Capitolo 37.

Sedekia re di Giuda, regnò dopo Jehoiakim, al posto di suo figlio Koniah, perché fu costituito re da Nebukadnetsar, re di Babilonia. Purtroppo né lui e né il popolo giudeo diedero ascolto al profeta Geremia, anche se il re mandò dei messaggeri per chiedergli di pregare l’Eterno per loro.

In quel tempo Geremia non era ancora stato messo in prigione ed i babilonesi assediavano Gerusalemme. Quando l’esercito del Faraone uscì fuori dall’Egitto, in aiuto dei Giudei, i Caldei si ritirarono.

Dio aveva stabilito che i Caldei dovevano combattere contro Gerusalemme e darla alle fiamme, perciò la parola dell’Eterno, rivolta a Geremia, decretò: “Così dice l’Eterno, il Dio d’Israele: -Direte così al re di Giuda che vi ha mandato da me per consultarmi: Ecco, l’esercito del Faraone, che era uscito per aiutarvi, ritornerà nel suo paese d’Egitto. I Caldei ritorneranno e combatteranno contro questa città, la prenderanno e la daranno alle fiamme” (v.7,8).

I falsi profeti annunciavano invece che i Caldei se ne andavano per sempre e che non distruggevano più Gerusalemme, ingannando così il popolo. L’Eterno, tramite Geremia, affermava che non era come prevedevano loro, anche se tutto il loro esercito dei Caldei fosse stato sconfitto e fossero rimasti solo degli uomini feriti, si sarebbero levati per dare alle fiamme la città.

Ogni cosa stabilita da Dio certamente avverrà e nessuno può fermare la sua mano. E’ un’illusione pensare che le profezie divine non si avverino; è una bugia di Satana, perché egli sa bene che Dio rimane fedele alla sua Parola. Il diavolo cerca d’ingannare il credente mostrandogli le mezze verità, come allora il popolo di Dio fu imbrogliato dalle false indicazioni di coloro che, usando il nome di Dio, profetizzavano pace.

Geremia volle recarsi nel paese di Beniamino per stare in mezzo al popolo e quando fu arrivato alla porta della città fu arrestato dal capitano delle guardie, perché affermava che egli stava disertando, andando ad arrendersi ai Caldei, nonostante il diniego del profeta. “Così Irijah arrestò Geremia e lo condusse dai principi. I principi si adirarono contro Geremia, lo percossero e lo misero in prigione nella casa di Gionathan lo scriba, che avevano trasformato in prigione. Quando Geremia entrò nella casa della prigione sotterranea, nella cella, vi rimase molti giorni” (v.14-16).

Il re Sedekia lo mandò a prendere di nascosto per chiedergli se ci fosse stata qualche parola da parte dell’Eterno ed il profeta affermò: “Tu sarai dato in mano del re di Babilonia” (v.17). Geremia poi chiese al re Sedekia di quale accusa era incolpato nei suoi confronti o verso il popolo per essere in prigione ed inoltre aggiunse: “Dove sono ora i vostri profeti che vi profetizzano dicendo: -Il re di Babilonia non verrà contro di voi né contro questo paese?” (v.19). Il profeta allora supplicò il re che non lo facesse più ritornare nella stessa cella della prigione sotterranea, dove sicuramente sarebbe morto. “Allora il re Sedekia ordinò che Geremia fosse custodito nel cortile della prigione e gli fosse data ogni giorno una pagnotta dalla via dei fornai, finché non fosse esaurito tutto il pane della città. Così Geremia rimase nel cortile della prigione” (v.21).

Capitolo 38.

Geremia rivolto a tutto il popolo profetizzava gli avvenimenti della imminente cattività babilonese per Giuda e per Gerusalemme, dicendo: “Così dice l’Eterno: Chi rimarrà in questa città morirà di spada, di fame, o di peste, ma chi si consegnerà ai Caldei vivrà; avrà come bottino la propria vita, ma vivrà. Così dice l’Eterno: -Questa città sarà certamente data in mano dell’esercito del re di Babilonia, che la prenderà” (v.2,3).

A questo punto i capi chiesero al re Sedekia che Geremia fosse messo a morte, perché egli profetizzava disgrazie, mettendo paura al popolo, non cercando il bene, ma il male. Il re Sedekia replicò: “Eccolo nelle vostre mani; perché il re non può far nulla contro di voi. Allora essi presero Geremia e lo gettarono nella cisterna di Malkiah, figlio del re, che era nel cortile della prigione, vi calarono Geremia con le corde. Nella cisterna non c’era acqua ma solo fango, e Geremia affondò nel fango” (v.5,6).

