Capitolo 8.

Giuda e Gerusalemme furono governate da re iniqui, come Achaz, che fece bruciare nel fuoco i suoi figli nella valle del figlio di Hinnom in sacrificio e bruciando incenso agli dèi stranieri (2Cron.28:3,4). Il suo comportamento fu seguito da principi, sacerdoti e profeti. Pochi furono i re che servirono giustamente Dio, come fece Davide, che fu fedele fino alla sua morte.

Dio, per bocca del profeta, predice che tutte le ossa, dal re agli abitanti di Gerusalemme, che hanno camminato empiamente, offrendo sacrifici agli dèi, “…saranno esposte davanti al sole, alla luna e a tutto l’esercito del cielo, che essi hanno amato, hanno servito, hanno seguito, hanno consultato e davanti ai quali si sono prostrati, non saranno raccolte né sepolte, ma saranno come letame sulla faccia della terra” (v.2).

La morte allora sarà preferibile alla vita per il residuo che rimarrà in vita, definendoli una razza malvagia, un popolo perennemente sviato, a differenza che “perfino la cicogna nel cielo conosce le sue stagioni, la tortora, la rondine e la gru osservano il tempo del loro ritorno, ma il mio popolo non conosce la legge dell’Eterno” (v.7).

La condizione peccaminosa di Giuda era disastrosa: il popolo era avido di guadagno ed era convinto di avere con sé la legge del Signore, quando gli scribi, con la loro penna, scrivevano falsità; i saggi avevano rigettato la parola di Dio e in loro non vi era conoscenza; il profeta ed il sacerdote erano tutti praticanti di menzogne, perciò loro andarono in esilio e le loro proprietà passarono ad altri padroni. “Tu dirai loro: -Così dice l’Eterno: Se uno cade, non si rialza forse? Se uno si svia, non ritorna forse? Perché dunque questo popolo, o Gerusalemme, si è sviato con una ribellione perpetua? Persistono nell’inganno e rifiutano di tornare” (v.4,5).

Nessuno più si vergognava e si pentiva della propria iniquità, i falsi profeti annunciavano la pace, ma caddero tutti nel giorno, che Dio li visitò.

I dottori di Israele, gli scribi ed i farisei si dichiaravano seguaci della legge dell’Eterno ma, non solo, non la mettevano in pratica ma ne falsificavano il senso, come Gesù li rimproverò e come avviene anche ai giorni nostri. Le nuove versioni e recenti edizioni bibliche hanno cambiato il senso, aggiungendo, togliendo o modificando vocaboli, secondo il linguaggio comune e secondo il loro concetto ritenuto valido. Così “Come potete dire: -Noi siamo saggi e la legge dell’Eterno è con noi?- Ma ecco, la penna bugiarda degli scribi l’ha resa una falsità. I savi saranno confusi, saranno costernati, saranno presi; ecco, hanno rigettato la parola dell’Eterno; che sapienza possono essi avere?” (v.8,9).

I sacerdoti non curavano il popolo di Dio, ma lo esortava a credere alla menzogna, ”Essi curano alla leggera la ferita della figlia del mio popolo, dicendo: -Pace, pace-, quando non c’è pace” (v.11).

La Parola profetica si avverò quando l’iniquità per Giuda e Gerusalemme raggiunse un punto in cui non c’era più rimedio (2Cron.36:16). l’Eterno conosceva il cuore di tutto il popolo, che si compiaceva nel fare il male e sapeva che non si sarebbero convertiti dalle loro opere inique, per questo annunciò: “Li sterminerò certamente-, dice l’Eterno. -Non ci sarà più uva sulla vite, né più fichi sul fico, e le foglie appassiranno. E anche le cose che ho loro dato saranno loro tolte” (v.13).

Tutto il benessere fu loro tolto e mandati in cattività in Babilonia tra un popolo che non conoscevano e che non apparteneva a Dio. Tra i deportati di Giuda e di Gerusalemme erano presenti anche alcuni profeti di Dio e molti altri che non si erano contaminati con idoli come il profeta Daniele e i suoi amici (Dan.1) continuarono a servire Dio anche in cattività.

“Aspettavamo la pace, ma non è giunto alcun bene, un tempo di guarigione, ma ecco il terrore-“ (v.15).

I falsi profeti annunciavano pace e sicurezza, mentre Dio aveva già proclamato sventura, inviando contro di loro dei serpenti e vipere, immuni da incantesimi, similitudine di guerrieri senza pietà, che resero la città desolata.

La profezia riguarda l’esilio degli ebrei avvenuto nel 70 d.C., quando Israele fu allontanato in terra lontana da Sion. Gesù, il re di Israele, non è più in mezzo a loro, perché essi lo hanno rigettato, non reputandosi degni di Grazia. Gli ebrei gridarono a Dio, ma Egli non rispose più, perché li aveva abbandonati, “Ecco una voce: è il grido della figlia del mio popolo da terra lontana: -Non è forse l’Eterno in Sion? Non è il suo re in mezzo a lei?-. Perché mi hanno provocato ad ira con le loro immagini scolpite e con idoli stranieri?” (v.19).

