Introduzione.

Geremia fu il profeta che più di tutti gli altri predisse l’esilio babilonese di Giuda e di Gerusalemme. Egli soffrì molte prove. Il popolo non gli credeva, perché preferiva confidare nei falsi profeti, che annunciavano la pace entro due anni ed affermavano che il re di Babilonia non li avrebbe sconfitti.

Geremia invece profetizzò la desolazione, che presto Dio avrebbe mandato su Giuda e su Gerusalemme, se non si fossero ravveduti dalle loro malvagità; ma essi non ascoltarono la parola dell’Eterno scegliendo di seguire la perversità del loro cuore, “…Hanno rinnegato l’Eterno e hanno detto: -Non esiste; nessun male ci verrà addosso; non vedremo né spada né fame. I profeti non sono che vento, e in loro non c’è la Parola di Dio. Quel che minacciano sia fatto a loro!” (Ger.5:12,13, vers. Diodati).

Geremia, come tutti gli altri profeti, rivelò anche l’esilio delle 62 settimane predette dal profeta Daniele (9:25), ossia la devastazione e l’annientamento dello Stato di Israele con la distruzione di Gerusalemme, avvenuta circa 70 anni dopo la nascita del Messia, ad opera dei romani, dove i superstiti furono dispersi tra le nazioni, loro nemiche.

Israele respinse gli avvertimenti dei profeti che Dio mandava loro invitandoli al ravvedimento dalle loro colpe. Essi indurirono il loro cuore, credendo alle menzogne dei falsi profeti, arrivando perfino a percuotere Geremia ed a rinchiuderlo in prigione.

La profezia di Geremia iniziò durante il regno del re Giosia fino alla sua esecuzione “E ora ho dato tutti questi paesi in mano di Nebukadnetsar, re di Babilonia, mio servo; a lui ho pure dato le bestie della campagna perché lo servano” (Ger.27:6), conclusasi con l’esilio dei Giudei, al tempo del regno di Sedekia, ultimo re di Giuda.

Avvenuta la deportazione in Babilonia, Geremia fu liberato dalla prigione e il re babilonese gli concesse piena libertà di andare dove egli volesse, sia in Egitto che in Giuda. Durante la reclusione il profeta si trovò in gravi difficoltà suscitando in lui il desiderio di morire anziché vivere in quel modo.

Dio rivelava la sua volontà ai profeti parlando loro direttamente e chiaramente oppure esponendola in parabole e in similitudini, ma anche attraverso visioni divine, i profeti venivano anche rapiti dallo Spirito e trasportati nel luogo dove mostrava loro ciò che desiderava attraverso la conoscenza; la visione poteva avvenire di giorno come di notte, mentre il profeta dormiva, in sogno.

Dio usò grandemente Geremia, L’Eterno rivelò alcune profezie in visioni al profeta.

La profezia era indirizzata direttamente in modo che tutto il popolo capisse, quando il compimento era per quella stessa generazione, oppure in similitudini se gli eventi profetici erano indirizzati alle future generazioni, esempio ai tempi di Geremia, Dio diede a conoscere tutti gli eventi della cattività babilonese in modo chiaro, mentre le profezie che avranno compimento dopo questo periodo sono state date ai profeti non più in modo che tutti capissero ma usando similitudini, parabole e enigma: Ezechiele esclamò: “Ah, Signore, Eterno, Essi dicono di me: -Costui non parla forse in parabole?” (Ez.21:5; 17:2; “Ho parlato ai profeti, ho moltiplicato le visioni e per mezzo dei profeti ho usato similitudini“ Osea 12:11; Prv.1:6; Gv.16:23). Gesù spiegò ai suoi discepoli il motivo per cui parlava al popolo in parabole, dicendo:

“Perciò io parlo loro in parabole, perché vedendo non vedano, e udendo non odano né comprendano” (Mt.13:13-15).A voi è dato di conoscere i misteri del regno di Dio; ma agli altri essi sono proposti in parabole, affinché vedendo non vedano e udendo non intendano” (Lc.8:10), ecco perché le parabole si concludono con “Chi ha orecchi da udire, oda!”.

Gesù confermò quello che era stato profetizzato dal salmista (Slm.78:2), “Gesù disse alle folle tutte queste cose in parabole; e parlava loro solo in parabole, affinché si adempisse ciò che fu detto dal profeta: -Io aprirò la mia bocca in parabole e rivelerò cose nascoste fin dalla fondazione del mondo” (Mt.13:34,35).

Solo attraverso lo Spirito Santo, ascoltandolo si ha conoscenza delle Scritture; lo Spirito parla al nostro spirito e non attraverso la mente che è carnale.