Dio non lascia mai soli i suoi servi, così mise nel cuore di Ebed-melek, un eunuco, di liberare il profeta, intervenendo presso Sedekia:        “O re, mio signore, quegli uomini hanno agito male in tutto ciò che hanno fatto al profeta Geremia, gettandolo nella cisterna; egli morirà di fame là dentro, perché non c’è più pane in città. Allora il re diede quest’ordine a Ebed-melek, l’etiope: -Prendi con te da qui trenta uomini e tira su il profeta Geremia dalla cisterna prima che muoia” (v.9,10).

Così Ebed-melek fece come gli era stato ordinato e lasciarono Geremia nel cortile della prigione, che fu convocato alla presenza del re ed interrogato: “Ti domando una cosa; non nascondermi nulla. Geremia rispose a Sedekia: -Se te la dico, non mi farai certamente morire? Se poi ti do un consiglio, non mi darai ascolto-. Così il re Sedekia giurò in segreto a Geremia, dicendo: -Com’è vero che vive l’Eterno, che ci ha dato questa vita, non ti farò morire e non ti darò in mano di questi uomini che cercano la tua vita” (v.14-16).

Geremia rivelò a Sedekia, da parte dell’Eterno: “…Se ti consegni ai principi del re di Babilonia, avrai salva la vita; questa città non sarà data alle fiamme e vivrai tu con la tua casa” (v.17).

Dio desiderava che il re ed il popolo si arrendessero ai babilonesi spontaneamente, così avrebbero salvato le loro vite e la città non sarebbe stata arsa, ma il re Sedekia confessò di temere di essere schernito e maltrattato dai giudei disertori, preferendo di non arrendersi al re di Babilonia. Geremia gli assicurò che tutto sarebbe andato bene, solo se avesse ubbidito all’Eterno, ma se avesse rifiutato di andare, Dio gli espose, tramite Geremia, ciò che sarebbe accaduto: “Ecco, tutte le donne che sono rimaste nella casa del re di Giuda saranno condotte ai principi del re di Babilonia e diranno: -I tuoi intimi amici ti hanno sedotto e hanno prevalso contro di te; i tuoi piedi sono affondati nel fango ed essi ti hanno voltato le spalle-. Tutte le tue mogli e i tuoi figli saranno condotti ai Caldei e tu non scamperai dalle loro mani, ma sarai preso e dato in mano del re di Babilonia e questa città sarà bruciata con il fuoco” (v.22,23).

Il re Sedekia garantì al profeta che non sarebbe morto ad una condizione: che non doveva rivelare il contenuto del colloquio ai capi del popolo e che, nel caso lo avessero consultato, egli avrebbe dovuto rispondere: “Ho presentato la mia supplica al re, perché non mi facesse ritornare nella casa di Gionathan, a morirvi” (v.26). Così accadde. Geremia quindi rimase tranquillo nel cortile della prigione fino a quando Gerusalemme fu presa dai babilonesi.

Dio avverte, riprende ed esorta ripetutamente al ravvedimento; inoltre consiglia ciò che è bene per noi, ma quante volte ubbidiamo alla sua voce? Induriamo il cuore alla sua parola, come fecero gli israeliti, ubbidendo alla voce del nemico, che annuncia falsamente benedizioni di ogni genere.

Quante volte ci sembra che camminiamo secondo il volere di Dio, ma non è così, perché i nostri occhi e le nostre orecchie sono abbagliate dalla carnalità dei nostri pensieri. Agli uomini piace sentire cose positive, anche se esse provengono dalla carne, ignorando o disprezzando ogni rimprovero spirituale, che appare negativo, ma che proviene da Dio. Dio ci riprende perché ci ama, Egli desidera che noi mettiamo in pratica la Sua parola, attenti a non ascoltiamo il falso che ci propone il nemico (Satana) ma vegliamo nello Spirito per discernere le cose che procedono da Dio che sono luce con le cose che provengono dalle tenebre.

Capitolo 39.

Dopo alcuni mesi di assedio Nebukadnetsar, re di Babilonia, con tutto il suo esercito entrò in Gerusalemme, compiendosi la profezia data a Geremia. Quando i babilonesi invasero la città, il re ed i guerrieri giudei scapparono, uscendo di notte e prendendo la via della pianura. L’esercito dei Caldei li inseguirono, poi prese Sedekia e lo condusse da Nebukadnetsar, che pronunciò la condanna, perché non si era arreso volontariamente a lui, come il profeta gli aveva consigliato. “Poi il re di Babilonia fece uccidere i figli di Sedekia sotto i suoi occhi a Riblah, il re di Babilonia fece pure uccidere tutti i nobili di Giuda; fece inoltre cavare gli occhi a Sedekia e lo fece legare con una doppia catena di bronzo per condurlo a Babilonia. I Caldei diedero alle fiamme la casa del re e le case del popolo, e demolirono le mura di Gerusalemme” (v.6-8).

