rimanente disperso tra le nazioni nemiche, come già determinato “Io li disperderò fra le nazioni, che né loro né i loro padri hanno conosciuto, e manderò dietro a loro la spada, finché li avrò interamente distrutti” (Ger.9:16; Ez.7:24; Abd.2).

“Hanno costituito dei re, ma non da parte mia; hanno designato dei principi, ma a mia insaputa; con il loro argento e il loro oro si sono fatti idoli, perché fossero distrutti” (v.4).

Tutti questi eventi sono accaduti al popolo di Dio per il loro peccato e perché essi dimenticarono il loro Dio, Colui che li trasse fuori dalla schiavitù dell’Egitto.

Inoltre rifiutandosi di ravvedersi dal male e di convertirsi, fecero così attuare il disegno di Dio, distruggendo Giuda ed Israele insieme: “Israele è divorato; essi sono diventati fra le nazioni come un vaso spregevole” (v.8). Infatti, durante il loro lungo esilio, nessuno li considerava, anzi li detestavano fino al punto di arrivare al grande massacro avvenuto per mano del dittatore tedesco. Soltanto dopo, quando il tempo del loro esilio era terminato, Dio ha permesso e ha toccato i cuori dei grandi politici, affinché l’ONU approvasse la costituzione dello stato d’Israele.

Capitolo 9.

Israele ha dimostrato di essere una: “…generazione ostinata e ribelle, una generazione il cui cuore non fu fermo e il cui spirito non fu fedele verso Dio. I figli di Efraim, gente di guerra, buoni arcieri… non osservarono il patto di Dio e rifiutarono di camminare secondo la sua legge” (Sal.78:8,9) e per questo Dio, tramite il suo servo, attestò: “Non rallegrarti, o Israele, per esultare come gli altri popoli; perchè ti sei prostituito, allontanandoti dal tuo Dio; hai amato il salario della prostituta su tutte le aie di grano” (v.1).

Tutto il loro lavoro è stato vanificato, perché altri hanno avuto beneficio delle loro fatiche, quando Dio li ha allontanati dalla loro terra, disperdendoli come ai quattro venti del cielo, in altre parole tra tutte le nazioni della terra. Altri presero quindi possesso della terra d’Israele dal 70 d.C., anno della distruzione e della Diaspora, fino al 1948, anno della costituzione dello Stato d’Israele, coincidente con la fine dell’esilio forzato durate sessantadue settimane (Dan.9:24,25).

Il rientro degli ebrei, ancora sparsi tra tutte le nazioni, nella terra promessa data da Dio ai loro padri, terminerà, nell’ultima settimana, quando Dio li riunirà in Israele. Questo accadrà a Israele, perché nel passato, non ha mai ascoltato gli avvertimenti del suo Dio, dati per mezzo dei suoi profeti e non ha accettato di riconoscere Gesù, come il Salvatore e il Messia promesso e nemmeno si è convertìto alla predicazione della verità dagli apostoli. Mosè infatti, rivelò ad Israele: “L’Eterno, il tuo Dio susciterà per te un Profeta come me, in mezzo a te, fra i tuoi fratelli… io susciterò per loro un Profeta come te di mezzo ai loro fratelli e porrò le mie parole nella sua bocca, ed egli dirà loro tutto ciò che io gli comanderò. E avverrà che se qualcuno non ascolterà le mie parole, che egli dirà in mio nome, io gliene domanderò conto” (Deut.18:15,18,19).

Questa profezia si riferisce in particolare alla venuta di Gesù e alle conseguenze, che purtroppo avvennero, per chi non ascoltò gli insegnamenti divini (Gv.1:11; Atti 13:46). Ecco perché il popolo di Dio fu sconfitto dai romani e dal 70 d.C. i superstiti furono esiliati tra tutte le nazioni nemiche per un lungo tempo, come fu decretato: “…là, infatti, ho preso a odiarli. Per la malvagità delle loro azioni li scaccerò dalla mia casa, non li amerò più; tutti i loro principi sono ribelli. Efraim è colpito, la sua radice è seccata; essi non faranno più frutto. Sì, anche se dovessero avere dei figli, io farò morire i cari frutti del loro grembo. Il mio Dio li rigetterà, perchè non l’hanno ascoltato; ed essi andranno errando fra le nazioni” (v.15-17).