Il cuore del popolo era divenuto insensibile ed erano diventati duri di orecchi e ciechi spiritualmente (Mt.13:15); farisei, sacerdoti e scribi avevano chiusi gli occhi per non vedere, a tal punto che non riconobbero neppure il Messia, perché camminavano nell’orgoglio, nella formalità della tradizione e nella carnalità. Le parabole erano presentate a loro, affinché non intendessero spiritualmente ciò che le Scritture ed i profeti dichiaravano su tutti gli avvenimenti futuri: su Giovanni Battista, riguardo il Messia, della distruzione di Israele, profetizzato circa 500 anni prima di Cristo e dl tutti gli eventi della fine, dagli ultimi anni della grande Tribolazione, le grandi guerre prima e dopo il millennio, tutti gli avvenimenti dei mille anni di pace e prosperità per Israele.

Alcune indicazioni sul contenuto profetico.

Le profezie degli avvenimenti futuri per quell’era erano dati in similitudini. Fatti, luoghi e personaggi sono indicati con quelli contemporanei all’epoca della rivelazione, ma si riferiscono ad altrettante circostanze future, rilevabili per attinenza di opere compiute dal soggetto, oppure di incarichi riconosciuti al personaggio del verso in esame. Questo metodo è usato soprattutto perché non sia riconosciuta la profezia a chi opera secondo la carne. Ad esempio, i nomi di personaggi come Gesù, Giovanni Battista ed altri sono sostituiti con quelli che erano presenti e conosciuti in quel tempo.

Come già spiegato, le profezie sono esposte in similitudini, perché i messaggi siano nascosti o incomprensibili a chi li esamina in modo carnale (con la mente umana). Infatti è impossibile con la razionalità ed intelligenza d’uomo capire ciò che è dettato dallo Spirito (Rom.8:6,7), per la conoscenza delle Scritture occorre una mente spirituale.

Alcuni esempi di riferimenti ad altri personaggi: Davide, re di Israele con Gesù, il Re di Israele (Gv.12:13; Lc.1.32,33); Eliakim, il prefetto del palazzo del re, ossia il capo (2Re 19:2; Is.22:20) con Gesù, il capo della chiesa (Ef.1:22; Ebr.3:6); Zorobabel, costruttore del tempio terreno di Dio con Gesù, costruttore del tempio spirituale di Dio (Zac.6:12). Anche il ruolo, come Servo (Is.22:20; 42:19; 43:10; 49:6; 50:10; 52:13; Fil.2:7) o di Figlio (Slm.2:6,7; Atti 13:33; Ebr.1:5; 5:5; Lc.9:35) o tramite popoli, nazioni come Israele (Osea 11:1; Mt.2:15) identificano Gesù, il Messia.

Le profezie non si trovano scritte in ordine cronologico di tempo, dalla nascita di Israele al millennio. Un capitolo può iniziare con la diaspora, avvenuta nel 70 d.C. e terminare con il principio della nascita di Israele. Non viene rispettata l’esposizione sequenziale dei fatti. Infatti in uno stesso capitolo la descrizione di più profezie può avvicendarsi alternativamente in uno o più versi consecutivi, usando anche per i verbi, tempi diversi per riferire episodi già avvenuti o che avverranno.

Ogni verso ha un proprio soggetto profetico: la venuta del Messia, l’esilio babilonese, la nascita di Israele, il peccato del popolo, la diaspora delle 62 settimane, la ricostruzione dello Stato di Israele dopo l’esilio, gli ultimi sette anni, le guerre, la fine della bestia e dell’anticristo con tutti loro eserciti, il millennio di pace, la fine di Satana nello stagno di fuoco e zolfo e il giudizio finale. Ognuno sarà giudicato per le opere fatte sulla terra, sia in bene che in male, per essere destinato alla morte o alla vita eterna.

Ricordiamo di nuovo che la forma usata per presentare gli avvenimenti è in parabole, perché non è dato a tutti di intendere. Infatti non può capire le cose spirituali, chi agisce secondo il proprio discernimento, usando la ragione o la propria intelligenza. Questo procedimento purtroppo è diventato un’abitudine comune nell’ultimo periodo, della chiesa di Laodicea, dove l’angelo della chiesa o stella è ripreso proprio da Gesù per il suo orgoglio. Allo stesso modo, il singolo componente della stella, ricevendo altrettanti insegnamenti, crede di essere nel giusto o di conoscere la verità, mentre in realtà è definito come l’angelo o il rappresentante: disgraziato, miserabile, povero, cieco e nudo (Apoc.3:16,18), perché non ha preso più dell’oro raffinato col fuoco, la Parola, da Gesù, ma si attiene ai principi imparati, rimanendo tiepido.

Le profezie rimangono incomprensibili a tanti increduli, solo a chi studia con cura, applicandosi con una mente spirituale, ossia affidandosi alla guida dello Spirito, gli è dato di capire chiaramente e bene il significato preciso.

La stessa Parola profetica, indirizzata a Daniele, lo conferma: “Ma tu, Daniele, tieni nascoste queste parole, e sigilla il libro fino al tempo della fine; molti lo studieranno con cura e la conoscenza aumenterà” (Dan.12:4, vers. Diodati).