Il capo delle guardie, Nebuzaradan, lasciò in Giuda tutti i più poveri del paese ed assegnò loro vigne e campi. Riguardo a Geremia fu dato ordine al capo delle guardie: “Prendilo, tieni i tuoi occhi su di lui e non fargli alcun male, ma comportati con lui come egli ti dirà” (v.12).

Quando il profeta si trovò nel fondo della cisterna piena di fango, Ebed-melek, l’etiope, parlò in favore di Geremia al re, consigliando di tirare fuori dal pozzo il profeta, perché se lo avesse lasciato lì, egli sarebbe sicuramente morto. Per questo Dio parlò al profeta, dichiarando che l’eunuco avrebbe visto avverarsi il male disposto per Giuda e per Gerusalemme, ma non sarebbe morto di spada e Dio gli avrebbe fatto dono della sua vita, perché aveva confidato nell’Eterno.

Dio ha sempre premiato chiunque confidi in Lui, dimostrando che fin dai tempi remoti la sua parola è Verace. L’Eterno non ha preferenza alcuna, non guarda il colore della tua pelle, né da che nazione o famiglia provieni, né la tua cultura o posizione sociale, ma solo il tuo cuore e in chi poni la tua fede e speranza: nelle bugie di Satana o nella verità del nostro Signore e Maestro, Gesù Cristo?

Solo in Gesù c’è la vita e la riceveresti se solo ti abbandonassi nelle sue mani completamente. Provaci e vedrai spalancarsi davanti a te, una nuova prospettiva reale, che mai avresti immaginato.

Capitolo 40.

Geremia, mentre si trovava ancora incatenato insieme a tutti quelli che dovevano essere portati in cattività in Babilonia, fu fermato da Nebuzaradan, capo delle guardie, che gli disse: “…L’Eterno, il tuo Dio, ha pronunziato questo male contro questo luogo. Ora l’Eterno l’ha portato a compimento e ha fatto come aveva detto, perché voi avete peccato contro l’Eterno e non avete ascoltato la sua voce. Perciò vi è accaduta una simile cosa. Ora ecco, oggi ti sciolgo dalle catene che hai alle mani; se ti fa piacere venire con me a Babilonia, vieni, e io avrò cura di te; ma se non ti fa piacere venire con me a Babilonia, rimani. Ecco, l’intero paese ti sta davanti; va’ dove ti piace e dove più ti fa comodo” (v.2-4).

Quante volte è capitato anche a noi, vedere come Dio usa persone a noi sconosciute, per aiutarci in alcune difficoltà o anche riprenderci per ciò che abbiamo fatto di sbagliato.

Così Dio usò il capo delle guardie babilonesi, estraneo al popolo di Dio, per attestare che quella situazione era la punizione preannunciata di Dio, per il peccato che avevano commesso e per non averlo ascoltato. Nebuzaradan sapeva che Geremia era un profeta dell’Eterno, liberò il profeta dalle catene e lo lasciò in Giuda, insieme ai più poveri del popolo, dandogli dei viveri ed un regalo.

“Allora Geremia andò da Ghedaliah,…a Mitspah, e dimorò con lui in mezzo al popolo che era rimasto nel paese” (v.6).

Su Giuda fu stabilito governatore Ghedaliah con l’affidamento di tutti quelli che non erano stati condotti in cattività a Babilonia. Quando i dispersi nei paesi vicini lo seppero, fecero ritorno in Giuda e Ghedaliah li esortò: “…Non abbiate timore di servire i Caldei, rimanete nel paese e servite il re di Babilonia e vi andrà tutto bene. Quanto a me, ecco, io rimarrò a Mitspah per tenermi a disposizione dei Caldei, che verranno da noi; ma voi raccogliete il vino, la frutta d’estate e l’olio, riponeteli nei vostri recipienti e rimanete nelle vostre città che avete occupato” (v.9,10).

Ghedaliah stava agendo secondo il comandamento dell’Eterno. Egli agiva per il bene del popolo, perché voleva che tutti fossero sottomessi al re Nebukadnetsar.

Accadde che Johanan ed i suoi seppero ed avvertirono Ghedaliah di una cospirazione: “Non sai che Baalis, re degli Ammoniti, ha mandato Ishmael, figlio di Nethaniah, per ucciderti?-. Ma Ghedaliah, figlio di Ahikam, non credette loro” (v.14).

Johanan stava esponendo la verità, proponendo anche un suo espediente per bloccarlo, purtroppo Ghedaliah non fu convinto, perché pensò diversamente. Dopo poco tempo il complotto realizzò il suo scopo ed il governatore, insieme al residuo di Giuda, rimasero vittime, come era stato previsto. Ghedaliah, nel rifiutare di ascoltare Johanan, non solo perse la sua vita, ma causò che anche altri giudei ed alcuni guerrieri caldei perirono insieme a lui.