Capitolo 10.

Ancora per lo Spirito di Dio, il profeta paragona Israele ad una vigna deserta, ma che porta frutto, nel senso che: quando essi prosperavano, si dimenticavano e si rifiutavano di servire l’Eterno, così Egli li puniva e quando erano invece nell’avversità, essi si ricordavano e gridavano al loro Dio, che li esaudiva, non facendo mancare alcuna cosa a loro, come riportato: “Quando li uccideva, essi lo cercavano e ritornavano a ricercare Dio con assiduità. Il loro cuore, infatti, non era fermo verso di lui e non erano fedeli al suo patto(Sal.78,34,37 ).

Israele, appena vedeva che Dio lo aveva perdonato e ristabilito, ritornava a peccare, fino a quando arrivò il tempo che l’Eterno “Abbandonò il suo popolo alla spada e si adirò grandemente contro la sua eredità!” (Sal.78,62).

Essi giuravano falsamente, perciò Dio li lasciò in potere dei loro nemici, i romani, che li fecero prigionieri ed alcuni furono condotti come schiavi a Roma (in similitudine, chiamata Assiria), come dono all’Imperatore.

Spine e rovi crebbero sui suoi altari idolatri, perciò Dio sentenziò: “Quando mi piacerà, li castigherò; i popoli si raduneranno contro di loro, quando saranno legati nella loro duplice iniquità” (v.10). Il re d’Israele, che condusse il popolo al peccato, sarà definitivamente eliminato e il popolo disperso tra le nazioni nemiche.

Capitolo 11.

“Quando Israele era fanciullo, io l’amai, e dall’Egitto chiamai mio figlio” (v.1) (Israele in similitudine a Gesù).

Come l’Eterno fece uscire Israele dalla schiavitù dell’Egitto attraverso Mosè, così il profeta rivela che quando Dio avrà mandato suo Figlio, anche Lui ritornerà dall’Egitto, dove Giuseppe e Maria, avvertiti dal Signore, saranno fuggiti dalla strage di Erode dei bambini (Mt.2:13,15), alla morte del re della Giudea.

Dio offrì quindi a loro la salvezza per mezzo di Gesù Cristo, che compì prodigi, segni e miracoli, ma anche allora loro non gli credettero, anzi lo respinsero, volendolo lapidare per bestemmia (Gv.10:33).

Gli apostoli predicarono in Samaria e in tutto Israele, ma molti giudei non li ascoltarono e rigettarono le loro dottrine, come Cristo e continuarono ad offrire profumi e sacrifici alle loro divinità straniere. Gli apostoli Paolo e Barnaba attestarono infatti, con franchezza: “…Era necessario che fosse annunziata a voi per primi la Parola di Dio, ma poiché la respingete e non vi giudicate degni della vita eterna, ecco, noi ci rivolgiamo ai gentili” (At.13:46), come Dio rivelò al profeta: “Io li attiravo con corde umane, con vincoli d’amore; ero per loro come chi solleva il giogo dal loro collo, e porgevo loro da mangiare” (v.4).

Israele perciò non si ravvide dai suoi peccati, anzi la sua ostinatezza arrivò ad un punto tale che non c’era più alcuno che volesse ascoltare la verità ed accettare Gesù, come il Messia e il Salvatore. Israele fu perciò consegnata, come già annunciato dai profeti, in mano dei suoi dominatori, i romani, che nel 70 la devastarono completamente per sedare la ribellione al loro potere, perché Dio non era più con loro, ma li aveva abbandonati per le loro grandi iniquità.

Dio quindi abbandonò il popolo scelto per sua eredità. L’Eterno lasciò il suo popolo amato nelle mani di Satana, in modo che fosse perseguitato per tutto il tempo della sua lunga cattività.