Le profezie degli avvenimenti relativi al periodo della Grazia, ai tempi del profeta Daniele, erano ancora da tenere nascoste e sigillate. Giunto il tempo della fine (il periodo della Grazia) il libro profetico non doveva più essere sigillato (impenetrabile), ma essere aperto a tutti i credenti e molti studieranno il contenuto con cura e così la conoscenza aumenterà. Confermato da Gesù anche al profeta ed apostolo Giovanni, “…-Non sigillare le parole della profezia di questo libro, perché il tempo è vicino” (Apoc.22.10).

Riteniamo per questo motivo che molti fedeli studiosi ed osservanti della Parola di Dio, dovrebbero capire le profezie per arrivare alla verità, tramite la conoscenza e la fede e, se si applicassero alla lettura delle Scritture in modo spirituale, non rimarrebbero tiepidi.

Nelle profezie, molte volte, Dio si rivolge al suo popolo in modo duro, perché li ama, come il profeta riporta: “…chi tocca voi tocca la pupilla del suo occhio” (Zac.2:8) e come un padre esorta, riprende e corregge o castiga i propri figli per educarli al bene. Gli israeliti furono ribelli e disubbidienti alla sua Parola, turandosi i loro orecchi, per non ascoltare la verità e preferire le menzogne dei falsi profeti di Baal al vero ed unico Dio, il Creatore di tutto.

L’inganno e l’abilità di Satana è quello di mostrare il falso come vero e viceversa, presentandolo dal lato positivo, utile e buono, perché sfrutta a suo vantaggio e con astuzia le tendenze umane, condizionandone le scelte e manipolando i pensieri attraverso i desideri ed i piaceri umani. E’ tramite la carnalità ed i punti deboli di ognuno, che il nemico delle nostre anime agisce ed induce all’errore ed al peccato, influendo sulla volontà umana. Egli conosce i difetti e le paure personali dal nostro modo di comportarci, di reagire e soprattutto dalle nostre espressioni verbali. Inoltre, per esperienza, sa quello che il popolo vuole sentirsi dire, che l’uomo desidera essere elogiato e non ammonito, che aspira alle ricchezze, al successo ed a quello che vede con i suoi occhi, rinunciando ai valori, principi ed ideali di vita, per beni materiali e passeggeri, anziché alle cose eterne e spirituali, che sono migliori e nascoste agli occhi.

Israele non volle camminare secondo i comandamenti di Dio ed agì secondo la caparbietà del proprio sentimento; non ascoltò i profeti di Dio, che invitavano a ravvedersi dal peccato, di tornare all’Eterno, di non adorare idoli stranieri, di abbandonare i riti e le tradizioni pagane e seguire lo Spirito, mettendo in pratica le leggi dell’Eterno, bensì continuò ad ascoltare i profeti di Baal (Satana) che affermavano falsità proclamando benedizioni divine e che nessun male sarebbe arrivato, perché la presenza di Dio era sopra di loro.

Nella nostra epoca e nel mondo avviene la stessa cosa; tutti cercano di soddisfare i piaceri della carne, che il nemico spirituale propone, così distratti dalle cose di questo mondo, non si preoccupano minimamente di cercare la verità, la salvezza ed il benessere dell’anima, come si cerca dell’oro, avendo ancora la possibilità ed il tempo per farlo, perché poi accadrà che, come Gesù avverte, “Una volta che il padrone di casa si è alzato ed ha chiuso la porta, voi allora, stando di fuori, comincerete a bussare alla porta dicendo: -Signore, Signore, aprici-. Ma egli, rispondendo vi dirà: -Io non so da dove venite” (Lc.13:25).

Bisogna perciò vegliare (Mrc.13:37; 14:38; Ef.6:18), che non significa non dormire, perché non è riferito al corpo, ma allo spirito ed all’anima. Vegliare corrisponde a pregare in ogni tempo (Lc.18:1), a santificarci, allontanandoci da ogni forma di malvagità e di mondanità. E’ come sentirci stranieri in questo mondo, perché la nostra dimora e cittadinanza è nei cieli (Fil.3:20). Vivere in pace ed in comunione col Signore, pensando che siamo in affitto in casa nostra e che tutto ciò che abbiamo è in prestito, perché, niente di quello che possediamo è nostro, ma di Dio, che è il padrone universale (1Cor.3:21-23), quindi ne usufruiamo per un breve tempo, perché “Non abbiamo infatti portato nulla nel mondo, ed è chiaro che non possiamo portarne via nulla” (1Tmt.6:7).

Oggi per il cristiano è molto difficile annullare la mente carnale, specialmente quando si leggono e si studiano le Scritture, perché ci hanno insegnato e siamo stati abituati ad elaborare tutto con la nostra intelligenza. Al contrario, per essere ritenuti spirituali dobbiamo avere la mente di Cristo (1Cor.2:16), imparando ad ascoltare lo Spirito Santo, avere un’intelligenza sana, pura e non contaminata o influenzata da qualsiasi pensiero derivante dal mondo.

Un ottimo consiglio: “Certo tutto è puro per i puri, ma niente è puro per i contaminati e gli increduli; anzi, sia la loro mente che la loro coscienza sono contaminate” (Tito 1:15.).