Il popolo di Dio fu mandato in cattività per la loro incredulità, dovette passare 62 settimane (circa 1878 anni), perché un residuo tornasse nel nuovo stato di Israele, fondato nel 1948. “La mietitura è passata, l’estate è finita e noi non siamo salvati” (v.20).

Il profeta Geremia esprime un lamento su Gerusalemme e sul suo popolo, perchè conosca ciò che Dio ha determinato per essi: “L’Eterno ha deciso di distruggere le mura della figlia di Sion; ha teso la corda, non ha ritirato la mano dal distruggere; ha fatto gemere bastioni e mura; ambedue languono” (Lam.2:8).

“Per la ferita della figlia del mio popolo sono affranto, sono in lutto, sono in preda alla costernazione… non c’è là alcun medico? Perché mai non giunge la guarigione della figlia del mio popolo?” (v.21,22).

Capitolo 9.

Continua il rammarico del profeta per la malvagità di Gerusalemme, desiderando di andare lontano in un rifugio per viandanti nel deserto. Geremia, come profeta, conosce non solo ciò che Dio farà per Gerusalemme e Giuda, ma anche la distruzione che ha preparato, dopo la nascita del Cristo, il Messia. Gerusalemme sarà distrutta e quelli che si troveranno tra le nazioni, allora grideranno all’Eterno, ma Egli non risponderà: “Io li disperderò davanti al nemico, come fa il vento orientale. Nel giorno della loro calamità io mostrerò loro le spalle e non la faccia” (Ger.18:17). “Le sue porte sono affondate nella terra; egli ha distrutto e spezzato le sue sbarre; il suo re e i suoi capi si trovano fra le nazioni; non c’è più legge, e i suoi profeti non ricevono alcuna visione dall’Eterno” (Lam.2:9).

Il lamento del profeta Geremia è riportato nel libro delle Lamentazioni.

Egli è amareggiato, perché conosce tutto il male che accadrà al suo popolo, come Dio gli ha mostrato, perciò esprime un lamento: “Oh, fosse la mia testa una sorgente d’acqua e i miei occhi una fonte di lacrime, perché pianga giorno e notte gli uccisi della figlia del mio popolo! Oh, avessi nel deserto un rifugio per viandanti! Abbandonerei il mio popolo e me ne andrei lontano da loro, perché sono tutti adulteri, un assembramento di traditori” (v.1,2).

Dio risponde dando dimostrazione della condotta stolta di un popolo corrotto: “Tendono le loro lingue come fosse il loro arco, per scoccare menzogne; nel paese sono potenti ma non per la verità, perché procedono di malvagità in malvagità e non conoscono me, dice l’Eterno” (v.3).

Dio ama il popolo che ha scelto per sua eredità, anche se lo ha abbandonato in esilio per 62 settimane, 1878 anni circa. Il popolo ebreo ha vissuto tra nazioni straniere, dove sono stati tutti perseguitati.

Dio però, alla fine, volgerà la sua mano contro le nazioni dei gentili che hanno maltrattato Israele, “…perché chi tocca voi (il suo popolo) tocca la pupilla del suo occhio” (Zac.2:8).

Poiché il Signore non rigetta per sempre; ma, se affligge, avrà compassione, secondo la moltitudine delle sue misericordie” (Lam.3;31,32).

Israele è stato disubbidiente, rendendo il suo cuore duro all’ammaestramento divino, ha rifiutato il Cristo, continuando a contaminarsi con idoli; per questo Dio si vendicherà degli empi, che moriranno allo stesso modo dei gentili, uccisi con la spada nella valle di Giosafat (Gioele 3), chiamata anche Valle del massacro.

Dio trovò i loro cuori pieni di malvagità, parlavano di menzogne, rifiutando di conoscere il loro vero Dio, che li aveva tratti fuori dal paese dell’Egitto, conducendoli in una nazione, dove potessero vivere in pace. In Gerusalemme era diffuso l’inganno ed ognuno induceva l’altro in errore e parlava di pace al suo amico, ma il suo cuore era pieno di frode e falsità. Furono avvertiti del male che praticavano: “Si guardi ciascuno dal suo vicino e non fidatevi di ogni fratello, perché ogni fratello non fa che ingannare ed ogni vicino va spargendo calunnie. Ognuno inganna il suo vicino e non dicono la verità; esercitano la loro lingua a mentire e si affaticano a fare il male”.

“Perciò, così dice l’Eterno degli eserciti: -Ecco, io li raffinerò e li saggerò. Cos’altro infatti posso fare per la figlia del mio popolo?” (v.7).