Quante volte ci rendiamo colpevoli anche noi, non ascoltando la verità e preferendo la bugia di Satana, senza rendersi conto del male che facciamo a noi stessi ed agli altri. Consideriamo perciò ogni cosa, nella dovuta maniera, affidandoci a Dio.

Capitolo 41.

Molti giudei morirono insieme a Ghedaliah, uccisi da Ishmael, per ordine del re degli Ammoniti. I superstiti del popolo, dal più piccolo al più grande, si avvicinarono a Geremia, interpellandolo: “Deh, giunga la nostra supplica davanti a te e prega l’Eterno, il tuo Dio, per noi, per tutto questo residuo (perché di molti che eravamo siamo rimasti in pochi, come ti rendi conto con i tuoi stessi occhi), affinché l’Eterno, il tuo Dio, ci mostri la strada per la quale dobbiamo camminare e ciò che dobbiamo fare” (v.2,3)Geremia assicurò tutti che avrebbe pregato l’Eterno e che avrebbe fatto conoscere la sua risposta. Il popolo a sua volta, promise che avrebbe ubbidito a tutto quello che l’Eterno comandava loro, sia che fosse gradito o spiacevole, per godere del bene che Dio avrebbe fatto loro.

La risposta fu comunicata dopo dieci giorni dalla richiesta al profeta, che la trasmise a Johanan, ai capi ed a tutto il popolo presente, riferendo loro: “Così dice l’Eterno, il Dio d’Israele, al quale mi avete mandato perché gli presentassi la vostra supplica: -Se continuate a rimanere in questo paese, io vi stabilirò e non vi distruggerò; vi pianterò e non vi sradicherò; perché mi pento della calamità che ho fatto venire su di voi” (v.9,10).

Inoltre Dio incoraggiò il popolo a non temere il re di Babilonia, perché Egli stesso li proteggeva e li liberava, usando compassione verso di loro, come pure Nebukadnetsar. Se invece non avessero ubbidito, decidendo di andare a dimorare in Egitto e proclamando: “No, vogliamo andare nel paese d’Egitto, dove non vedremo la guerra né udremo squillo di tromba né soffriremo più fame di pane, e là dimoreremo”, allora “la spada che temete vi raggiungerà là, nel paese d’Egitto, e la fame di cui avevate paura vi si attaccherà addosso là in Egitto e là morirete” (v.16).

Ogni disubbidienza a Dio ha conseguenze disastrose.

Tutti quelli che preferirono ignorare gli avvertimenti divini, andando in Egitto, là sarebbero morti di spada, di fame o di peste; nessuno di loro sarebbe scampato. Come l’Eterno riversò la sua ira sugli abitanti di Gerusalemme, perché non vollero ascoltare e non si ravvidero dal loro peccato, così sarebbe accaduto anche a tutto il residuo rimasto, se incautamente si fossero rifugiati in Egitto, per paura del re di Babilonia. La mano di Dio avrebbe agito contro di loro, abbandonandoli alla esecrazione, alla desolazione ed alla maledizione, perché non avrebbero mai più visto la loro terra.

Dio invita, esorta con insistenza, perché non desidera che qualcuno si perda.

Sapendo molto bene che il popolo non lo avrebbe ascoltato, Dio mandava continuamente a loro ammonimenti attraverso i suoi profeti perché evitassero la sua ira. Gli ebrei sono stati ribelli e, quando hanno colmato la misura del peccato verso Dio; per la loro incredulità e disubbidienza alla fine furono abbandonati totalmente ad un lunghissimo esilio, dal 70 d.C. fino al 1948.

Il profeta Geremia, vedendo l’inganno usato dal residuo del popolo per conoscere il desiderio dell’Eterno, con tanto amore li ammonisce, dicendo: “O residuo di Giuda, l’Eterno vi dice: -Non andate in Egitto!- Sappiate bene che oggi vi ho solennemente avvertiti. Voi avete usato inganno contro voi stessi, quando mi avete mandato dall’Eterno, il vostro Dio, dicendo: -Prega per noi l’Eterno, il nostro Dio, e tutto ciò che dirà l’Eterno, il nostro Dio, fallo sapere a noi fedelmente, e noi lo faremo-. Io ve l’ho fatto sapere oggi; ma voi non ubbidite alla voce dell’Eterno, il vostro Dio, né a nulla di ciò che vi ha mandato a dire per mezzo di me. Or dunque sappiate bene che voi morirete di spada, di fame e di peste, nel luogo in cui desiderate andare a dimorare” (v.19-22).

