Capitolo 1.

La parola del Signore fu indirizzata al profeta Aggeo nel secondo anno dell’impero del re Dario, dopo la cattività babilonese. Dio esortò che si ricostruisse la sua casa, che era stata ridotta in rovine dal re Nebukadnetsar, all’inizio della deportazione di Giuda e di Gerusalemme. I lavori per il tempio di Dio iniziarono, ma subito dopo furono sospesi per ordine del re Artaserse (Esdra 4).

Al sesto mese del secondo anno, Dio parlò ancora al profeta Aggeo, perché i Giudei, tornati dall’esilio, costruirono le loro case per abitare Gerusalemme, ma si dimenticarono del tempio dell’Eterno. Tutto questo dispiacque a Dio, avvertendo che se non avessero provveduto, avrebbe ritirato non solo le sue benedizioni, ma che avrebbe anche fatto fallire le loro imprese.

“Allora la parola dell’Eterno fu rivolta loro per mezzo del profeta Aggeo, dicendo: -È forse questo il tempo per voi di abitare nelle vostre case rivestite di pannelli di legno, mentre questo tempio giace in rovina?- Perciò ora dice l’eterno degli eserciti: -Considerate bene le vostre vie! Avete seminato molto, ma avete raccolto poco; mangiate, ma non fino a saziarvi; bevete, ma non fino a soddisfare la sete; vi vestite, ma nessuno sta al caldo; chi guadagna un salario lo guadagna per riporlo in una borsa forata-” (v.3-6).

Il popolo giudeo non mise le cose di Dio al primo posto, ma si dedicò a soddisfare il proprio benessere, così Dio dichiarò che se anche loro avessero piantato vigne, non avrebbero bevuto vino, se avessero fatto qualsiasi altra cosa, non sarebbe riuscita, come se avessero messo il loro salario in un sacco, Dio stesso lo avrebbe disperso.

Loro hanno accumulato e Dio ha soffiato sopra, affinché non rimanesse nulla di ciò che avevano riposto. Da evidenziare che questo serio ammonimento è valido anche oggi per chi pone al primo posto le cose di questo mondo, invece di Dio, che farà fallire i nostri progetti, come lo fu per il suo popolo.

Dio li invita a mettersi al lavoro, perché l’Eterno aveva chiuso le cateratte del cielo, affinché non cadesse pioggia ed aveva fatto venire l’aridità sulla terra “…sui monti, sul grano, sul mosto, sull’olio e su tutto ciò che il suolo produce, sugli uomini, sul bestiame e su tutto il lavoro delle vostre mani” (v.11).

“Ma i profeti Aggeo e Zaccaria, figlio di Iddo, profetizzarono ai Giudei che erano in Giuda e a Gerusalemme nel nome del Dio d’Israele che era su di loro. Allora Zorobabel, figlio di Scealtiel, e Jeshua, figlio di Jotsadak, si levarono e cominciarono a costruire la casa di Dio a Gerusalemme; e con essi erano i profeti di Dio, che li aiutavano” (Esdra 5:1,2).

Tramite il profeta, Dio esorta: “Salite sui monti, portate legname e costruite il tempio, perché possa compiacermi in esso ed essere così glorificato-, dice l’Eterno” (v.8).

“Allora Zorobabel, figlio di Scealtiel, e Giosuè, figlio di Jehotsadak, il sommo sacerdote, e tutto il resto del popolo diedero ascolto alla voce dell’Eterno, il loro Dio, e alle parole del profeta Aggeo perché l’Eterno, il loro Dio, lo aveva mandato; e il popolo ebbe timore della presenza dell’Eterno” (v.12,13).    

Il profeta Aggeo, per lo Spirito di Dio, sostenne i Giudei e, Zorobabel insieme ad altri, fortificati da Dio, si misero a lavorare per costruire la casa del Dio degli eserciti, nel ventiquattresimo giorno del sesto mese, nel secondo anno del re Dario  (v.15).

Capitolo 2.