Anche Ezechiele profetizza in merito alla diaspora: “Una terza parte di te morirà di peste e sarà consumata dalla fame in mezzo a te; una terza parte cadrà di spada intorno a te e disperderò l’altra terza parte a tutti i venti, e sguainerò contro di essi la spada” (Ez.5:12).

Si avverò perciò ogni profezia dalla distruzione del tempio di Dio, avvenuta nel 70 d.C., quando solo un residuo scampò alla morte e fu disperso tra tutte le nazioni della terra. Esso fu particolarmente perseguitato dai popoli e non ha mai avuto pace, proprio come Dio rivelato tramite i profeti. Infatti, la spada dell’Eterno fu sguainata contro di loro fino al grande massacro compiuto dal dittatore tedesco, come sottolineato dal profeta Isaia: “Mi sono adirato con il mio popolo, ho profanato la mia eredità e li ho dati in tuo potere, ma tu non hai usato loro alcuna pietà; sugli anziani facesti pesare il tuo giogo grandemente” (Is.47:6).

L’esilio degli ebrei è finito nel 1948, perché Dio li ha fatti ritornare in possesso della terra promessa ad Abramo, Isacco ed a Giacobbe, loro Padri. Essi devono ora solo aspettare il tempo della loro salvezza, quando Dio toglierà dai loro occhi il velo, che non li lascia vedere spiritualmente, per la loro incredulità, com’è indicato: “…Dio ha dato loro uno spirito di stordimento, occhi per non vedere e orecchi per non udire, fino a questo giorno“ (Rom.11:8).

Negli ultimi sette anni ci sarà salvezza solo per Israele (Dan.12:1), perché Dio li innesterà nuovamente, come riportato dall’apostolo Paolo: “…se non perseverano nell’incredulità, saranno innestati, perché Dio è potente da innestarli di nuovo” (Rom.11:23).

Dio salverà solo chi è scritto tra i vivi (Is.4:3), perciò soltanto il residuo di israele abiterà la nuova Gerusalemme santa e vivrà nella sua terra nel millennio, diventando un popolo numeroso. Il profeta Osea, annunciò come Dio riporterà il suo popolo nella loro terra, radunandoli dal mare, cioè tra tutti i popoli dove erano stati dispersi: “Non darò sfogo alla mia ira ardente, non distruggerò Efraim di nuovo, perché sono Dio e non un uomo, il Santo in mezzo a te, e non verrò con ira. Essi seguiranno l’Eterno, che ruggirà come un leone; quando ruggirà, i suoi figli accorreranno tremanti dall’ovest. Accorreranno tremanti come uccelli dall’Egitto e come colombe dal paese dell’Assiria; e io li farò abitare nelle loro case, dice l’Eterno” (v.9-11).

Dio quindi avrà nuovamente compassione del suo amato popolo e da allora non li lascerà mai più; loro saranno l’eredità dell’Eterno, in perpetuo.

A tal proposito il profeta Ezechiele dichiarò: ”…così dice il Signore, l’Eterno: -ecco, io aprirò i vostri sepolcri, vi farò uscire dalle vostre tombe, o popolo mio, e vi ricondurrò nel paese d’Israele” (Ez.37:12).

Capitolo 12.

Sempre per mezzo del profeta, Dio rimprovera i re e la casa di Israele, perché da quando uscirono dall’Egitto, essi non camminarono secondo le indicazioni dell’Eterno, ma preferirono adorare gli dei stranieri, anziché rivolgersi al loro Dio, peccando così di idolatria.

La profezia accenna alla conversione al Signore del residuo di Giuda durante la missione di Gesù e dei suoi apostoli, “Efraim mi circonda di menzogne e la casa d’Israele di inganno; ma Giuda signoreggia ancora con Dio ed è fedele con i santi” (v.1).

Quelli che non credettero al messaggio di Gesù, sia appartenenti a Israele (Giacobbe) e sia di Giuda, furono tutti dispersi tra le nazioni ed abbandonati da Dio.

