Capitolo 8.

La mano del Signore fu sopra Ezechiele, mentre egli era seduto in casa sua in compagnia degli anziani di Giuda, dichiarò: ”Io guardai, ed ecco una figura di uomo dall’aspetto di fuoco; da ciò che sembravano i suoi lombi in giù pareva di fuoco, e da ciò che sembravano i suoi lombi in su pareva splendente come il colore di bronzo incandescente” (v.2).

Ricordiamo che il profeta Ezechiele durante tutte le profezie che Dio gli diede, si trovava in Babilonia, era in cattività insieme ad altri giudei.

Il profeta fu afferrato per una ciocca di capelli e lo Spirito lo sollevò fra terra e cielo e fu trasportato, in visione di Dio, a Gerusalemme, dove era posto l’idolo della gelosia (idoli delle nazioni vicine, come sacrifici a demoni), che provocava l’ira divina (Deut.32:16).

Dio mostrò al profeta le gravi abominazioni che commettevano i giudei prima della deportazione, profanando il tempio di Dio.

Provocarono la gelosia e l’ira di Dio con le loro azioni impure: 70 anziani del popolo con il loro turibolo in mano offrivano incenso agli idoli o, ancora più ripugnante, donne che piangevano Tammuz e 25 uomini, tra il portico e l’altare, con le spalle voltate al tempio e la faccia rivolta ad est, che adoravano il sole.

Tammuz, che significa “figlio legittimo dell’abisso”, era una divinità sumerica e babilonese e si faceva cordoglio per lui, perché, secondo la tradizione, moriva ogni anno in autunno per poi risuscitare nuovamente a primavera.

Anche Manasse, re di Giuda, ”mise addirittura un’immagine scolpita, l’idolo che aveva fatto, nella casa di Dio, della quale Dio aveva detto a Davide e a Salomone suo figlio: -In questa casa e a Gerusalemme, che ho scelta fra tutte le tribù d’Israele, porrò il mio nome per sempre-” (2Cron.33:7).

Di conseguenza anche i sudditi seguirono il loro re, influenzando a catena tutto il popolo.

Gerusalemme era quindi piena di peccato, si adoravano molti idoli, più dei popoli gentili vicini, contaminando la città di Dio, come ai tempi dei re di Israele (2Re:4), quando riempivano il tempio di Dio con idoli, provocando ad ira l’Eterno.

Su Gerusalemme si riversò il giudizio divino, perché prima fu assediata ed incendiata dal re Nebukadnetsar e poi dai romani e tutti gli ebrei superstiti furono condotti in cattività tra le nazioni nemiche di Israele. Il salmista, afferma: “Ci hai dati via come pecore da mangiare, e ci hai dispersi fra le nazioni” (Slm.44:11).

La visione del profeta è riferita non alla deportazione in atto, ma a quella futura, che avvenne in Gerusalemme nel 70 d.C., quando i superstiti furono deportati tra le nazioni.

Molte abominazioni si commettevano in Israele e Dio gliele mostrò al profeta. Gli ordinò di forare il muro e di guardare per la porta, dicendo: “Entra, e guarda le scellerate abominazioni che costoro commettono qui” (v.9).

Per le grandi abominazioni che gli ebrei compivano in Gerusalemme, Dio ordinò che il suo popolo non avesse più una nazione, la terra che Egli aveva consegnato loro per promessa fatta ai loro padri; “Io ho visto le tue abominazioni, i tuoi adulterî, i tuoi nitriti, l’infamia della tua prostituzione sulle colline e per i campi. Guai a te, o Gerusalemme! Quando avverrà mai che tu ti purifichi?” (Ger.13:27).

I superstiti alla devastazione furono dispersi tra le nazioni, come ai quattro venti del cielo, perché Dio li diede nelle mani dei loro nemici. Tutto si verificò, quando i giudei non vollero riconoscere il Messia, come il Cristo di Dio, perciò furono costretti ad abbandonare la loro terra e il loro regno, fuggendo dalla devastazione dell’imperatore romano Tito nel 70 d.C. circa.