Credere nella verità svelata, investigando le Scritture con la mente di Cristo, è fondamentale, perché si riceve certezza (Ebr.11:1), sicurezza, aumenta il timore di Dio e la nostra fede.

Come fare per conoscere la mente di Cristo?

Umiliandoci, nel senso di abbassare noi stessi, annullando principalmente il nostro orgoglio ed il nostro pensiero da ogni ragionamento carnale. Allora possiamo imparare ad ascoltare solo ciò che proviene dallo Spirito Santo, che ci insegna ogni cosa, attraverso il nostro spirito, il soffio dato da Dio, l’unico mezzo di comunicazione con Lui. Sapendo ascoltare lo Spirito, possiamo conoscere le cose appartenenti a Dio. Per questo motivo, Gesù, più volte alla presenza dei suoi discepoli, raccomanda: “Chi ha orecchi da udire, oda” (Mt.13:9; Mrc.7:16; Lc.8:8).

La regola è, sempre ascoltare lo Spirito Santo, riguardo alle cose di Dio. Mai dipendere dalla nostra intelligenza carnale, che si basa su ciò che vediamo con i nostri occhi o sulla nostra esperienza materiale; escludiamo anche le regole di studio proposte dagli scienziati e la nostra ingegnosità e fantasia.

Se leggessimo, usando la nostra capacità di intendere, tutte le profezie apparirebbero come un libro incomprensibile, perché il nostro intendimento carnale non è in grado di capire e di spiegare le cose spirituali. Quello che Dio rivelò al suo popolo scelto, vale anche per tutte le altre menti carnali: “Ogni visione profetica è divenuta per voi come le parole di un libro sigillato che si dà a uno che sappia leggere, dicendo: -Ti prego, leggi questo!-, ma egli risponde: -Non posso, perché è sigillato. Oppure come un libro che si dà a uno che non sa leggere, dicendo: -Ti prego, leggi questo!-, ma egli risponde: -Non so leggere-.” (Is.29:11,12).

Dio, tramite il profeta Sofonia avvertì il suo popolo dicendo: “Cercate l’Eterno voi tutti, umili della terra, che praticate la sua legge. Cercate la giustizia, cercate l’umiltà! Forse sarete nascosti nel giorno dell’ira dell’Eterno” (Sof.2:3).

Come esorta il popolo di Israele, che Dio chiama sua eredità (Slm.33:12; 78:71), a cercare l’umiltà, perché: “Forse sarete nascosti nel giorno dell’ira dell’Eterno”, così Gesù invita tutti a vegliare, per scampare a tutte le cose che accadranno fra breve, quando l’ira di Dio si accenderà contro tutti gli abitanti del mondo, dandoli completamente nelle mani di Satana (la bestia Apoc.13). Oggi più che mai, ritrovandoci a pochi anni dalla chiusura della Grazia (termine dei sette periodi o chiese), siamo invitati a vegliare e pregare per scampare al terrore degli ultimi sette anni; se non saremo rapiti alla fine compariremo al giudizio per essere gettati nello stagno di fuoco che arde con zolfo (Apoc.20:15).

Vegliate dunque, pregando in ogni tempo, affinché siate ritenuti degni di scampare a tutte queste cose che stanno per accadere e di comparire davanti al Figlio dell’uomo” (Lc.21:36).

Gesù più volte invita ad ascoltare ciò che lo Spirito dice alla chiesa e noi siamo membri della sua chiesa, perciò dobbiamo ascoltare e mettere in pratica i suoi comandamenti e insegnamenti, se volessimo scampare alla morte seconda, che è il distacco eterno e definitivo da Dio, come ci è ricordato: “Chi ha orecchi, ascolti ciò che lo Spirito dice alle chiese: chi vince non sarà certamente colpito dalla seconda morte” (Apoc.2:11).

È importante praticare tutti i comandamenti, “Chiunque infatti osserva tutta la legge, ma viene meno in un sol punto, è colpevole su tutti i punti” (Gc.2:10), avere timore di Dio, essere veramente umili e mansueti come Gesù (Mt.11:29) e come l’apostolo Giovanni consiglia: “Da questo conosciamo che siamo in lui. Chi dice di dimorare in lui, deve camminare anch’egli come camminò lui” (1Gv.2:5,6)

Iniziamo lo studio delle profezie di Geremia, servo di Dio, il quale ci conduce alla conoscenza di tutti gli avvenimenti del popolo, scelto come eredità dell’Eterno (Slm.74:2; Is.19:25). Esse siano per noi una benedizione ed un ulteriore dimostrazione di quanto la Parola di Dio sia stata mandata ad effetto; infatti una parte delle profezie si è già avverata, mentre l’altra si compirà presto, come segno e prova che “In verità vi dico che questa generazione non passerà, prima che tutte queste cose siano avvenute. Il cielo e la terra passeranno, ma le mie parole non passeranno” (Mt.24:34,35; Mrc.13:30,31; Lc.21:32,33).