Anche oggi, quante persone Dio usa per avvertirci di ritirarci da ciò che consideriamo o pensiamo con la nostra mente che sia giusto, ma in realtà non lo è. Non facciamo anche noi come il popolo ebreo, che si rifiutò di ascoltare la voce del suo Creatore, per essere poi allontanati e abbandonati da Dio. Anche nel tempo della Grazia, Dio è paziente, pietoso, lento all’ira e di grande benignità, ma ha fissato un limite ed un tempo, dove la sua ira si riverserà contro tutti gli empi.

Il popolo ebreo fu infedele e non mise in pratica i comandamenti dell’Eterno; per questo Dio li scacciò molte volte da Israele, la terra che aveva dato loro per eredità, scacciando davanti a loro le nazioni gentili (Gdc.11:24; Slm.44:2), il primo esilio fu quello assiro per Israele, seguì quello babilonese per Giuda e per Gerusalemme. Alla fine Dio decretò una cattività della durata di 62 settimane per entrambi i regni, essi furono abbandonati nelle mani dei loro nemici, come era già avvenuto per le altre deportazioni.

Prendiamo esempio dal popolo scelto e non comportiamoci come loro, disubbidendo a Dio, perché se loro sono stati abbandonati pur essendo l’eredità dell’Eterno, che ne sarà di noi? “O uomo, egli ti ha fatto conoscere ciò che è bene; e che altro richiede da te l’Eterno, se non praticare la giustizia, amare la misericordia e camminare umilmente col tuo Dio?” (Mich.6:8). Il Signore chiede quindi principalmente ubbidienza, amare e praticare i suoi insegnamenti, anche a noi. Se l’amassimo e mettessimo in pratica i suoi comandamenti, anche per noi varrebbe la promessa fatta a Israele: “…uso benignità a migliaia verso quelli che mi amano e osservano i miei comandamenti” (Deut.5:10).

Capitolo 42.

“Tutti i capi delle forze, Johanan, figlio di Kareah, Jezaniah, figlio di Hoshaia, e tutto il popolo, dal più piccolo al più grande, si avvicinarono, e dissero al profeta Geremia: “Deh, giunga la nostra supplica davanti a te e prega l’Eterno, il tuo Dio, per noi, per tutto questo residuo (perché di molti che eravamo, siamo rimasti in pochi, come ti rendi conto con i tuoi stessi occhi)” (v.1,2).

I superstiti di Giuda, quando videro che Dio aveva mandato ad effetto quello che era stato loro annunziato dal profeta, chiesero aiuto, affinché Dio mostrasse loro cosa dovevano fare e come avrebbero dovuto camminare per essere graditi all’Eterno.

Il profeta Geremia rispose loro che avrebbe pregato e, appena ottenuta la risposta da Dio, l’avrebbe fatta conoscere al popolo. Tutti promisero a Geremia che avrebbero ubbidito alla voce dell’Eterno, qualunque fosse stata la risposta, gradevole o sgradevole. “Dopo dieci giorni, la parola dell’Eterno fu rivolta a Geremia” (v.7)Il profeta parlò al popolo, riportando tutto quello che Dio aveva disposto secondo il suo volere, che dovevano restare nel loro paese, senza aver paura del re di Babilonia, perché Dio era con loro per salvarli e liberarli, aggiungendo: “Io vi userò misericordia, affinché egli vi usi misericordia e vi faccia ritornare nel vostro paese” (v.12).

Dio conosceva molto bene il suo popolo che era dal collo duro e non avrebbe ascoltato le sue parole perciò li avvertì: “ebbene, ascolta allora la parola dell’Eterno, o residuo di Giuda! Così dice l’Eterno degli eserciti, il Dio d’Israele: Se avete veramente deciso di andare in Egitto e vi andate per stabilirvi, la spada che temete vi raggiungerà là, nel paese d’Egitto, e la fame di cui avevate paura vi si attaccherà addosso là in Egitto e là morirete” (v.15,16).

L’ira dell’Eterno li avrebbe raggiunti anche in Egitto e nessuno di loro sarebbe scampato, ma sarebbero morti di spada, di fame e di peste, come tutti gli altri, colpiti da re di Babilonia.

Il profeta Geremia, vedendo che il popolo non dava ascolto, rivolse la parola a tutti i superstiti di Giuda avvertendoli: “Voi avete usato inganno contro voi stessi, quando mi avete mandato dall’Eterno, il vostro Dio, dicendo: – Prega per noi l’Eterno, il nostro Dio, e tutto ciò che dirà l’Eterno, il nostro Dio, fallo sapere a noi fedelmente, e noi lo faremo” (v.20).

Un popolo ribelle alla voce dell’Eterno, preferì disubbidire a Dio, non dando ascolto al profeta, che concluse: “Or dunque sappiate bene che voi morirete di spada, di fame e di peste, nel luogo in cui desiderate andare a dimorare” (v.22).

Capitolo 43.