Tale diaspora durò fino al tempo che Dio stabilì, ossia fino al compimento delle sessantadue settimane, dopo circa 1878 anni dalla distruzione, con la nuova costituzione dello stato di Israele, nel 1948.

Dio conosceva il suo popolo e sapeva che non avrebbe ascoltato le sue parole, pronunciate per mezzo del profeta, né si sarebbero convertiti, anche se continuamente li riprendeva: ”Di’ loro: Com’è vero che io vivo-, dice il Signore, l’Eterno, -io non mi compiaccio della morte dell’empio, ma che l’empio si converta dalla sua via e viva; convertitevi, convertitevi dalle vostre vie malvagie. Perché mai dovreste morire, o casa d’Israele?” (Ez.33:11).

Israele continuò a peccare sia prima che dopo la venuta del Messia (Atti 17:16), quindi Dio velò i loro occhi e orecchi spirituali, affinché non vedessero e né udissero la Parola di Dio (Mrc.4:12; Gv.12:40; Atti 28:27), per non essere salvati.

Questo capitolo termina con una decisione: ”Perciò anch’io agirò con furore; il mio occhio non avrà compassione e non userò alcuna pietà. Anche se faranno pervenire alte grida ai miei orecchi, non li ascolterò”.

Dio li disperse ai quattro venti del cielo, tra tutte le nazioni, loro nemici. Li abbandonò a loro stessi: ”Allora dissi: -Non vi pascerò più; chi sta per morire muoia, e chi sta per perire perisca; quelle poi che rimangono si divorino a vicenda– ” (Zac.11:9). Anche Il profeta Geremia annunciò: «Io ho lasciato la mia casa, ho abbandonato la mia eredità; ho dato l’amata mia nelle mani dei suoi nemici” (Ger.12:7).

Il popolo di Dio è andato allora vagando tra le nazioni. Avvenne ciò che era stato profetizzato ”…e disperderò l’altra terza parte a tutti i venti, e sguainerò contro di essi la spada” (Ez.5:12).

Gerusalemme fu distrutta nel 70 d.C. e non è stata più abitata dagli ebrei, fino al compimento delle sessantadue settimane (nel 1948).

Ora Gerusalemme apparterrà per sempre al popolo di Dio e molto presto Dio farà per loro nuovi cieli e nuova terra, dove regneranno con giustizia e pace, nel millennio (Is.51:12).

Capitolo 9.

Espone le piaghe che Dio manderà su Gerusalemme, durante sette anni circa, ultimo periodo del regno del peccato sulla terra. Inizieranno i castighi al suono delle trombe. Su Israele si abbatteranno i tre guai corrispondenti agli ultimi tre squilli di tromba (Apoc.8:13). “Guai alla città ribelle, contaminata, alla città d’oppressione!” (Sof.3:1).

Il primo verso espone: “Poi gridò ad alta voce ai miei orecchi dicendo: -Fate avvicinare quelli che devono punire la città, ognuno con la sua arma di distruzione in mano -…Egli chiamò l’uomo vestito di lino, che aveva il calamaio di corno da scriba al fianco”.

Poi ”L’Eterno disse: -Passa in mezzo alla città, in mezzo a Gerusalemme, e fa’ un segno sulla fronte degli uomini che sospirano e gemono per tutte le abominazioni che si commettono nel suo mezzo –“ (Ez.9:4), in accordo a: ”Poi vidi un’altro angelo che saliva dal sol levante, il quale aveva il sigillo del Dio vivente, …dicendo: – Non danneggiate la terra né il mare né gli alberi, finché non abbiamo segnato sulla fronte i servi del nostro Dio–“ (Apoc.7:2,3).

La descrizione in questo capitolo è completa, il segno sulla fronte sarà per distinguere i 144 mila, affinché rimangano vivi e non siano sterminati insieme ai nemici di Dio, coloro che non hanno voluto ravvedersi.

Grande sarà il tormento che Dio manderà su Israele: ”E fu detto loro di non danneggiare l’erba della terra né verdura alcuna né albero alcuno, ma soltanto gli uomini che non avessero il sigillo di Dio sulla fronte” (Apoc.9:4).