Nel ventunesimo giorno del mese successivo, tramite il profeta, Dio si rivolse a Zorobabel, figlio di Scealtiel e governatore di Giuda, a Giosuè, figlio di Jehotsadak, sommo sacerdote ed a tutto il resto del popolo, invitando chi avesse visto la bellezza e la gloria del tempio di Salomone per confrontarla con la recente costruzione. Dio comunque esortò: “E ora sii forte, Zorobabel…sii forte Giosuè, figlio di Jehotsadak il sommo sacerdote; sii forte, o popolo tutto del paese-, dice l’Eterno, -e mettetevi al lavoro, perché io sono con voi- dice l’Eterno degli eserciti, -secondo la parola del patto che stabilii con voi quando usciste dall’Egitto, così il mio Spirito dimora in mezzo a voi. Non temete-” (v.4,5).

Dio rivelò che successivamente la sua gloria riempirà il tempio e l’Eterno stesso abiterà con il suo popolo (Apoc.21:3). Tale promessa si realizzerà alla conclusione delle settanta settimane (Dan.9:24), quando tutti gli empi saranno sterminati ed il residuo superstite delle nazioni andrà ad adorare Dio in Gerusalemme nel millennio.

Ogni cosa è dell’Eterno e renderà il tempio glorioso molto di più di quello costruito da Salomone: “La gloria di quest’ultimo tempio sarà più grande di quella del precedente-, dice l’Eterno degli eserciti; -e in questo luogo io darò la pace-, dice l’Eterno degli eserciti” (v.9).

Dio parlò nuovamente al profeta il 24° giorno del nono mese al secondo anno del re Dario, per rivolgere ai sacerdoti dei quesiti riguardo alla legge ed in particolare a ciò che era impuro o puro, ad esempio “…Se uno, che è impuro per il contatto di un cadavere, tocca una di queste cose, diventerà essa impura?- i sacerdoti risposero e dissero: -Si, diventerà impura-. Allora Aggeo rispose e  disse: -Così è questo popolo, così è questa nazione davanti a me-, dice l’Eterno –e così è ogni lavoro delle loro mani, e ciò che là mi offrono è impuro” (v.13,14).

Gli israeliti sono stati sempre un popolo ribelle. Anche dopo la cattività babilonese, quando Dio li aveva colpiti con il carbonchio, con la ruggine e la grandine, annullando così il lavoro delle loro mani, perché “durante tutto quel tempo, quando uno veniva a un mucchio di venti misure ce n’erano  solo dieci; quando uno veniva al tino per cavare cinquanta bati, ce n’erano solo venti” (v.16), loro non si sono ravveduti e non si sono rivolti a cercare il Signore fino al giorno che iniziarono a ricostruire il tempio di Dio.

Dio promette di benedire: “Ora considerate bene da quest’oggi in avanti, dal ventiquattresimo giorno del nono mese, dal giorno in cui si posero le fondamenta del tempio dell’Eterno. Considerate questo: c’è ancora del grano nel granaio? La vite, il fico il melograno e l’ulivo non hanno ancora dato frutto. Ma da questo giorno in poi, io vi benedirò-” (v.18,19).

Dio rivela ancora al profeta la fine di tutti gli empi della terra nella guerra di Armagheddon, “Ecco, il giorno dell‘Eterno viene: giorno crudele, d’indignazione e d’ira ardente, per fare della terra un deserto e sterminare da essa i peccatori” (Is.13:9). L’evento esposto dal profeta Aggeo è riferito in similitudine, perché Zorobabel, governatore di Giuda, è rappresentativo di Gesù, il Re dei Giudei, che governerà Israele in eterno. Prima che inizi il regno di Cristo Gesù, avverrà quindi il gran giorno dell’ira di Dio, con l’uccisione di tutti gli empi nella Valle di Giosafat alla battaglia di Armagheddon. Tutti moriranno uccisi dalla spada del proprio compagno, perciò si uccideranno tra amici e parenti, perché alla Parola di Gesù una grande confusione cadrà su di loro (Zac.14:13), come confermato: “rovescerò il trono dei regni e distruggerò la forza dei regni delle nazioni; rovescerò i carri e quelli che vi montano; cadranno i cavalli e i loro cavalieri, ognuno per la spada del suo fratello” (v.21,22).

“Perciò farò tremare i cieli, e la terra sarà scossa dal suo luogo a causa dell‘indignazione dell‘Eterno degli eserciti nel giorno della sua ira ardente” (Is.13:13).

Gesù, l’eletto, il Figlio di Dio che ha dato la sua vita in sacrificio per molti (Agnello di Dio), sarà il vendicatore, perché Egli avrà la spada a doppio taglio (un taglio è per la salvezza e l’altro per la condanna e distruzione degli empi e dei ribelli) nella sua bocca, che è la parola di Dio.