Dio cercò più volte, mediante la profezia data ai suoi servi, di correggere Gerusalemme, la figlia del suo popolo. In questo caso, il suo popolo è Israele e la figlia del suo popolo è Gerusalemme e Giuda, dalla quale nacque Gesù. Gerusalemme o Sion è la città di Dio (Is.62:11), di Sion dice: ”Sarai una splendida corona nella mano dell’Eterno, un diadema regale nella palma del tuo DIO” (Is.62:3).

Sarà nel millennio la sua dimora e il suo tabernacolo, perché in Sion, Dio abiterà con gli uomini (Apoc. 21:3).

“o monti dalle molte cime, perché guardate con invidia il monte che Dio ha scelto per sua dimora? Sì, l’Eterno vi abiterà per sempre” (Slm.68:16).

“Ricordati del tuo popolo, che una volta acquistasti, che tu riscattasti perché fosse la tribù della tua eredità, di questo monte Sion, sul quale hai abitato. (Slm.74:2; 87:2,3).

Per la malvagità del suo popolo, Dio lasciò Gerusalemme come bottino di guerra al re babilonese, che la rese un cumulo di rovine; ugualmente, dopo circa 500 anni, essa passò sotto il dominio dei romani, che la devastarono completamente, fino all’inizio della nostra epoca rappresentata dai gentili, che vi hanno posto le loro dimore per 1878 anni circa.

Al tempo della deportazione babilonese, Giuda divenne una desolazione, senza abitanti, un paese distrutto, il cui motivo: “L’Eterno dice: -Perché costoro hanno abbandonato la mia legge che avevo posto davanti a loro, non hanno ascoltato la mia voce e non hanno camminato in conformità ad essa, ma hanno seguito la caparbietà del loro cuore e i Baal, che i loro padri avevano fatto loro conoscere” (v.13,14).

Dopo la cattività babilonese, la desolazione non finì per il popolo di Dio, perché l’Eterno conosceva i loro cuori e sapeva che essi non si sarebbero ravveduti, anzi rifiutarono il Messia, il Cristo, mandato per la loro salvezza. Infatti dopo circa settanta anni dalla nascita di Gesù, in Israele non si trovò più nessuno che facesse del bene e che riconoscesse Dio, perciò la profezia annuncia che saranno cibati di assenzio e berranno acque avvelenate, nel senso di tutte le avversità che incontreranno durante il loro esilio di sessantadue settimane, in cui “Li disperderò fra le nazioni, che né loro né i loro padri hanno conosciuto, e manderò dietro a loro la spada, finché li avrò interamente distrutti” (v.16).

Dio li invita a fare cordoglio, perché saranno devastati ed i cadaveri degli uomini diventeranno come letame sulla terra, perché nessuno li sotterrerà; i superstiti furono cacciati dalla propria terra e non poterono più ritornarvi fino a quando Dio, nel 1948, permise che un residuo abitasse nuovamente la nascente nazione di Israele.

Dio raccomanda loro, ma vale anche oggi per noi, di non gloriarsi per ciò che sono o che hanno carnalmente, come intelligenza, forza e ricchezze, piuttosto quello di gloriarsi di avere capacità per conoscere l’Eterno, perché verrà il giorno che Dio punirà tutti gli ebrei circoncisi di carne, ma incirconcisi di cuore; i quali non hanno voluto ascoltare la voce dell’Eterno. Con Giuda punirà pure i popoli vicini dell’Egitto, di Edom, di Amon e di Moab, comprese tutte le nazioni, come Israele che hanno rifiutato la Grazia offerta tramite il sacrificio di Gesù, seguendo ognuno i desideri del loro cuori.

Alla fine, tutti gli empi saranno uccisi dalla spada che Gesù avrà: “Dalla sua bocca usciva una spada acuta per colpire con essa le nazioni; egli governerà con uno scettro di ferro ed egli stesso pigerà il tino del vino della furente ira di Dio Onnipotente” (Apoc.19:15).

Il giorno del giudizio dell’empio e dell’ira di Dio coincide con l’avvenimento della guerra di Armagheddon (Apoc.16:16) o Valle di Giosafat, chiamata anche Valle del massacro, in cui tutte le nazioni si raduneranno per il gran giorno condotti dalla bestia, in similitudine nominato Faraone che è l’uomo con lo spirito di Satana e il suo aiutante, il falso profeta, tutti saranno ucciso di spada “Anche se ho lasciato spargere il suo terrore nella terra dei viventi, il Faraone con tutta la sua moltitudine sarà posto a giacere in mezzo agl’incirconcisi, con i trafitti dalla spada-, dice il Signore, l’Eterno” (Ez.32:32).

Capitolo 10.