Più volte le profezie dichiarano Israele, un popolo dal collo duro, che preferisce il male al bene: ”…-L’iniquità della casa d’Israele e di Giuda è estremamente grande; il paese è pieno di sangue e la città è piena di depravazione … Perciò anche il mio occhio non avrà compassione e non userò alcuna pietà, ma farò ricadere sul loro capo la loro condotta” (v.9,10).

Dio non avrà compassione, né pietà per gli empi del suo popolo, durante l’ultima settimana, quando saranno già stati segnati sulla fronte i 144 mila servi di Dio, provenienti da tutte le tribù di Israele. Allora i sei uomini, chiamati angeli in Apoc.8:9, suoneranno le trombe (vedi Apocalisse cap. 8 e 9).

“Il re sarà in lutto, il principe si vestirà di desolazione e le mani del popolo del paese saranno prese da spavento. Io li tratterò secondo la loro condotta e li giudicherò secondo i loro giudizi; allora riconosceranno che io sono l’Eterno” (Ez.7:27).

Il profeta Isaia predice: “Ma l’Eterno degli eserciti ha rivelato ai miei orecchi: -Questo vostro peccato non sarà espiato, finché non sarete morti, dice il Signore, l’Eterno degli eserciti” (Is.22:14; Vedi anche Dan.11:35).

Capitolo 10.

La descrizione degli esseri viventi è qui perfezionata e dettagliata.

Ognuno di loro aveva quattro facce e quattro ali e sotto le loro ali apparivano una forma di mani di uomo. Al fianco di ogni cherubino vi era una ruota dallo splendore simile ad una pietra di topazio. ”Sembravano avere tutte e quattro la medesima forma, come se una ruota fosse in mezzo all’altra… tutto il loro corpo, il loro dorso, le loro mani, le loro ali e le ruote erano pieni di occhi tutt’intorno… Io udii che le ruote erano chiamate –Turbine-“ (v.10,12,13).

Il profeta fornisce una interessante precisazione: “Essi erano gli stessi esseri viventi che avevo visti presso il fiume Kebar” (v.15).

Poniamo attenzione alla seguente azione: “Ora, quando l’Eterno ebbe comandato all’uomo vestito di lino, dicendo: -Prendi il fuoco fra le ruote che sono tra i cherubini- … Allora un cherubino stese la mano fra i cherubini verso il fuoco che era fra i cherubini, ne prese e lo mise nelle mani dell’uomo vestito di lino, che lo ricevette ed uscì” (v.6,7) e confrontiamola con la successiva, all’inizio del suono delle sette trombe: ”Poi l’angelo prese il turibolo, lo riempì del fuoco dell’altare e lo gettò sulla terra; e si fecero voci, tuoni, lampi e un terremoto” (Apoc.8:5), le due profezie proferiscono, evidenziando per entrambe i preparativi per i flagelli procurati dal suono delle trombe (Apoc.8 e 9).

Capitolo 11.

Dio annuncia il suo giudizio che avverrà nella valle di Giosafat (Gioele 3): ”Voi cadrete di spada, vi giudicherò sui confini d’Israele; allora riconoscere che io sono l’Eterno” (v.10).

Come all’inizio dei settanta anni di cattività babilonese, Gerusalemme fu assediata e data alle fiamme, così avvenne a distanza di circa settanta anni dalla nascita del Messia. L’ira di Dio di nuovo cadde sugli empi del suo popolo, disperdendoli tra le nazioni, Dio inoltre mostrò al profeta ciò che sarebbe accaduto alla fine dell’ultima settimana con la quale si compiranno le settanta settimane date per il popolo di Dio (Dan.9:24,25).

Il profeta, compresa la decisione, chiese: “-Ah, Signore, ETERNO, vuoi distruggere completamente il residuo d’Israele?-“ (v.13).

Dio informa al profeta che gli abitanti di Gerusalemme, i suoi propri parenti e suoi stessi fratelli hanno incitato Israele, dicendo: ”Allontanatevi pure dall’Eterno; questo paese ci è stato dato in eredità” (v.15).