Osea ricorda come Dio benedisse in particolare Giacobbe, perché egli fu scelto ancor prima che nascesse o facesse alcuna cosa, “com’è scritto: “Ho amato Giacobbe e ho odiato Esaù” (Rom.9.13), come ripetuto: Nel grembo materno prese il fratello per il calcagno e nella sua forza lottò con Dio. Sì lottò con l’Angelo e vinse; pianse e lo supplicò. Lo trovò a Betel, e là egli parlò con noi” (v.4,5).

Giacobbe fu quindi vincitore, perché Dio lo aveva già scelto e, per amore, estese anche a lui il patto stabilito prima con Abramo e a Isacco, suo padre. Il suo nome fu poi cambiato in Israele, a causa dell’origine delle 12 tribù.

A Giacobbe, Dio dette la responsabilità di ristabilire l’ordine, praticando la misericordia e la giustizia divine. Dio ricorda al suo popolo che, per la Sua grande compassione e benignità, aiutò Giacobbe, quando egli fece il guardiano di pecore e servì suo zio per prendere in moglie sua figlia e come lo benedisse, quando egli uscì dalla contrada della Siria, abitata da Labano, con grandi ricchezze.

Inoltre Dio fa presente al suo popolo delle benedizioni ricevute per mezzo di un profeta (Mosè, quando fu tratto fuori dalla schiavitù dell’Egitto e come fu protetto e condotto dal servo di Dio per tutto il tempo che attraversarono il deserto per giungere alla terra promessa.

Efraim praticando però l’ingiustizia ed arricchendosi con iniquità, Dio, nella sua grande benignità, sostiene: “Ma io sono l’Eterno, il tuo Dio, fin dal paese di Egitto. Ti farò ancora abitare in tende come nei giorni di festa solenne. Ho parlato ai profeti, io ho moltiplicato le visioni, e per mezzo dei profeti ho usato similitudini” (v.10,11).

I re purtroppo non camminavano nelle vie del Signore, perché adoravano idoli, erigevano altari e sacrificavano buoi a déi stranieri, inducendo anche il popolo a peccare di idolatria, “Efraim lo ha provocato amaramente ad ira, perciò il suo Signore gli farà ricadere addosso il sangue versato e farà tornare su di lui il suo vituperio” (v.15).

Capitolo 13.

Quando Efraim parlava con tremore, innalzava se stesso in Israele; ma quando si rese colpevole con Baal, morì” (v.1).

I re di Israele erano molto rispettati dai suoi sudditi, ma erano anche temuti dai re e dai popoli vicini, perché Dio aveva reso potente Israele, malgrado continuassero a peccare, adorando idoli. Infatti, essi perfino sacrificavano agli dei, perciò Dio li avvertì che se non si fossero ravveduti, sarebbero stati tutti come pula portata via dal vento e come rugiada della mattina, che presto scompare.

Anche quando l’Eterno li fece uscire dalla schiavitù dell’Egitto, per mano del suo servo Mosè, Dio comandò chiaramente di non farsi altri dei e di non adorarli (2° comandamento), perché Egli è il solo vero Dio e Signore degli eserciti e non vi è altro Salvatore all’infuori di Lui.

Dio guidò il suo popolo per mano di Mosè attraverso un deserto arido e li purificò, eliminando gli increduli, nonostante avessero visto le benedizioni divine, prima dell’ingresso nella terra promessa.

Quando il popolo di Dio si stabilì in Canaan (Terra promessa), Dio era con loro e Israele era governato dai Giudici, che Dio stabiliva. Avvenne però che, al tempo del profeta Samuele, il popolo chiedesse un re, ma Samuele lo avvertì dei diritti e delle conseguenze, che sarebbero accadute sotto la direzione di un sovrano. Essi insistettero e risposero: “No! Ci sarà un re su di noi“ (1Sam.8:19).

Da Samuele in poi, il popolo di Dio ebbe quindi dei re e furono proprio alcuni di loro, con il loro comportamento malvagio ad indurre i sudditi a peccare d’idolatria, lasciando il Vero Dio per andare dietro agli idoli stranieri.