Prendiamo la completa armatura di Cristo, teniamoci saldi, cercando di non cadere nella menzogna di Satana, il quale sta offuscando le menti con le sue bugie nasconde agli uomini che Gesù è il Figlio di Dio e nostro Salvatore e Signore. È il tempo dell’apostasia e Satana sa molto bene che: “Chiunque riconosce che Gesù è il Figlio di Dio, Dio dimora in lui ed egli in Dio” (1Gv.4:15) ed anche “Chiunque nega il Figlio, non ha neanche il Padre; chi riconosce il Figlio, ha anche il Padre. (1Gv.2:23), “Chi è che vince il mondo, se non colui che crede che Gesù è il Figlio di Dio?” (1Gv.5:5), come “Chi ha il Figlio, ha la vita…” (1Gv.5:12).

Vegliamo e preghiamo per non cadere in tentazione (Mt.26:41; Mrc.14:38) e nelle insidie ingannevoli del diavolo.

Capitolo 1

La parola dell’Eterno fu rivolta a Geremia, dicendo: “-Prima che io ti formassi nel grembo di tua madre, ti ho conosciuto; prima che tu uscissi dal suo grembo, ti ho consacrato e ti ho stabilito profeta delle nazioni-. Io risposi: “-Ahimè, Signore, Eterno, io non so parlare, perché sono un ragazzo-” (v.5,6).

Dio assicurò Geremia che sarebbe andato e avrebbe parlato a tutti coloro a cui era mandato e di non temerli, perché Dio era con lui per liberarlo. Dio toccò la bocca di Geremia dicendo: “-Ecco, io ho messo le mie parole nella tua bocca” (v.9), lo costituì sopra le nazioni e regni, sia per demolire e abbattere come per edificare e piantare.

L’Eterno mostrò un ramo di mandorlo al profeta dicendo: “…perché io vigilo sulla mia parola per mandarla ad effetto” (v.12).

Egli vide anche una pentola che bolliva dalla parte del nord; essa rappresentava la calamità che si sarebbe abbattuta su Gerusalemme, quando popoli provenienti dal nord avrebbero assediato ed incendiato le città in Israele, a partire da Gerusalemme. La profezia si avverò nel 70 d.C., quando i romani saccheggiarono Gerusalemme e distrussero anche il tempio di Dio, inizio dell’esilio delle 62 settimane (vedi Dan.9:25).

Dio stabilì questo per la loro disubbidienza alle sue leggi, perché essi si erano allontanati dall’Eterno ed adoravano idoli stranieri.

Dio incoraggia il profeta esortandolo a cingersi i lombi ed a non sgomentarsi davanti a loro, perché lo rese come una colonna di ferro, come un muro di bronzo contro tutto il paese di Giuda, contro i re e suoi principi, contro i sacerdoti e tutto il popolo, assicurandolo che “Essi combatteranno contro di te ma non ti vinceranno, perché io sono con te per liberarti, dice l’Eterno” (v.18,19).

Capitolo 2

Dio ordina a Geremia di ricordare al popolo la loro storia, dalla loro origine e provenienza, fino all’ingresso nella terra promessa, dove incominciarono ad abbandonare l’Eterno per andare dietro agli idoli stranieri, contaminando il paese e diventare essi stessi abominevoli all’Eterno, nel “seguire cose che non giovano a nulla” (v.8). Dio ricorda come il popolo lo seguì nel deserto in una terra arida e quando Dio “…li ha guidati di giorno con una colonna di nuvola e di notte con una colonna di fuoco per illuminare loro la via su cui camminare” (Neemia 9:12).

Infatti “…Così dice l’Eterno: -Io mi ricordo di te, della tenera attenzione della tua giovinezza, dell’amore al tempo del tuo fidanzamento, quando mi seguivi nel deserto, in una terra non seminata”.

Dio scelse un popolo tra tutti i popoli, da cui doveva nascere il Salvatore, il Messia per Israele e per le nazioni: “ma l’Eterno pose il suo diletto unicamente nei tuoi padri e li amò; e dopo di loro fra tutti i popoli scelse la loro discendenza, cioè voi, com’è oggi” (Deut.10:15).

“Israele era consacrato all’Eterno, le primizie del suo raccolto; tutti quelli che lo divoravano diventavano colpevoli, e la calamità si abbatteva su di loro-, dice l’Eterno” (v.2,3).

Così il popolo, condotto da Mosè, seguì l’Eterno nel deserto arido, dove nessuno era mai passato e dove si trovava siccità ed ombra di morte per la durata di quaranta anni. Alla morte di Mosè, servo di Dio, Giosuè prese il suo posto, dirigendo Israele nella terra promessa, occupandola con l’aiuto di Dio, che distruggeva popoli e nazioni davanti a loro “Io vi ho condotto in un paese fertile, perché mangiaste dei suoi frutti e dei suoi beni; ma quando siete entrati, avete contaminato il mio paese e avete reso la mia eredità un’abominazione” (v.7).