Un avvertimento particolare è rivolto agli ebrei, che saranno presto in esilio, dispersi tra le nazioni, dl non mischiarsi con i costumi dei popoli gentili, adoratori di idoli, che sono fatti dalla mano dell’uomo. “Poiché i costumi dei popoli sono vanità” (v.3). Non temere gli idoli che non vedono, non odono, non camminano e non possono fare né male, né bene: “Ascoltate la parola che l’Eterno vi rivolge, o casa d’Israele. Così dice l’Eterno: -Non imparate a seguire la via delle nazioni e non abbiate paura dei segni del cielo, perché sono le nazioni che ne hanno paura” (v.1,2).

Dio ha scelto un residuo tra tutti i dispersi nelle nazioni, li ha ricondotti nella loro terra di origine (Israele) da cui furono scacciati circa 1878 anni prima che le Nazioni Unite ritenessero giusto assegnare agli Ebrei il loro vecchio territorio, riconoscendo il nuovo Stato di Israele, costituito nel 1948.

Un consiglio utile per gli ultimi tempi al residuo salvato è quello di non aver paura dei segni dal cielo, perché le nazioni gentili sono quelle che ne avranno paura, come Gesù annunciò: “…vi saranno anche dei fenomeni spaventevoli e grandi segni dal cielo” (Lc.21:11).

Satana ha organizzato un suo impero di idoli, dietro cui si può nascondere, per essere adorato. Molti idoli sono fatti di oro e di argento, vestiti di porpora e di scarlatto, ornamenti simili a quelli dei loro amministratori o curatori,“….argento battuto in lamine portato da Tarshish e oro da Ufaz, lavoro di artigiano e di mano di orefice; il loro vestito è di porpora e di scarlatto, sono tutti lavoro di uomini esperti” (v.9). Ogni scultura od immagine che evochi comunque una qualsiasi forma di considerazione, omaggio, stima, devozione e perfino venerazione per quel che rappresenta, è una violazione al secondo comandamento di Dio (Es.20:3-5); “Sono tutti insieme stupidi e insensati; il loro idolo di legno è una dottrina di nessun valore” (v:8); “…la sua immagine fusa è falsità e in essa non c’è spirito” (v.14); alla fine, chi li ha costruiti sarà svergognato davanti al Creatore di tutta la terra.

Chi conosce bene il nemico della nostra anima, sa quanto egli sia attratto dalle ricchezze e dalla gloria di questo mondo, si è creato un impero, falsamente chiamato cristiano, egli è nascosto sotto tutto ciò che è adorato e venerato dagli uomini corrotti, che preferiscono la menzogna alla verità.

Non dimentichiamo che Dio è al di sopra di tutta la creazione, ha il completo controllo di ogni cosa. “Egli ha fatto la terra con la sua potenza, ha stabilito il mondo con la sua sapienza e con la sua intelligenza ha disteso i cieli. Quando emette la sua voce c’è un fragore di acque nel cielo; egli fa salire i vapori dalle estremità della terra, produce i lampi per la pioggia e fa uscire il vento dai suoi serbatoi” (v.12,13).

Dio è il formatore di tutte le cose e, tra tutti i popoli della terra, ha scelto “…Israele è la tribù della sua eredità. Il suo nome è l’Eterno degli eserciti” (v.16).

Israele disubbidì e fu scacciato dalla terra promessa, che Dio gli diede in eredità. Il residuo ebreo, rimasto in vita, fu mandato in esilio e fu sparso fra le nazioni, Dio li abbandonò nelle mani dei loro nemici e da questi furono perseguitati.

Un esempio emblematico è quello dello Shoah, lo sterminio ebreo ad opera del dittatore Hitler, di cui le profezie lo accennano più volte: Daniele dichiara, a conclusione delle 62 settimane di esilio, che “essa sarà nuovamente ricostruita con piazza e fossato, ma in tempi angosciosi” (Dan.9:25, la ricostruzione dello Stato di Israele); Ezechiele ancor più dettagliatamente profetizza che solo un residuo tornerà, mentre gli altri saranno sterminati, come accaduto nei lager tedeschi (in mezzo a tutta la terra), “Poiché, anche se il tuo popolo, o Israele, fosse come la sabbia del mare, solo un suo residuo tornerà; lo sterminio decretato farà traboccare la giustizia. Infatti il Signore, l’Eterno degli eserciti, compirà lo sterminio decretato in mezzo a tutta la terra” (Is.10:22,23).

Dio non permise che, quelli che si erano contaminati con gli idoli, tornassero nel nuovo stato di Israele, perciò furono senza ritegno distrutti nello sterminio prima della fine delle sessantadue settimane terminate nel 1948.