Sappiamo che Dio non ha rigettato definitivamente Israele, ma ha lasciato un residuo santo, che entrerà nella nuova Gerusalemme. Come l’Eterno li ha sparsi tra tutte le nazioni, così li raccoglierà: una parte è stata già radunata, mentre l’altra parte, che è ancora tra le nazioni, sarà raccolta durante l’ultima settimana, come riportato: ”…benché io li abbia allontanati fra le nazioni e li abbia dispersi in paesi stranieri, io sarò per loro, per qualche tempo, un santuario nei paesi dove sono andati. Perciò di’: -Così dice il Signore, l’ETERNO: Vi raccoglierò fra i popoli, vi radunerò dai paesi in cui siete stati dispersi e vi darò la terra d’Israele-” (v.16,17).

La bontà di Dio si manifesta non solo nel ridare al suo popolo la terra di Israele, ma anche donerà loro un cuore di carne, togliendo il cuore di pietra, che oggi si ritrovano per non aver riconosciuto il Messia e non aver accettato la Grazia divina offerta da Gesù, a tutti i popoli (Atti 13:46).

Soltanto quando avverrà la purificazione dei loro peccati, Dio dichiarerà ”…allora essi saranno il mio popolo e io sarò il loro Dio” (v.20).

Questo privilegio è riservato esclusivamente agli Ebrei che riconosceranno Gesù Cristo il Figlio dell’Iddio vivente come Colui che li condurrà nella nuova Gerusalemme per vivere in pace nel millennio, mentre per gli altri ”…il cui cuore esegue le loro cose esecrande e le loro abominazioni, farò ricadere sul loro capo la loro condotta – dice il Signore, L’Eterno” (v.21).

Questo è la visione che Dio rivelò al profeta, in Gerusalemme.

La gloria dell’Eterno si fermò sul monte ad est della città e lo Spirito riportò Ezechiele in Caldea, dove era prima, fra quelli che erano in cattività, insieme con lui. Egli riferì a tutti loro quanto l’Eterno gli aveva mostrato.

Capitolo 12.

Dio usò ancora Ezechiele come messaggero per indicare al suo popolo ciò che sarebbe accaduto presto, se non si fossero ravveduti dal loro peccato. Per ammonire Israele, considerata come casa ribelle, l’Eterno ordinò al profeta di farsi un bagaglio:

Porterai dunque fuori di giorno, sotto i loro occhi, il tuo bagaglio, come il bagaglio di uno che va in esilio; poi alla sera uscirai sotto i loro occhi, come quelli che vanno in esilio” (v.4).

Con questa similitudine, Dio annunciò ad Ezechiele come sarebbero fuggiti alla distruzione di Gerusalemme, avvenuta già nel 70 d.C, inizio dell’esilio delle 62 settimane, predette dall’angelo a Daniele (Dan.9:25,26).

Ezechiele fece esattamente come il Signore gli aveva comandato e, al mattino, la parola dell’Eterno gli fu rivolta in questi termini: ”…non ti ha chiesto la casa d’Israele, questa casa ribelle: -Che cosa fai?-“ (v.9), “Di’: Io sono un segno per voi; come ho fatto io, così sarà fatto a loro: essi andranno in esilio, in cattività” (v.11).

Facciamo presente che Giuda con Gerusalemme, durante la profezia di Ezechiele, erano già in cattività in Babilonia; quindi la profezia dell’esilio riguarda quello iniziato nel 70 d.C. e finito nel 1948, dalla durata di 62 settimane e non quello già in atto in Babilonia.

Anche i romani erano sconosciuti a quei tempi come prima i Caldei, per gli ebrei. Infatti, Roma non era ancora nota ed affermata come potenza, quando i caldei dominavano pienamente il regno babilonese ed erano prossimi al loro declino.

Un piccolo cenno di storia: la Caldea fu la patria di Abramo (Gen.11:31); essa era situata sulle rive del fiume Eufrate ed aveva un estensione di circa 60 mila Km. quadrati.