Arrivati al benessere, si allontanarono da Dio; i pastori di Israele si ribellarono e i profeti profetizzarono per Baal. Dio ricorda che una nazione pagana non cambia i suoi déi, anche se non sono déi e non giovano a nulla, ma il popolo di Dio cambiò la sua gloria per dèi nulli.

Stupitevi, o cieli, di questo; inorridite e siate grandemente desolati, dice l’Eterno” (v.12).

Israele ha commesso scelleratezze, ha cambiato “la sorgente di acqua viva” in cisterne rotte, che non possono trattenere acqua, ma il popolo di Dio si dissetava presso acque straniere di Scihor e dell’Assiria; vale a dire che adorava idoli pagani e, per questa loro malvagità, essi furono castigati e abbandonati da Dio per 62 settimane, circa 1878 anni di esilio e dietro di loro Dio sguainò la sua spada (Ez.5:12; ebbero persecuzioni continue) . Prima che si adempisse l’amaro castigo meritato, Dio chiama ed esorta al ravvedimento. “La tua stessa malvagità ti castigherà e i tuoi sviamenti ti puniranno. Riconosci perciò e vedi quanto cattivo e amaro sia per te l’abbandonare l’Eterno, il tuo Dio, e il non avere in te alcun timore di me, dice il Signore, l’Eterno degli eserciti” (v.19).

Israele da molto tempo aveva rotto i legami con l’Eterno ed affermava di non voler più servire l’Eterno. Per questo motivo, Dio abbandonò del tutto il suo popolo in mano dei loro nemici (i gentili), a soli 70 anni dalla nascita del Messia, perché lo rifiutarono. Gerusalemme fu nuovamente distrutta e data alle fiamme. Il profeta Zaccaria, a riguardo, svelò ciò che avvenne: “…Io ero impaziente con loro, ed essi pure mi detestarono. Allora dissi: -Non vi pascerò più; chi sta per morire muoia, e chi sta per perire perisca; quelle poi che rimangono si divorino a vicenda” (Zac.11:8,9).

L’apostolo Paolo sostiene che gli ebrei respinsero la Grazia offerta per prima a loro, poi essa passò ai gentili (Atti 13:46); tutto Israele fu distrutto ed i destinati alla morte, morirono, mentre il residuo fu sparso tra le nazioni della terra, non trovando pace per tutto il tempo dell’esilio (62 settimane di Dan.9:25).

L’iniquità di Israele fu la sua prostituzione, adorando dèi stranieri e lasciando l’Eterno, il loro Dio. Essi sono stati scelti tra tutte le nazioni della terra, paragonati a una nobile vigna, “Eppure ti avevo piantato come una nobile vigna tutta della migliore qualità; come dunque ti sei cambiata nei miei confronti in tralci degeneri di vigna straniera?” (v.21).

Anche Gesù, in parabola, indicò Israele come sua vigna, esponendo: “Poi egli cominciò a parlar loro in parabole: -Un uomo piantò una vigna, vi fece attorno una siepe, vi scavò un luogo dove pigiare l’uva, vi costruì una torre e l’affidò a dei vignaioli, poi se ne andò lontano” (Mrc.12:1).

Dio prima stabilì dei Giudici e poi dei re su Israele, perché avessero una direzione, inviò loro pure dei profeti e messaggeri, ma Israele non volle neppure ascoltare i ripetuti avvertimenti divini, a tal punto che arrivò a perseguitare e ad uccidere i servi di Dio. Ai tempi di Geremia, erano tutti dediti all’idolatria e, sia uomini che donne, adoravano molto volentieri gli idoli stranieri, anziché il loro vero Dio, che li aveva liberati dalla schiavitù nel paese di Egitto, “Egli li liberò molte volte, ma essi continuarono a ribellarsi e sprofondarono nelle loro iniquità” (Slm.106:43).

Israele arrivò al colmo dell’iniquità più volte; Giuda con Gerusalemme disprezzarono i messaggeri dell’Eterno (2Cron.36:15;16) e per questo furono deportati in Babilonia per settanta anni.

Dio mandò loro, dopo circa 500 anni, il Messia, il Salvatore dell’umanità, promesso prima della fondazione del mondo, il suo Unigenito Figlio, nato dalla discendenza di Davide, ma essi non solo non lo hanno ricevuto (Gv.1:11) e né conosciuto, ma lo hanno anche crocifisso. Israele rifiutò e condannò Gesù Cristo, nonostante la difesa e la giustificazione di Pilato, a cui tutto il popolo presente rispose: “…Sia il suo sangue sopra di noi e sopra i nostri figli” (Mt.27:25).

Infine mandò loro pure i suoi apostoli, Paolo e Barnaba, che dichiararono: “Era necessario che fosse annunziata a voi per primi la parola di Dio; ma poiché la respingete e non vi giudicate degni della vita eterna, ecco, noi ci rivolgiamo ai gentili” (Atti 13:46).

Il profeta Isaia conferma: “Guai, nazione peccatrice, popolo carico di iniquità, razza di malfattori, figli che operano perversamente! Hanno abbandonato l’Eterno, hanno disprezzato il Santo d’Israele, si sono sviati e voltati indietro” (Is.1:4).