Geremia era odiato da tutti, perché non pronunciava mai quello che loro desideravano che dicesse, perciò, dopo aver ascoltato le parole dell’Eterno riferite da Geremia, tutti i superbi del popolo esclamarono: “…Tu dici il falso; l’Eterno, il nostro Dio, non ti ha mandato a dire: -Non andate in Egitto per dimorarvi” (v.2)Accusarono Geremia, insieme a Baruk, di dire il falso perchè l’Eterno non gli aveva detto che non dovevano andare in Egitto, di esporli alla morte o di essere condotti in cattività a Babilonia. Così tutti i superstiti di Giuda, ritornati d tutte le nazioni dove erano dispersi, decisero di andare in Egitto per scampare dalle mani del re di Babilonia. Raccolsero tutti i superstiti e coloro che erano tornati in Giuda dalle nazioni dove erano dispersi compreso il profeta Geremia e Baruc: “…ed entrarono nel paese d’Egitto, perché non ubbidirono alla voce dell’Eterno; e giunsero a Tahpanes” (v.7).

Nessuno può nascondersi alla giustizia di Dio, quando non si dà ascolto alla sua parola, pensando che non gli accadrà nulla o che non sia la verità, perché siamo abituati ad ascoltare quello che proviene dall’uomo e non da Dio, e che a fa piacere alla nostra carne.

Ricordiamo che anche se oggi siamo sotto la Grazia, questo non significa che siamo ritenuti giusti e quindi salvati dalla misericordia di Dio per qualsiasi mancanza compiuta. Certamente non avverrà quello che il popolo ebreo ha subito per la sua disubbidienza, ma i disubbidienti, i ribelli, gli increduli, gli empi, i bugiardi, ecc. saranno sottoposti al giudizio alla fine dei tempi e comunque ognuno di noi è responsabile di ogni parola oziosa od opera carnale, perché dobbiamo rendere conto di tutto il nostro comportamento. Di conseguenza agiamo con fede, ma con prudenza e soprattutto con timor di Dio imparando ad ascoltare lo Spirito.

Notiamo cosa avvenne al popolo ribelle, che non volle ascoltare i consigli di Dio, perché credeva di essere al sicuro e lontano da Nebukadnetsar, mettendosi in salvo in Egitto, mentre proprio lì, Dio preparò la loro sconfitta. Infatti Dio disse a Geremia di prendere delle grosse pietre e di nasconderle nella fornace, all’ingresso della casa del Faraone, davanti agli occhi di quelli di Giuda: “…Quindi dirai loro: Così dice l’Eterno degli eserciti, il Dio d’Israele: Ecco, io manderò a prendere Nebukadnetsar, re di Babilonia, mio servo, e porrò il suo trono su queste pietre che io ho nascosto, ed egli stenderà il suo padiglione reale sopra di esse. Egli verrà e colpirà il paese d’Egitto, e manderà alla morte chi è destinato alla morte, alla cattività chi è destinato alla cattività e alla spada chi è destinato alla spada” (v.9-11).

Il residuo di Giuda, aveva paura del re Nebukadnetsar e perciò si rifugiarono in Egitto, ma Dio mandò proprio il re babilonese, che loro temevano, contro gli egiziani. Dio permise al re di Babilonia di incendiare i templi degli dèi d’Egitto, portando via i loro idoli e uscì dall’Egitto in pace, senza subire alcuna perdita, perché Dio era con lui. Il re Nebukadnetsar agiva per comando di Dio, egli ubbidì alla sua volontà e distrusse Gerusalemme ed ancora, per ordine di Dio, distrusse l’Egitto e tutti i suoi idoli.

L’ira di Dio era contro i giudei che adoravano il dio sole (Ez.8:16).

Dio aveva anticamente parlato per mezzo dei suoi servi, annunciando: “Io distruggerò i vostri alti luoghi, abbatterò i vostri idoli e getterò i vostri cadaveri sulle sagome senza vita dei vostri idoli; e vi detesterò” (Lev.26:30). La disubbidienza del suo popolo fu molto grande, Dio usò il re di Babilonia per devastare con la spada, per distruggere col fuoco e per sterminare la peste; i superstiti furono portati in cattività in Babilonia, dove servirono gli stranieri per settanta anni. Con Gerusalemme fu punito anche l’Egitto, che con i suoi idoli aveva fatto peccare anche il suo popolo. Infatti l’adorazione al dio sole, praticata in Egitto, fu seguita anche dagli ebrei. “Frantumerà pure le colonne sacre del tempio del sole, che sono nel paese d’Egitto, e darà alle fiamme i templi degli dèi d’Egitto” (v.13).

Capitolo 44.