Israele rimarrà senza conoscenza, fino all’ultima settimana, perché quando Gesù venne in Gerusalemme di Giuda (in casa sua), il suo popolo, non l’accettò (Gv.1:11). Anche in quel tempo solo il residuo scelto fu salvato, mentre gli altri, che rifiutarono la Grazia, non riconoscendo il Cristo di Dio, come il Salvatore, furono dispersi dopo soli 70 anni dalla nascita di Gesù, adempiendosi la profezia: “Raduna dal paese le tue mercanzie, tu che sei cinta d’assedio- Poiché così dice l’Eterno: -Ecco, questa volta io lancerò lontano gli abitanti del paese e farò venire su di loro una grande sventura, perché possano ritrovare me-“ (v.17,18).

Dio è misericordioso, lento all’ira e di gran benignità (Slm.146:8); Egli perciò parla di una sua ferita, perché Gerusalemme è la città di Dio, la quale veniva lasciata alla desolazione nelle mani dei gentili popoli idolatri. Dio esprime un forte rammarico per Sion, la sua dimora: “Guai a me a motivo della mia ferita; la mia piaga è dolorosa. Ma io ho detto: -Questa è un’infermità che devo sopportare-. La mia tenda è devastata e tutte le mie corde sono rotte; i miei figli sono andati lontano da me e non sono più; non c’è più nessuno che pianti la mia tenda o che rialzi i miei padiglioni” (v.19,20 ).

Gerusalemme fu abitata da popoli gentili (estranei) a partire dal 70 d.C. e ancora oggi parte di Gerusalemme è abitata da stranieri. Il profeta espone il motivo dell’abbandono di Dio, disperdendoli come ai quattro venti del cielo in tutta la terra, sfoderando dietro loro la sua spada (Ez.5:12), “Perché i pastori sono stati stupidi, e non hanno cercato l’Eterno; perciò non hanno prosperato, e tutto il loro gregge è stato disperso”.

L’uomo è responsabile di ogni sua azione, non diretta da Dio; egli dirige il suo cammino secondo il suo cuore, preferendo le creature al Creatore. Dio è Onnisciente, conosce ogni uomo, dalla sua nascita alla sua morte, compreso ogni avvenimento della sua vita.

Da notare che gli avvenimenti riguardanti in particolare Israele e di ogni personaggio si sono compiuti alla lettera, secondo le profezie annunciate molto tempo prima, a dimostrazione del totale controllo divino: “O Eterno, io so che la via dell’uomo non è in suo potere e non è in potere dell’uomo che cammina il dirigere i suoi passi” (v.23).

Per tutte le nazioni gentili, che hanno perseguitato Israele durante il loro esilio, che non hanno riconosciuto il vero Dio e Cristo Gesù, come il Messia, negli ultimi sette anni si abbatterà l’ira di Dio e saranno consumati con le piaghe, che Dio manderà (i sigilli, le trombe e le coppe). Il rimanente morirà nella guerra di Armagheddon, che si terra in Israele, nella valle di Giosafat.

Le profezie che devono ancora concludersi sono quelle relative agli ultimi sette anni (consultare il libro del profeta Daniele, cap.9; 11), con la quale si chiuderanno le settanta settimane per Israele, secondo quanto l’angelo riferì: “Settanta settimane sono stabilite per il tuo popolo e per la tua santa città, per far cessare la trasgressione, per metter fine al peccato, per espiare l’iniquità, per far venire una giustizia eterna, per sigillare visione e profezia e per ungere il luogo santissimo” (Dan.9:24).

L’unzione del luogo santissimo determina l’inizio del millennio per il residuo vivente ed anche per la diletta città, cioè la Gerusalemme celeste, che scenderà dal cielo, composta dalla Chiesa di Cristo e da tutti i martiri.

Sappiamo che ancora Israele si trova senza Dio, ma al termine del periodo della Grazia, i loro occhi e le loro orecchie saranno riaperti, vedranno e udranno spiritualmente, così il residuo scelto riconoscerà il Messia come loro Salvatore. Una parte del residuo vivrà ed entrerà nel millennio mentre un’altra parte sarà martire.

Capitolo 11.

Dio ricorda al profeta, riguardo Giuda e Gerusalemme, il patto che Egli fece con i loro padri, da cui essi si sono allontanati e che non hanno voluto mettere in pratica i suoi comandamenti: “Di’ loro: -Così dice l’Eterno, il Dio d’Israele: -Maledetto l’uomo che non ascolta le parole di questo patto” (v.3).

Geremia rispose: <<Così sia, o Eterno>>. Anche se Dio conosceva il cuore del suo popolo e certamente sapeva che non avrebbero dato ascolto, esorta di nuovo il profeta a proclamare lealtà per le vie di Gerusalemme e per le città di Giuda, invitandoli ad ascoltare le parole del patto e di metterle in pratica.