Il nome di Caldea fu attribuito a tutta la regione della Mesopotamia, occupata dalle popolazioni aramaiche stabilitesi tra il basso Tigri e il golfo Persico. Tale impero neobabilonese, per l’occupazione del regno di Babilonia, ebbe la massima estensione fino a conquistare la Siria e la Palestina, assediando e distruggendo Gerusalemme nel 587 a.C. per opera del re Nebukadnetsar.

Confermiamo quanto già suggerito: che la profezia riguarda la cattività della casa di Israele, non certo quella già avvenuta in Babilonia, al tempo del profeta Ezechiele e che interessava solo Giuda e Gerusalemme, ma quella successiva del 70 d.C., quando il regno di Israele non esisteva più e al residuo degli ebrei, rimasti in vita, fu vietato di tornare in Gerusalemme. Dio ha risparmiato ”…un piccolo numero dalla spada, dalla fame e dalla peste, affinché raccontino tutte le loro abominazioni tra le nazioni dove andranno, allora riconosceranno che io sono l’Eterno” (v.16).

Dio li ha dispersi ai quattro venti, in tutti i paesi, compreso il loro principe, che li guidava a quel tempo: «Profeti e sacerdoti sono empi, nella mia casa stessa ho trovato la loro malvagità», dice il SIGNORE” (Ger.23:11).

.Uscendo da Gerusalemme, come Dio aveva ordinato di fare al profeta, furono condotti nuovamente in cattività ma questa volta non era per settanta anni effettivi, bensì per sessantadue settimane (circa 1878 anni), ossia dal 70 d.C. fino al 1948.

“Io li disperderò fra le nazioni, che né loro né i loro padri hanno conosciuto; e manderò dietro a loro la spada, finché io li abbia consumati” (Ger.9:16).

Molte volte la profezia ripete che molti moriranno per le tre piaghe: la spada, la fame e la peste. Queste calamità hanno colpito i giudei durante l’assedio e la caduta di Gerusalemme da parte del re di Babilonia prima (Ger.21:9; 42:22) e poi da parte dei romani nel 70 d.C.

I luoghi furono spogliati di tutto ciò che contenevano, le città furono distrutte e il paese desolato: quello che era stato predetto si avverò, “…perché sono una casa ribelle” (v.2,3).

Gesù, a questo riguardo, conferma l’adempimento della profezia: “Ed essi cadranno sotto il taglio della spada, e saranno condotti prigionieri fra tutte le nazioni; e Gerusalemme sarà calpestata dai Gentili, finché i tempi dei Gentili siano compiuti” (Lc.21:24).

I romani distrussero il tempio di Gerusalemme e da allora la città è stata abitata da vari popoli, fino al 1948 quando l’ONU riconobbe agli ebrei scampati dallo sterminio (la Shoah) lo stato d’Israele. Ancora oggi possiamo notare che in Gerusalemme vivono anche degli arabi di fede islamica e sarà così fino al compimento dei tempi dei Gentili, ovvero fino al termine fissato dei 2300 giorni della grande desolazione per Israele nell’ultima settimana (sette anni). Dopo sarà tutto purificato (Dan.8:13,14).

Dio avvertì: “…si avvicinano i giorni e l’attuazione della parola di ogni visione” (v.23). Dio non ritarda l’esecuzione di ogni visione o profezia, ma la sua realizzazione è disposta al momento giusto e stabilita fin dalle antichità.

Così nel 1948 sono finite le sessantadue settimane della cattività ebraica, citata in Daniele. Dio ha fatto in modo che riavessero la loro terra e il loro stato (Dan.9:25). Le sessantadue settimane sono già trascorse da 62 anni e adesso stiamo per arrivare all’ultima settimana, comprendente la grande tribolazione a causa del devastatore (Is.54:16). Dopo, alla fine degli ultimi tempi, cesserà la trasgressione e infine sarà unto il luogo santissimo (Dan.9:24), a completamento del piano di Dio per il suo popolo.

Poiché io, l’Eterno, parlerò, e la parola che pronuncerò si compirà senza alcuno indugio. Si, nei vostri giorni, o casa ribelle, io pronuncerò una parola e la manderò a compimento” (v.25). 

Capitolo 13.