Israele, quando entrò nella terra promessa, condotti da Giosuè, “…si impadronirono di città fortificate e di una terra fertile ed entrarono in possesso di case piene di ogni bene, di cisterne già scavate, di vigne, di uliveti e d’alberi fruttiferi in abbondanza; mangiarono, si saziarono, ingrassarono e vissero nelle delizie, per la tua grande bontà” (Neem.9:25).

Quando essi iniziarono ad avere abbondanza di beni, essi si allontanarono dal servire il Signore e si ribellarono a Dio, lasciando l’applicazione della legge divina ed addirittura uccidendo i profeti, che Dio mandava loro per esortarli al ravvedimento dalle opere malvagie.

Accadeva quindi spesso che indurissero il cuore, rifiutandosi di ascoltare Dio, allora Egli, punendoli per correggerli, li dava nelle mani dei loro nemici e quando essi si trovavano oppressi dai loro avversari, ritornavano a gridare l’intervento del loro Dio, ” Quando li faceva perire, essi lo cercavano e ritornavano desiderosi di ritrovare Dio” (Sal.78:34).

Nella sua immensa misericordia Dio quindi li liberava, ma subito dopo, loro riprendevano a fare del male agli occhi dell’Eterno, loro Dio. Il profeta Neemia così si esprime: “Tu li esortavi per farli tornare alla tua legge, ma essi si inorgoglivano e non ubbidivano ai tuoi comandamenti, e peccavano contro i tuoi decreti per mezzo dei quali, se uno li mette in pratica, vivrà; ritraevano le loro spalle dal giogo, indurivano il loro collo e rifiutavano di ubbidire” (Neemia.9:29).

Israele volle che regnasse su loro un sovrano, come negli altri paesi e Dio, indignato, li accontentò. Dopo Davide, purtroppo, molti re fecero ciò che è male e non camminarono secondo la legge dell’Eterno, influenzando così anche il popolo a peccare. Per questo Dio li avvertì, per mezzo di Osea: “Dov’ è ora il tuo re, che ti possa salvare in tutte le tue città? Dove sono i tuoi giudici di cui dicevi: Dammi un re e dei principi? Ti ho dato un re nella mia ira e l’ho ripreso nel mio furore” (v.10,11). L’iniquità dei re di Israele si accumulò così davanti a Dio, cui si associò anche quella grave di aver rigettato Cristo come il Messia, perciò morte e rovina si abbatterono su tutto il popolo e il solo residuo sopravvissuto fu disperso tra le nazioni nemiche, dove fu perseguitato.

Il popolo di Dio fu quindi, per tutto il tempo della diaspora, senza re e senza condottieri, ma fu assoggettato ai loro oppressori; “Anche se è fruttifero tra i suoi fratelli, verrà un vento dall’est, si alzerà dal deserto il vento dell’Eterno, allora la sua sorgente inaridirà, la sua fonte seccherà. Egli deprederà il tesoro di ogni vaso prezioso. Samaria sarà desolata, perchè si è ribellata contro il suo Dio. Cadranno di spada; i loro bambini saranno sfracellati, e le loro donne incinte sventrate” (v.15,16).

Tutto questo avvenne dal 70 d.C. per la durezza dei loro cuori e per la loro incredulità, perché non vollero accettare il Cristo, il Messia mandato da Dio per loro. Così furono cacciati dalla terra santa e mandati in esilio tra le nazioni nemiche.

Capitolo 14.

Dio sollecita ancora il suo popolo: “O Israele, torna all’Eterno, il tuo Dio…” (v.1). Israele cadde per la sua iniquità, ma Dio, nella sua immensa misericordia, rimuoverà la loro ribellione e toglierà da loro l’iniquità, ma solo a coloro che si ravvedono, si convertono e credono in Lui, ristabilendoli di ogni bene.

Gli dèi non possono né ascoltarli, né aiutarli e né salvarli; gli idoli, opere delle loro mani, non saranno più chiamati “Dio nostro”.