Attraverso Geremia, Dio comunicò a tutti quei giudei, che si erano rifugiati in Egitto, di riflettere sulle condizioni disastrose e desolanti in cui si trovavano le città di Giuda e Gerusalemme, senza alcun abitante. Tale situazione era dovuta alla loro ostinazione a non dare ascolto ai rimproveri ed ai consigli divini nel convertirsi e non continuando a servire altri dèi, che non conoscevano, causando l’ira di Dio contro di loro.    “Eppure io vi ho mandato tutti i miei servi, i profeti, con urgenza ed insistenza a dirvi: -Deh, non fate questa cosa abominevole che io odio-. Ma essi non hanno ascoltato né hanno prestato orecchio, in modo da ritrarsi dalla loro malvagità, smettendo di bruciare incenso ad altri dèi” (v.4,5).

Loro continuarono a provocare l’Eterno con le immagini scolpite di idoli egiziani, dimenticando il Vero Dio ed Egli perciò rese le città di Giuda e Gerusalemme deserte ed una rovina. Dio aggiunse un’esortazione: “Perché mi provocate ad ira con l’opera delle vostre mani, bruciando incenso ad altri dèi nel paese d’Egitto dove siete venuti a dimorare? Così vi farete sterminare e diventerete una maledizione e un obbrobrio fra tutte le nazioni della terra” (v.8).

Malgrado tutti gli avvertimenti da parte dei profeti di Dio, il popolo non ascoltò e non ebbe timore per ritrarsi indietro dalle malvagità che commettevano: “Fino ad oggi non si sono pentiti né hanno avuto timore né hanno camminato secondo la mia legge e secondo i miei statuti, che io posto davanti a voi e ai vostri padri” (v.10).

Dopo averli ammoniti, Dio volse la sua faccia contro tutti i rifugiati in Egitto, che lo ritenevano un luogo lontano dagli obiettivi del re di Babilonia e quindi considerato sicuro, ma per opera dell’Eterno fu proprio per mano del re Nebukadnetsar che i profughi di Giuda, dal più piccolo al più grande, morirono di spada, di fame e di peste. Infatti la parola dell’Eterno dichiarò che “punirò quelli che dimorano nel paese d’Egitto, come ho punito Gerusalemmenon si salverà né scamperà nessuno del resto di Giuda, che è venuto a dimorare nel paese d’Egitto, per ritornare poi nel paese di Giuda, dove essi desiderano ardentemente ritornare per dimorarvi; ma essi non vi ritorneranno ad eccezione di alcuni scampati” (v.13,14).

Tutti gli uomini che vivevano in Egitto, sapendo che le loro mogli offrivano profumi agli dèi, col consenso dei mariti, risposero a Geremia: “Quanto alla parola che ci hai detto nel nome dell’Eterno, non ti ascolteremo, ma intendiamo fare tutto ciò che è uscito dalla nostra bocca, bruciando incenso alla Regina del cielo e versandole libazioni come abbiamo fatto noi, i nostri padri, i nostri re e i nostri principi nelle città di Giuda e per le vie di Gerusalemme, perché allora avevamo pane in dai abbondanza, stavamo bene e non vedevamo alcuna sventura” (v.17).

Una piccola riflessione su quest’ultimo verso, perché una simile risposta a quella che i giudei diedero a Geremia, è molto spesso citata oggi proprio dalle persone mature, legate alla tradizione, quando noi presentiamo Cristo, come unico Salvatore e Signore. Anzi ribadiscono con orgoglio di continuare a credere ed a confidare come insegnato e praticato i loro propri genitori ed affermano che a loro non manca alcuna cosa e di stare bene, per cui si dimostrano riluttanti a cambiare, perché non comprendono la verità spirituale.

Molti, come i giudei, credono che il loro benessere dipenda solo dalle preghiere recitate ai santi (idoli), dimenticando che la fede deve essere posta in Dio solo, unico Creatore e in Gesù Cristo, Colui che ha dato la sua vita per cancellare i nostri peccati. Altri confidano esclusivamente dal loro impegno, intelletto o capacità senza rendersi conto che sono disgraziati, miserabili, poveri, ciechi e nudi (Apoc.3:17) di ogni cosa che procede da Dio.

Gli ebrei credevano che la loro prosperità derivasse dall’offrire profumi, fare delle libazioni e delle focacce con l’immagine della Regina del cielo. La loro convinzione era basata sulla pratica continua di questi riti, tanto che quando essi cessavano di eseguirli, la sventura li colpiva. Per cui erano portati a pensare, per abitudine, che la spada, la fame e la peste erano conseguenza del loro disinteresse o della trascuratezza nell’adorazione agli dèi, anziché a Dio.