Il popolo Israelita si era sviato dal camminare integro nella legge di Mosè e da molto tempo consultavano i falsi profeti. Al tempo del re Achab, i profeti di Baal erano circa quattrocentocinquanta (1Re18:22), più numerosi di quelli del Dio vivente, il profeta Elia li sfidò, insieme ai quattrocento di Astante (1Re18:19). Ai tempi dei profeti Geremia, Isaia, Ezechiele ecc. fu ancora più sconvolgente perchè erano presenti in Gerusalemme dei falsi profeti, che non proclamavano in nome di Baal, bensì nel nome dell’Eterno (Ger.23:11).

Ad esempio, un episodio indicativo accadde quando Giosafat, re di Giuda, invitato dal re d’Israele, Achab, ad unirsi alla battaglia per riconquistare Ramoth di Galaad dai Siri, acconsentì, ma volle prima consultare la parola dell’Eterno. Per questo Achab convocò, alla loro presenza, i suoi profeti, che furono concordi con Sedekia nell’affermare: “…Così dice l’Eterno: -Con queste corna trafiggerai i Siri fino a distruggerli completamente-” (1Re 22:11). Quindi il falso profeta Sedekia e molti altri dichiararono vittoria sui Siri, ma evidentemente essi non convinsero totalmente Giosafat, perché egli temeva Dio e perciò volle essere sicuro della risposta collettiva, tanto che domandò se ci fosse stato un altro profeta da interpellare. A tale richiesta il re fece chiamare Mikaiah, che intervenne confermando personalmente quanto previsto dagli altri e secondo il piacere del re, come indicato dal suo servo. Quando però il re, conoscendolo, si accorse che stava burlandosi di loro, lo esortò “Quante volte ti devo scongiurare di non dirmi se non la verità nel nome dell’Eterno?“. Solo a quel punto e come aveva dichiarato in precedenza al servo “Com’è vero che l’Eterno vive, io dirò ciò che l’Eterno mi dirà“, aggiunse che Dio gli aveva mostrato in visione tutto Israele disperso sui monti, come pecore senza pastore, precisando “…Essi non hanno più padrone; se ne torni ciascuno in pace a casa sua” (1Re 22:1-17).

Mikaiah era ritenuto un profeta dell’Eterno e Achab volle invece ascoltare i consigli dei suoi falsi profeti, nei quali Dio aveva messo uno spirito di menzogna, come Mikaiah sostenne: ”Perciò ecco, l’Eterno ha posto uno spirito di menzogna in bocca a tutti questi tuoi profeti; ma l’Eterno pronuncia sciagura contro di te” (1Re 22:23).

Tutti i falsi profeti erano persuasi di parlare per mezzo dello Spirito di Dio, per questo Sedekia, il falso profeta, irritato, dette uno schiaffo a Mikaiah offendendolo:”…. Per dove è passato lo Spirito dell’Eterno quando è uscito da me per parlare a te?” (1Re 22:24).

Questo episodio insegna a valutare ed a verificare l’attendibilità del contenuto di una profezia e la condizione del profeta, perché i falsi profeti avevano visioni false e annunciavano divinazioni bugiarde, proclamavano pace e vittoria quando, in realtà, non esistevano, perché Dio aveva decretato il male e non il bene in Israele. Essi profetizzavano secondo il loro cuore: ”Così dice il Signore l’ETERNO: Guai ai profeti stolti che seguono il loro spirito senza aver visto nulla … Hanno avuto visioni false e divinazioni bugiarde e dicono: -l’Eterno ha detto-, mentre l’Eterno non li ha mandati. Tuttavia essi sperano che la loro parola si adempia” (v.3,6).

Anche le donne di Israele profetizzavano falsamente. Inoltre esse per conquistare i cuori dei grandi, cucivano fasce per polsi e veli per le teste.

”…Credete voi di dar la caccia alle anime del mio popolo e salvare le vostre vite? … facendo morire anime che non dovrebbero morire e facendo vivere anime che non dovrebbero vivere, mentendo al mio popolo che dà ascolto alle menzogne” (v.18,19).