Grande fu il peccato di Israele contro il loro Dio, così tanto che se fossero stati lavati con la soda e il sapone, l’impronta del loro peccato sarebbe stata indelebile e permanente.

Dio consiglia ad Israele di riconoscere il loro peccato, ma il popolo affermò: “…E’ inutile. No! Io amo gli stranieri e voglio seguire loro” (v.25).

La profezia annuncia che Dio metterà su tutto il suo popolo uno spirito di confusione. Infatti, quando Gesù venne si confermò la profezia, essi furono trovati increduli e insensibili, furono allora chiusi i loro occhi e orecchi spirituali, Gesù confermò: “…perché il cuore di questo popolo è divenuto insensibile, essi sono diventati duri d’orecchi e hanno chiuso gli occhi, perché non vedano con gli occhi e non odano con gli orecchi, e non intendano col cuore e non si convertano, e io li guarisca” (Mt.13:15).

Durante il regno di Israele, i re, i sacerdoti e i loro profeti continuarono ad adorare idoli di legno e di pietra dicendo: “Tu sei mio padre,…Tu ci hai dato la vita” (v.27) e si ricordano dell’Eterno solo nelle grandi calamità, ma Dio replica: “Ma dove sono i tuoi dèi che ti sei fatto? Si levino, se possono salvarti nel tempo della tua sventura. Poiché numerosi come le tue città sono i tuoi déi, o Giuda” (v.28) e “Che farete nel giorno del castigo e della distruzione che verrà da lontano? Da chi fuggirete in cerca di aiuto e a chi lascerete la vostra ricchezza?” (Is.10:3), perché Dio non risponderà più, li abbandonerà per lungo tempo.

Dio sapeva e conosceva il futuro del suo popolo ed aveva già decretato la loro rovina, nel 70 d.C. dovettero fuggire da Israele, perché sconfitti dai romani.

Neemia, dopo la cattività babilonese, dichiara davanti a Dio il peccato del suo popolo dicendo: “Perciò tu li desti nelle mani dei loro nemici, che li oppressero; ma al tempo della loro sventura essi gridarono a te, e tu li ascoltasti dal cielo e, nella tua grande misericordia, tu desti loro dei liberatori, che li salvarono dalle mani dei loro nemici. Quando però avevano riposo, essi ricominciavano a compiere il male davanti a te; perciò tu li abbandonavi nelle mani dei loro nemici, che li dominavano; tuttavia, quando tornavano a gridare a te, tu li ascoltavi dal cielo; così nella tua misericordia molte volte li hai liberati” (Neemia 9:27,28).

Si, Dio liberò Israele e Giuda molte volte, ma arrivò il tempo che, per il grande peccato di incredulità, “…per coloro che disubbidiscono: La pietra, che gli edificatori hanno rigettato, è divenuta la testata d’angolo, pietra d’inciampo e roccia d’intoppo che li fa cadere” (1Ptr.2:7).

Dio, nella sua immensa misericordia ha sempre soccorso il suo popolo, ma il tempo giunse in cui furono abbandonati da Dio, nel loro continuo peccato, rifiutando la Grazia, offerta tramite il grande ed unico sacrificio di Gesù (Atti 13:46). Gesù, la Pietra vivente, divenne per il suo popolo una Pietra d’intoppo, furono in molti a cadere e rimanere morti senza vita eterna, lontani e abbandonati da Dio. Tutto il popolo ebreo rimarrà nell’oscurità spirituale fino all’inizio dell’ultima settimana (Dan.12:1), “Chiunque cadrà su quella pietra sarà sfracellato; ed ella stritolerà colui sul quale cadrà” (Lc.20:18).

Non possiamo certo pensare che Dio non abbia ripreso, avvertito e chiamato al ravvedimento il suo popolo, continuamente, tramite i suoi profeti, annunciando tutto il male che sarebbe accaduto se non si fossero ravveduti, cosa che il popolo non ha mai ascoltato.

Il profeta Osea descrive un attributo di Dio, evidenziando come non fa nulla se prima non rivela il suo segreto ai profeti: “Poiché il Signore, l’Eterno, non fa nulla, senza rivelare il suo segreto ai suoi servi, i profeti” (Amos 3:7), Dio diede conoscenza ai suoi servi sia per il male che per il bene che avrebbe fatto al suo popolo ad esempio la venuta del Messia, la lunga cattività per non avelo accettato e il millennio per il residuo scelto.

Israele si è sempre rifiutato di ascoltare i profeti prima e gli apostoli dopo, dicendo: “Noi girovaghiamo liberamente, non torneremo più da te” (v.31).

Un popolo corrotto dai re e dai falsi profeti, servì idoli stranieri, lasciando il vero Dio, colui che li aveva tratti fuori dall’Egitto con mano potente, rifiutò ancora l’invito al ravvedimento e si appoggiò invece sugli egiziani e sugli assiri, che li delusero: “Anche da esso uscirai con le tue mani sul capo, perché l’Eterno ha rigettato quelli nei quali tu confidi, e tu non realizzerai i tuoi intenti per mezzo di loro” (v.37).