Un popolo eletto, tratto fuori dal paese dell’Egitto, secondo il patto che Dio fece ad Abramo, confermato ad Isacco e stabilito con Giacobbe, nominato Israele. Infine Mosè diede loro la Legge per la quale il popolo doveva camminare e che Giosuè ricordò a Israele: “Soltanto abbiate cura di mettere in pratica i comandamenti e la legge che Mosè, servo dell’Eterno, vi ha prescritto, amando l’Eterno il vostro Dio, camminando in tutte le sue vie, osservando i suoi comandamenti, tenendovi stretti a lui, e servendolo con tutto il vostro cuore e con tutta la vostra anima” (Gios.22:5).

Il popolo fu invitato insistentemente ad osservare le Leggi dell’Eterno ed a non rompere il patto che Dio aveva fatto loro, astenendosi dall’idolatria, per non essere rigettati: “Se trasgredite il patto che l’Eterno, il vostro Dio, vi ha comandato, e andate a servire altri dèi e vi prostrate davanti a loro, allora l’ira dell’Eterno si accenderà contro di voi, e voi scomparirete presto dal buon paese che egli vi ha dato” (Gios.23:16).

Un popolo definito dal collo duro, un popolo ribelle alle leggi che l’Eterno aveva dato loro, poco dopo l’uscita dal paese dell’Egitto, perché non ascoltarono, né prestarono orecchio alle parole dei profeti, di Gesù e dei suoi apostoli (Es.32:9; Atti 7:51). Infatti molte volte fu loro detto: “Ascoltate la mia voce! Essi però non l’hanno ascoltata, né prestarono orecchio, ma camminarono ciascuno secondo la caparbietà del loro cuore malvagio; perciò io farò venire su di loro tutte le cose dette in questo patto che avevo comandato loro di osservare, ma che non osservarono” (v.8).

Per la loro ostinatezza, Israele e la casa di Giuda ruppero il patto che Dio aveva stabilito con i loro padri, perché servivano altri déi, nemmeno riconobbero il Messia promesso come Salvatore per il suo popolo, anzi lo rifiutarono: “È venuto in casa sua, e i suoi non lo hanno ricevuto” (Gv.1:11). Dio li abbandonò all’esilio e spezzò con loro ogni legame; “Allora dissi: -Non vi pascerò più; chi sta per morire muoia,e chi sta per perire perisca; quelle poi che rimangono si divorino a vicenda” (Zac.11.9).

Ai tempi dei re di Giuda e di Israele non ci fu grande differenza di iniquità tra le due case, perciò avvenne che “Nell’anno nono di Osea, il re di Assiria espugnò Samaria, deportò gli Israeliti in Assiria…” (2Re 17:6). Entrambe le case furono allontanate dalla presenza di Dio, Israele praticò la divinazione, interpretando presagi e facendo passare per il fuoco i loro figli e figlie (2Re17:17,19), così Giuda seguì anch’esso le usanze di Israele, non osservando i comandamenti dell’Eterno; “Perciò, così dice l’Eterno: -Ecco, io farò venire su di loro una calamità, alla quale non potranno sfuggire. Essi grideranno a me, ma io non li ascolterò” (v.11).

Quando il popolo ebreo esiliato, si trovò in grave difficoltà, gridò all’Eterno, ma senza ricevere risposta; tutto questo per il tempo di cattività che Dio aveva fissato.

Dio diede ordine al profeta di non pregare per il popolo, perché non avrebbe dato ascolto alla sua supplica, “Poiché, o Giuda, i tuoi déi sono numerosi come le tue città, e gli altari che avete eretto a quella cosa vergognosa, altari per bruciare incenso a Baal, sono numerosi come le vie di Gerusalemme” (v.13).

Baal era una suprema divinità maschile dei Fenici e dei Cananei, l’adorazione a Baal fu introdotta tra gli ebrei dalla moglie di Achab (Jzebel), re di Israele (1Re16:31,33).

L’Eterno aveva scelto la tribù di Giuda, chiamandola con il nome di “Ulivo verdeggiante bello, con frutti squisiti” (v.16), ma in essa divampò il fuoco per la loro malvagità ed essi furono allontanati da Gerusalemme per settanta anni.

Israele e Giuda commisero più abominazioni dei popoli pagani, loro vicini, perciò l’ira dell’Eterno si accese contro di loro e furono dispersi come ai quattro venti del cielo, tra le nazioni, loro nemiche.

Il popolo era stato insolente verso il profeta, voleva farlo morire, ma Dio gli mostrò le loro azioni; essi volevano che non profetizzasse nel nome dell’Eterno e proclamavano: “…-Distruggiamo l’albero col suo frutto e eliminiamolo dalla terra dei viventi, affinché il suo nome non sia più ricordato-. Ma, o Eterno degli eserciti, giusto giudice, che scruti la mente e il cuore, fammi vedere la tua vendetta su di loro, poiché ti ho reso noto la mia causa” (v.19,20). Dio rispose a Geremia: “…Ecco, io li punirò: i giovani moriranno di spada, i loro figli e le loro figlie moriranno di fame. Non resterà di loro alcun residuo; perché io farò venire la calamità sugli uomini di Anathoth, nell’anno della loro punizione-” (v.22,23).