Dio riprende duramente i falsi profeti, per mezzo di Ezechiele, ammonendoli che è contro di loro perché proferiscono menzogne al posto della verità, intervenendo con giustizia: ”…metterò in libertà le anime, quelle anime alle quali date la caccia come a uccelli … infatti avete rattristato il cuore del giusto con menzogne, quando io non lo rattristavo, e avete fortificato le mani dell’empio, perchè non si convertisse dalla sua via malvagia per rimanere in vita” (v.20,22).

Dio promette di liberare il suo popolo dalle mani dei bugiardi, perchè farà in modo che loro non praticheranno più la menzogna, né divinazioni.

Il profeta Zaccaria conferma: “In quel giorno avverrà-, dice l’Eterno degli eserciti,- che io sterminerò dal paese i nomi degli idoli, che non saranno più ricordati; farò pure scomparire dal paese i profeti e lo spirito immondo” (Zac.13:2).

Questa è l’opera della giustizia divina, perché l’uomo possa entrare a godere della sua presenza nei mille anni di pace, quando Israele regnerà. Allora non ci saranno più profeti di alcun genere, né spiriti immondi, perchè sarà Dio stesso a dirigere e ad abitare con il suo popolo (Zac.13:2,5; Apoc.21:3). 

Capitolo 14.

Alcuni anziani del popolo andarono da Ezechiele e si sedettero di fronte a lui, allora la parola dell’Eterno gli fu rivolta in questi termini:”Figlio d’uomo, questi uomini hanno eretto i loro idoli nel loro cuore e hanno posto davanti a sé l’intoppo che li fa cadere nell’iniquità. Mi lascerò dunque consultare da costoro?” (v.3). Dio non desidera essere interpellato dagli empi che vivono nei loro peccati ed abbandonano il Signore, rivolgendosi agli idoli del loro cuore. .

Da tenere presente che gli idoli del proprio cuore sono definiti come l’oggetto principale di attenzione e caratteristico di interesse primario, sia esso cosa o persona, tale da stimarlo di importanza maggiore di Dio stesso.

L’Eterno ammonisce gli idolatri, che si rivolgono a Lui, per mezzo del profeta: ”…gli risponderò io, l’Eterno, da me stesso. Volgerò la mia faccia contro quell’uomo, ne farò un segno e un proverbio e lo sterminerò di mezzo al mio popolo; allora riconoscerete che io sono l’Eterno” (v.7,8).

Dio avverte il profeta che non deve lasciarsi sedurre dagli empi che gli chiedono di parlare loro: ”Ma se il profeta si lascia sedurre e dice qualche parola, io l’Eterno, ho sedotto quel profeta; stenderò quindi la mia mano contro di lui… la pena del profeta sarà uguale alla pena di chi lo consulta” (v.9,10).

Dalle parole dell’Eterno, rivolte ad Ezechiele, deduciamo che tutti coloro che usano il proprio spirito e il loro cuore per riferire cose ritenute di provenienza divina, ma che in realtà Dio non ha rivelato loro, sono in errore, sono considerati falsi profeti.

Guardiamoci dal farlo e, se sentissimo qualcosa del genere, anche se fosse un pensiero o desiderio a fin di bene per il nostro prossimo, dovremmo essere anche in grado di riconoscerne l’origine, se proveniente dalla nostra mente carnale o dallo Spirito. Lo Spirito Santo ci rivela il messaggio attraverso il nostro spirito, ma solo se fossimo sottomessi allo Spirito potremmo conoscere la provenienza, valutando la sua conformità alla volontà del Signore, confrontandola con la sua Parola. Se non fossimo in grado di distinguere la fonte, allora sarebbe meglio stare in silenzio, aspettando e pregando che Dio ci dia conoscenza e sicurezza.

Al limite, potremo ammettere di aver ricevuto una rivelazione, precisando la non esatta convinzione della sorgente. Se fosse da parte di Dio, Egli ne darà conferma, mettendolo in atto, perchè le bugie di Satana non si attueranno mai, mentre tutte le cose divine si avvereranno nei tempi che Dio solo conosce e che certamente si compieranno.