“In quel giorno-, dice l’Eterno degli eserciti, -io ti prenderò, o Zorobabel, figlio di Scealtiel, mio servo-, dice l’eterno, -e ti porrò come un sigillo, perché io ti ho scelto-, dice l’Eterno degli eserciti” (v.23). Zorobabel indica, in similitudine, Gesù, che è l’eletto (Slm.89:19; Is.42:1), l’unto (Slm.45:7; Is.45:1; 61:1) e il servitore (Mt.12:18; Is.52:13).

Messaggio conclusivo.

Il popolo di Dio fu avvertito continuamente da tutti i profeti di ravvedersi dai loro peccati per non subire le relative conseguenze, avvisandolo che li avrebbe cacciati dal loro paese (Israele) per mandarlo in esilio tra le nazioni. Essi però non vollero ascoltare i ripetuti avvertimenti e per questo motivo avvenne che Dio li scacciasse fuori dalla terra promessa, “…perché essi non sono rimasti fedeli al mio patto, ed io li ho rigettati, dice il Signore” (Ebr.8:10).

Se per la loro trasgressione Dio non si è più curato del suo popolo, che aveva scelto per sua eredità (Ger.12:7), li abbandonò ad un lunghissimo esilio 62 settimane circa 1878 anni. Possiamo noi  popoli innestati divenuti suo popolo (Rom.9:25) per la fede in Cristo Gesù. Come potremmo pensare di essere ritenuti innocenti, se anche noi non ubbidiamo alla sua volontà nella sua Parola, “Se infatti la parola pronunciata per mezzo degli angeli fu ferma e ogni trasgressione e disubbidienza ricevette una giusta retribuzione, come scamperemo noi, se trascuriamo una così grande salvezza?…” (Ebr.2:2,3).

Al ritorno dalla cattività babilonese, gli israeliti cominciarono a costruire le proprie case per abitarci e a riprendere i loro affari,  senza interessarsi minimamente alle cose di Dio.

Quanti di noi oggi fanno le medesime cose?

Dio disapprovò il comportamento del suo popolo, rendendo nulla la fatica fatta nel raccogliere e accumulare beni, Lui avrebbe disperso il loro lavoro.

Questo esempio, come tanti altri riportati nel Vecchio Testamento, sia per nostro insegnamento:  “Or tutte queste cose avvennero loro come esempio, e sono state scritte per nostro avvertimento, per noi, che ci troviamo alla fine dei secoli” (1Cor.10:11). Ogni nostro progetto serva a glorificare Dio e ci induca a riflettere bene su quello che facciamo oggi, perché se il nostro scopo della vita fosse quello di avere successo, fama, potere o di accumulare ricchezze e beni, dimenticandoci di onorare Dio ogni attimo che ci concede di vita, l’Eterno potrebbe farle sparire completamente in un attimo.

Ricordiamoci quindi di mettere Dio sopra di ogni nostro interesse, perciò se avessimo ricchezze, non confidiamo in esse, perché nel tempo della prova, esse non ci potranno salvare e “perché dov’è il tuo tesoro, lì sarà anche il tuo cuore” (Mt.6:21). Affidiamoci a Chi salva l’anima nostra, abbandoniamo ogni nostro desiderio carnale e innalziamo il nostro Dio, che ci ha generato a vita eterna, tramite la fede in Gesù Cristo, nostro Signore.

Ogni cosa che appartiene al mondo è provvisoria e fatta per essere distrutta col fuoco (2Pt.3:10), mentre ciò che rimarrà in eterno è la sola Parola di Dio (Mt.24:35), perciò mettiamola in pratica e così vivremo in eterno con Dio, nella sua gloria.

Saremo quindi sempre al fianco di Gesù, nostro Salvatore, perché siamo stati da Lui comprati a caro prezzo con il suo sangue prezioso, quindi noi non apparteniamo più a noi stessi e possiamo attestare con fermezza come l’apostolo Paolo: ”Io sono stato crocifisso con Cristo e non sono più io che vivo, ma Cristo vive in me; e quella vita che ora vivo nella carne, la vivo nella fede del Figlio di Dio, che mi ha amato e ha dato se stesso per me” (Gal.2:20).