Il nemico della nostra anima ha sempre un solo obbiettivo principale, quello di essere adorato, per cui usa gli stessi metodi ingannevoli, per illudere, confondere e convincere con bugie, arrivando a sedurre in modo subdolo tutti quelli che preferiscono la ribellione all’ubbidienza a Dio. Oggi Satana perseguita coloro che rivolgono l’adorazione solo a Dio, in spirito e verità. Alla fine, il tentatore riuscirà ad attirare moltissimi a sé, perché Dio gli permetterà di circuire tutti gli abitanti della terra e di farsi adorare al posto del vero Dio; tutto questo per soli 1260 giorni, periodo dichiarato e conosciuto come della grande tribolazione per tutto il mondo.

Dopo il re Giosia, definito giusto davanti a Dio ed ubbidiente alla legge di Mosè (2Cron.34:2), il popolo giudeo si allontanò dal servire l’Eterno, che li avvertì ripetutamente del loro peccato, tramite i suoi messaggeri. Dio chiedeva il loro ravvedimento per risparmiarli dalla Sua ira, ma essi arrivarono al colmo ed oltrepassarono il limite posto da Dio, dove non c’era più rimedio (2Cron.36:15,16): “Anche tutti i capi dei sacerdoti e il popolo peccarono sempre di più seguendo tutte le abominazioni delle nazioni e contaminarono la casa dell’Eterno, che egli aveva santificato a Gerusalemme” (2Cron. 36:14).

Geremia parlò al popolo dicendo: “Non si è forse l’Eterno ricordato e non gli è venuto in mente l’incenso che avete bruciato nelle città di Giuda e per le vie di Gerusalemme, voi, i vostri padri, i vostri re, i vostri capi e il popolo del paese? L’Eterno non l’ha più potuto sopportare, a motivo della malvagità delle vostre azioni e a motivo delle abominazioni che avete commesso…Perché voi avete bruciato incenso e poiché avete peccato contro l’Eterno e non avete ascoltato la voce dell’Eterno e non avete camminato secondo la sua legge, i suoi statuti e i suoi precetti, perciò vi è venuta addosso questa calamità, come oggi si vede” (v.21,23).

Poi Geremia si rivolse a tutto il popolo e proclamò la parola dell’Eterno, alle donne ed agli uomini, che si trovavano in Egitto, perché affermarono di voler adempiere i voti fatti alla regina del cielo e li effettuarono: “…Ecco, io l’ho giurato per il mio grande nome, dice l’Eterno, che in tutto il paese d’Egitto il mio nome non sarà più invocato dalla bocca di alcun uomo di Giuda che dica: -Il Signore, l’Eterno, vive!- Ecco, io vigilo su di loro per il loro male e non per il loro bene; e tutti gli uomini di Giuda che sono nel paese d’Egitto saranno consumati dalla spada e dalla fame, fino alla loro completa distruzione” (v.26).

Un piccolo numero di giudei, scampati dalla spada, ritornò in Giuda ed essi riconobbero che era stato l’Eterno a mandare contro di loro il re di Babilonia, come era stato annunciato dal profeta Geremia, specificando anche tutto il male che Dio avrebbe mandato loro, se non si fossero ravveduti dalla loro malvagità.

“E questo sarà per voi il segno, dice l’Eterno, che io vi punirò in questo luogo affinché sappiate che le mie parole contro di voi si compiranno veramente per vostra sciagura-. Così dice l’Eterno: -Ecco, io darò il Faraone Hofra, re d’Egitto, in mano dei suoi nemici, in mano di quelli che cercano la sua vita, come ho dato Sedekia, re di Giuda, in mano di Nebukadnetsar, re di Babilonia, suo nemico, che cercava la sua vita” (v.29,30).

Capitolo 45.

Quando il profeta Geremia dettò a Baruk le parole che l’Eterno gli aveva dichiarato per scriverle in un libro, rivelò anche una promessa divina per lo scriba: “Tu dici: -Guai a me, perché l’Eterno aggiunge afflizione al mio dolore; io sono stanco di gemere e non trovo riposo-. Così dirai a lui: Così dice l’Eterno: Ecco io demolirò ciò che ho edificato e sradicherò ciò che ho piantato, e questo in tutto il paese” (v.3,4).

Dio aveva decretato il male contro il suo popolo ribelle, anche se Egli è colui che ha scelto Israele e Giuda per sua eredità. Per la loro grande malvagità era giunta l’ora dell’ira di Dio e tutta la calamità stabilita per Giuda e per Gerusalemme sarebbe arrivata presto su di loro.

Baruk, sapendo delle sciagure imminenti, si lamentava perché i rifugiati giudei lo perseguitavano, come facevano con il profeta Geremia.

Dio gli assicurò che la sua stessa vita gli era data come premio: “E tu cercheresti grandi cose per te? Non cercarle perché, ecco, io farò venire sciagura sopra ogni carne-, dice l’Eterno, -ma a te darò la tua vita come bottino in tutti i luoghi dove tu andrai” (v.5)

(continua)