Ancora Dio si rivolge al profeta nei riguardi di Gerusalemme, avvertendo che se un paese peccasse contro l’Eterno, Egli toglierebbe da quel luogo il sostegno del pane, determinandone la fame, per sterminare uomini e bestie.

La distruzione e la desolazione del paese, ottenute anche per mezzo di bestie feroci, si verificherebbero ugualmente se fossero presenti in mezzo a loro Noè, Daniele e Giobbe che, per la loro giustizia, sarebbero salvati ma solo loro.

Dio ripete al profeta che solo il giusto si salverà, quando egli manderà su Gerusalemme i quattro tremendi giudizi: la spada, la fame, le bestie feroci e la peste. Dio però promette che un residuo sarà lasciato: “… che sarà condotto fuori, figli e figlie; essi verranno da voi, e voi vedrete la loro condotta e le loro azioni … Essi vi consoleranno, quando vedrete la loro condotta e le loro azioni. Così riconoscerete che non senza ragione ho fatto quel che ho fatto in mezzo a lei-, dice il Signore l’Eterno” (v.22,23).

Queste calamità avverranno alla fine, quando Dio condurrà al sicuro, nel deserto, prima della grande tribolazione, il residuo del suo popolo, per abitare nella nuova Gerusalemme. Essi saranno consolati dal residuo dei gentili, rimasti vivi e tutti riconosceranno che i castighi divini mandati su Gerusalemme sono stati giusti.

Capitolo 15.

Gerusalemme è trattata come una vite, il cui legno non è utile per fare alcun lavoro di artigiani, ma serve solo per il fuoco “…come il legno della vite fra gli alberi della foresta l’ho destinato ad essere bruciato nel fuoco, così farò con gli abitanti di Gerusalemme” (v.6).

Il residuo degli ebrei, rimasti in vita, dopo la distruzione di Gerusalemme, furono deportati in Babilonia per settanta anni (esilio per Giuda e per Gerusalemme), mentre, nel 70 d.C., furono disperse le due case di Giacobbe tra tutte le nazioni della terra, per sessantadue settimane, fino al 1948. In questa diaspora, Dio sfoderò la sua spada dietro di loro (Ez.5:12).

Così Dio adempì ciò che aveva predetto ai giudei attraverso i suoi servi, i profeti, che li esortarono al ravvedimento dal loro peccato, ma essi, per non aver dato ascolto, si trovarono sotto il dominio dei gentili, loro nemici, che distrussero Gerusalemme col fuoco.

Israele aveva commesso una grande trasgressione, aveva rifiutato la Grazia offerta da Gesù, il Messia, il loro Redentore e Salvatore. Dio aveva dato loro l’opportunità di essere salvati per mezzo del sacrificio sulla croce e non più per offerta di animali. “Ecco perché Cristo, entrando nel mondo, disse:

«Tu non hai voluto né sacrificio né offerta ma mi hai preparato un corpo” (Ebr.10:5).

Infatti Gesù, l’Agnello di Dio senza difetto, offrì se stesso come prezzo di riscatto, che gli ebrei non vollero accettare, non credendo al Figlio di Dio. Di conseguenza, il messaggio di salvezza, esposto nell’evangelo, si diffuse ai gentili, che invece lo accolsero prontamente e con gioia, giungendo così anche a noi, testimoni della sua Grazia (Rom.11:31).

Gli israeliti, quindi, furono da Dio abbandonati: ”…per la sua iniquità che la casa d’Israele andò in cattività, perché mi era stata infedele; perciò ho nascosto loro la mia faccia, li ho dati in mano dei loro nemici e sono caduti tutti di spada. Li ho trattati secondo la loro impurità…” (Ez.39:23,24).

È trascorso anche il tempo dell’ultima cattività per il popolo di Dio, cioè quella delle 62 settimane (Dan.9:25), Dio ha permesso che un residuo ritornasse nella terra promessa ai loro padri da cui furono scacciati circa 1878 anni fa.

Manca ancora poco tempo alla fine del tempo della grazia, alla cui conclusione, Dio riprenderà a trattare di nuovo con il suo popolo per salvare quelli che sono scritti nel libro della vita.

(continua)