Capitolo 3.

Dio ama Israele e, per la sua disubbidienza, viene castigato, come un figlio lo è dal proprio padre, per insegnarli il giusto comportamento.

Dio paragona Israele ad una donna ripudiata dal marito.

“Se un uomo ripudia la propria moglie e questa se ne va da lui e diviene moglie di un altro, tornerà egli forse ancora da lei? Non sarebbe quel paese grandemente profanato? Tu ti sei prostituita con molti amanti; vorresti però ritornare da me? dice l’Eterno” (v.1).

Per la sua compassione, l’Eterno invita invece Israele, prostituitasi con dèi stranieri, a ritornare da Lui.

Dio, tramite il profeta, descrive come Israele si sia prostituito con le nazioni vicine, adorando i loro idoli, commettendo molte empietà e contaminando così tutto il paese, che Dio diede loro in promessa fatta ai loro padri.

Perciò le piogge sono state trattenute e l’ultima pioggia non c’è stata. Ma tu hai avuto una fronte da prostituta e hai rifiutato di vergognarti. Non hai proprio ora gridato a me: “Padre mio, tu sei stato l’amico della mia giovinezza” (v.3,4).

Un piccolo cenno sulla storia di Israele e sulle sue infedeltà verso Dio. Dopo la morte di Salomone, ci fu divisione in due parti del regno: la tribù di Giuda, con Beniamino, vennero separate e destinate come discendenza di Davide, con sede a Gerusalemme e governata dal re Roboamo, figlio di Salomone, mentre le restanti dieci tribù formarono il regno di Israele con sede a Samaria, e primo re, il servo di Salomone, Geroboamo (1Re 11:32,35). Questi due re si diedero all’adorazione degli idoli stranieri e fecero ciò che è male agli occhi dell’Eterno, come tanti altri loro successori si contaminarono, facendo peccare anche il popolo di Dio. Dio scelse tra tutti i figli di Giacobbe Giuda, dalla sua tribù venne il Messia (Gen.49:8,12). Per il peccato di Israele, Dio li ripudiò e li mandò in esilio in Assiria, intanto la perfida Giuda vide tutto questo, ma non ebbe timore di Dio, anzi andò a prostituirsi con idoli di legno e di pietra, più di quanto avesse fatto Israele.

Dio, quindi, conosce molto bene il suo popolo e sa che non tornerà a Lui e non lo ascolterà per mettere in pratica i suoi statuti, fino alla fine, nonostante i suoi continui avvertimenti. “-Tornate o figli traviati-, dice l’Eterno, -perché io ho sovranità su di voi. Vi prenderò uno da una città e due da una famiglia e vi ricondurrò a Sion. Vi darò quindi pastori secondo il mio cuore, che vi pasceranno con conoscenza e con sapienza” (v.14).

Gesù confermò tale profezia nel sermone profetico (Mt.24:40,41), coloro che Dio sceglierà per vivere (Is.4:3) saranno condotti, prima della grande tribolazione, in un posto riservato da Dio, che li nutrirà per 1260 giorni, durata del regno di Satana (Apoc.12:6). Essi saranno protetti e al sicuro, lontani da serpente antico. Alla conclusione di questo periodo, dopo la guerra di Armagheddon, essi saranno ricondotti in Sion ed avranno dei veri pastori, che li guideranno con conoscenza e intelligenza spirituale.

Nel millennio, il residuo si moltiplicherà, perchè saranno fecondi, L’arca del patto non ci sarà, non se ne farà un’altra e non la ricorderanno più (v.16).

Gerusalemme sarà chiamata “Il trono dell’Eterno” e tutte le nazioni della terra si raduneranno in Gerusalemme, non ci sarà alcuno che cammini slealmente, tutti avranno conoscenza. Non più due regni divisi, ma uno solo (v.18), come lo è già dal 1948 in cui è stato riunito in un solo Stato. Dio li ha nuovamente radunati nella terra che diede ai loro padri, come “Io dicevo: -Quanto volentieri ti collocherei tra i miei figli e ti darei un paese delizioso, una splendida eredità fra tutte le nazioni-. Dicevo: -Tu mi chiamerai: -Padre mio!, e non ti allontanerai più da me-” (v.19).

Israele è stato ribelle, come una donna è infedele al proprio marito e lo sarà fino a quando sarà tolto il velo dai loro occhi, allora chi si pentirà sarà salvato. Naturalmente Dio conosce chi sono quelli che si arrenderanno e risponderanno alla chiamata con “Eccoci”, perché la salvezza si trova solo nell’Eterno, che ripete: “Ritornate, o figli traviati, io guarirò le vostre ribellioni-. Eccoci, noi veniamo a te, perché tu sei l’Eterno, il nostro Dio” (v.22).

Il residuo riconoscerà il loro peccato e quello dei loro padri, perciò si copriranno di vergogna, perché fino a quel giorno non hanno dato ascolto alla voce del loro Dio.

(continua)