Si verificò esattamente come era stato predetto, dopo circa 600 anni; nel 70 d.C. fu distrutto il tempio di Dio, nel quale loro avevano posto fiducia (Ger.7:4). In seguito i superstiti furono dispersi tra le nazioni e in Israele non rimase di loro alcun residuo.

Capitolo 12.

Geremia vide l’iniquità del popolo, malgrado la sua predicazione loro continuavano a camminare secondo la caparbietà del loro cuore e si rivolse la sua preghiera a Dio dicendo: “Tu sei giusto, o Eterno; come posso discutere con te? Tuttavia parlerò con te intorno ai tuoi giudizi.: Perché la via degli empi prospera? Perché vivono tranquilli quelli che agiscono perfidamente?” (v.1).

Dio aveva dato agli ebrei prosperità, vivevano agiatamente nella loro iniquità; nominavano Dio con la loro bocca, ma il loro cuore era lontano dall’Eterno, il loro Dio.

Il popolo agiva empiamente contro Geremia, che pregò: “Ma tu, o Eterno, mi conosci, mi vedi ed esamini il mio cuore nei tuoi confronti…” (v.3).

Dio fece conoscere al profeta quanta iniquità commetteva Giuda e Gerusalemme, perciò Egli dispose l’esilio, prima per il regno di Israele in Assiria, poi per il regno di Giuda in Babilonia, concludendosi con l’avvenimento della diaspora del 70 d.C. per tutti e due i regni, sostenendo: “…Trascinali al macello come pecore e appartali per il giorno del massacro!“ (v.3).

Geremia chiese a Dio per quanto tempo il paese sarebbe rimasto desolato, perché gli abitanti speravano che “Egli non vedrà la nostra fine” (v.4) e non credevano a tutte le parole pronunciate contro di loro.

Il profeta profetizzava continuamente contro Giuda e Gerusalemme di tutto il male che Dio aveva deciso di mandare su tutti gli abitanti. Tutti i profeti furono maltrattati e persino uccisi dal popolo ma Geremia lo fu molto più, egli era tormentato continuamente dal popolo incredulo alla sua testimonianza cercavano di farlo morire. Non era ancora giunto la distruzione di Gerusalemme; Geremia nella sua afflizione e sofferenza si lamentava, Dio interviene, usando paragoni: “Se tu corri con i pedoni e ti stancano, come potrai gareggiare con i cavalli? Se ti senti sicuro solamente in un paese pacifico, cosa farai quando il Giordano si gonfierà?” (v.5).

Il profeta desiderava che il popolo si ravvedesse, prima che Dio mandasse loro la grande calamità.

Dio dice al profeta di non fidarsi dei suoi fratelli e della casa di suo padre perché essi hanno agito con perfidia contro di lui.

Molto presto per il profeta arrivò il tempo delle grandi difficoltà, perché lui stava profetizzando quanto ancora in Gerusalemme c’era pace, ma presto dovette affrontare la prigione fino ad essere condannato a morte dai principi e messo in una cisterna: “Allora Pashhur percosse il profeta Geremia e lo mise nella prigione che si trovava nella porta superiore di Beniamino presso la casa dell’Eterno” (Ger.20:2) ed anche “I principi si adirarono contro Geremia, lo percossero e lo misero in prigione nella casa di Gionathan lo scriba, che avevano trasformato in prigione. Quando Geremia entrò nella casa della prigione sotterranea, nella cella, vi rimase alcuni giorni” (Ger.37:15,16), “I principi allora dissero al re: -Deh, sia quest’uomo messo a morte,…Allora essi presero Geremia e lo gettarono nella cisterna di Malkiah…” (Ger.38:4,6).

L’esilio per Israele delle sessantadue settimane descritte dal profeta Daniele, iniziò dopo settanta anni dalla nascita del Messia. Dio aveva predisposto ogni cosa circa 600 anni prima ed aveva avvisato Israele, tramite i profeti, dell’avvenimento della diaspora. Israele era caduto inevitabilmente nel peccato contro Dio e non esisteva più rimedio. Per mezzo di Gesù ed i suoi apostoli fu salvato solo il residuo scelto,”…le pecore destinate al macello, precisamente le più misere del gregge” (Zac.11:7).

Quando in Israele non si trovò più alcuno da salvare, perché tutti rifiutarono di ascoltare e di convertirsi, allora si avverò la profezia che dice: “In un mese eliminai tre pastori. Io ero impaziente con loro, ed essi pure mi detestarono” (Zac.11:8).