Immenso è l’amore che Dio ha per il suo popolo; popolo che Egli ha scelto come sua eredità per sempre: “Poiché l’Eterno ha scelto per sé Giacobbe, e Israele per suo particolare tesoro” (Slm.135:4).

Dio è fedele alla sua promessa, al patto stipulato con Abramo, Isacco e confermato in Giacobbe, di provvedere un’eredità grandiosa a un popolo numeroso come la sabbia del mare. Questa si compirà nel millennio quando: “Il più piccolo diventerà un migliaio. Il minimo una nazione potente …” (Is.60:22). Tutti i tesori delle nazioni affluiranno in Gerusalemme, invece di ferro, argento; invece di legno, bronzo; invece di pietre, ferro e in tutto il paese inoltre vi sarà pace e sicurezza (Is.60:17), “Io guarirò il loro traviamento, li amerò liberamente, perché la mia ira si è ritirata da loro. Sarò come la rugiada per Israele; egli fiorirà come il giglio e affonderà le sue radici come i cedri del Libano. I suoi rami si estenderanno, la sua bellezza sarà come quella dell’ulivo, la sua fragranza come quella del Libano. Quelli che abitano alla sua ombra ritorneranno, rivivranno come il grano, fioriranno come la vite e saranno celebri come il vino del Libano” (v.4-7).

Negli ultimi sette anni si salveranno soltanto i savi, quelli che capiranno la verità (Dan.11:32,33). Essi sono paragonati alle stelle del cielo (Dan.12:3; Apoc.12:4),

“Chi è saggio e considera queste cose? Chi ha intendimento e le comprende? Poiché le vie dell’Eterno sono diritte; i giusti cammineranno per esse, ma i trasgressori vi cadranno (v.9).

Messaggio conclusivo.

Dio è fedele e mantiene sempre le sue promesse, dichiarate nella sua Parola eterna.

L’Eterno è misericordioso, di grande benignità e lento all’ira. Non dimentichiamoci perciò che Egli è anche un giusto giudice che condanna chi commette il peccato, praticando ogni tipo d’iniquità come l’idolatria, ben evidenziata in questa profezia. Essa è un’abominazione per Dio ed è condannata (Ap.17-18).

Un chiaro esempio della giustizia divina c’è mostrato per il comportamento ostinato di Israele a non ravvedersi dal male.

Questo fatto sia anche per noi un motivo di fermarsi, riflettere sul nostro comportamento e ritornare al Signore, con cuore umile, sincero e pentito, per essere ristabilito e ricevere la sua Grazia, insieme alle sue benedizioni.

A chi ci rivolgiamo, quando ci rendiamo conto di essere in una situazione difficile? A chi chiediamo aiuto o consiglio quando noi non siamo capaci di risolvere un problema?

E’ la mano del Signore forse troppo corta per sostenerti? Esiste qualche cosa di difficile per il Signore, il Creatore di tutta la terra, del mare, dei cieli e di tutto ciò che contengono?

Affidati dunque alla sua guida e rivolgiti con piena fiducia e certezza che Egli ha cura di te e non ti abbandonerà mai. Dimostragli il tuo amore, lodando il Signore, adorandolo e ringraziandolo di tutto ciò che ti offre, osservando con onore i suoi insegnamenti e praticando con impegno la sua Parola, degna di assoluto rispetto, perché pura, vera, santa, giusta e soprattutto efficace.

Chiedi continuamente a Dio conoscenza della sua verità, perché: Il mio popolo perisce per mancanza di conoscenza. Poiché tu hai rigettato la conoscenza, anch’io ti rigetterò… poiché tu hai dimenticato la Legge del tuo Dio, anch’io dimenticherò…” (4:6). Cerca inoltre saggezza e intelligenza divina, perché “Essa è un albero di vita per quelli che l’afferrano, e chi la possiede è beato” (Prv.3:18). Accetta Cristo Gesù e sarà come il più bel tesoro della tua vita.