“Ho abbandonato la mia casa, ho rigettato la mia eredità; ho dato ciò che ho di più caro nelle mani dei suoi nemici. La mia eredità è divenuta per me come un leone nella foresta; ha lanciato il suo grido contro di me; per questo l’ho odiata” (v.7,8).

Dio abbandonò la sua casa; la casa d’Israele sua eredità per 62 settimane, furono in cattività tra le nazioni, popoli loro nemici fino al 1948 nascita del nuovo stato d’Israele.

Il popolo ebreo rifiutò la Grazia, offerta per mezzo del Salvatore di Israele (Gesù) e furono così abbandonati alla morte: chi doveva morire, morì e chi restò in vita, si divorò a vicenda (Zac.11:9). Molti del popolo, educati nella legge ed influenzati dai sacerdoti, dagli scribi e dai farisei, furono orgogliosi, duri di orecchi e ciechi spiritualmente, perché non riconobbero il loro Messia, perciò destinati alla morte, a differenza di altri, che furono salvati durante la predicazione di Gesù e dei suoi apostoli, ma solo i più miseri del popolo: “Pasci le pecore destinate al macello” (Zac.11:4). Infatti, quelli che seguirono Gesù riconoscendolo come il Figlio di Dio, il Messia promesso in Israele, ricevettero la “Grazia”, rappresentata nel nuovo patto, dal riscatto dei propri peccati tramite il sacrificio di Cristo.

Dio abbandonò il suo popolo, la sua casa, rompendo con loro ogni legame, perché erano arrivati ormai al colmo della misura di malvagità. In Israele non ci fu più alcuno che credesse all’evangelo, a solo pochi anni dall’ascensione di Gesù (Atti 13:46), la Grazia passò ai gentili e il popolo ebreo fu abbandonato all’esilio, come riportato: “Quindi spezzai l’altro bastone –Legami-, per rompere la fratellanza fra Giuda e Israele” (Zac.11:14).

Il territorio di Israele era allora controllato dall’Impero Romano, che poi devastò la vigna dell’Eterno (Israele): “L’hanno ridotta una desolazione; desolata, fa’ cordoglio davanti a me; tutto il paese è desolato, ma nessuno se ne dà pensiero” (v.11).

La spada dell’Eterno fu contro Israele; tutto il paese, da un’estremità all’altra fu devastato. “Hanno seminato grano, ma raccolgono spine…” (v.13), vale a dire che essi si affaticarono per niente, perché i vivi furono solo una terza parte e tutti gli altri morirono: “Una terza parte di te morirà di peste e sarà consumata dalla fame in mezzo a te; una terza parte cadrà di spada intorno a te e disperderò l’altra terza parte a tutti i venti, e sguainerò contro di essi la spada” (Ez.5:12).

Tutto avvenne per la durezza dei loro cuori, perché non vollero ascoltare la Parola che i profeti avevano preannunciato, riguardo Gesù e la loro salvezza: “Allora egli (Gesù) disse loro: O insensati e tardi di cuore a credere a tutte le cose che i profeti hanno detto!” (Lc.24:25).

Dio stabilì un tempo della durata dell’esilio per Israele, dove dovevano vivere tra le nazioni nemiche, con grande sofferenza, perché ovunque essi fossero andati, dietro di loro sarebbe arrivata la spada sguainata di Dio (persecuzioni, fame, spada e morte).

Il tempo totale della cattività era stato decretato in 62 settimane, al cui termine, solo una parte degli ebrei, scampati allo sterminio nazista, ritornarono dal 1948 nella loro terra, il nuovo Stato di Israele; tutti gli altri rimasti tra le nazioni, torneranno in Israele prima della fine degli ultimi sette anni, “Ma avverrà che, dopo averli sradicati, ritornerò ad aver compassione di loro e li ricondurrò ciascuno nella sua eredità, ciascuno nel suo paese. E avverrà che se impareranno accuratamente le vie del mio popolo e a giurare per il mio nome, dicendo: -l’Eterno vive-, come hanno insegnato al mio popolo a giurare per Baal, saranno saldamente stabiliti in mezzo al mio popolo. Ma, se non ascolteranno, io sradicherò interamente quella nazione e la distruggerò-, dice l’Eterno” (v.17).

L’annuncio della prima parte di questa profezia, riguardante il ritorno nella terra promessa, è rivolto ovviamente al residuo di Israele, che abiteranno nella Gerusalemme terrena, chiamata anche campo dei santi (Apoc.20:9), mentre l’ultima parte è per il residuo vivente delle nazioni gentili. Aggiunge per quest’ultimi l’ammonimento di imparare a servire l’Eterno, come il popolo d‘Israele, così anch’essi saranno stabiliti con la raccomandazione di andare ad adorare l’Eterno in Gerusalemme (Zac.14:16,17). Il popolo o nazione che non si recherà ad adorare l’Eterno, sarà colpita e distrutta.

(continua)