Capitolo 20.

Come abbiamo già esposto, i sacerdoti e gli anziani di Gerusalemme perseguitavano Geremia, perché profetizzava solo disgrazie e sciagure, al contrario dei falsi profeti che prevedevano invece pace e sicurezza. Pashhur era uno dei falsi profeti che divulgavano menzogne riguardo Gerusalemme e Giuda, “Ora Pashhur, figlio d’Immer, sacerdote e capo-soprintendente della casa dell’Eterno, udì Geremia che profetizzava queste cose. Allora Pashhur percosse il profeta Geremia e lo mise nella prigione che si trovava nella porta superiore di Beniamino presso la casa dell’Eterno” (v.1,2).

Il giorno seguente Geremia fu fatto uscire dalla prigione e profetizzò come Dio avrebbe dato Giuda in mano al re di Babilonia insieme a tutte le ricchezze di Gerusalemme: “Inoltre darò tutte le ricchezze di questa città, tutto il prodotto delle sue fatiche e tutte le sue cose preziose, sì, darò tutti i tesori dei re di Giuda in mano dei loro nemici che li saccheggeranno, li piglieranno e li porteranno a Babilonia. E tu, Pashhur, e tutti quelli che abitano in casa tua, andrete in cattività; andrai a Babilonia, là morirai e là sarai sepolto, tu e tutti i tuoi amici, ai quali hai profetizzato menzogne” (v.5,6).

Geremia espose ancora una volta a Dio il suo grande sforzo a parlare al popolo di violenza e saccheggio ed era grandemente perseguitato. “Tu mi hai persuaso, o Eterno, e io mi sono lasciato persuadere, tu sei più forte di me e hai vinto. Sono diventato oggetto di scherno ogni giorno; ognuno si fa beffe di me…Se dico: -Non lo menzionerò più e non parlerò più nel suo nome-. Ma la sua parola era nel mio cuore come un fuoco ardente, chiuso nelle mie ossa; mi sforzavo di contenerlo, ma non potevo” (v.7,9).

I profeti mettevano a rischio la loro vita ogni volta che parlavano nel nome dell’Eterno, perché il popolo era incapace di intendere. Infatti essi godevano delle delizie carnali e mai avrebbero rinunciato al benessere e, per questo, indurivano il loro cuore e non ascoltavano gli ammonimenti divini. Anche Gesù disapprovò le loro azioni, rimproverandoli: “Guai a voi! Perché voi edificate i sepolcri dei profeti, e i vostri padri li hanno uccisi” (Lc.11:47).

Come Geremia testimonia, si conferma che non si può contenere la sua Parola, perché quando il messaggio è dentro di noi, esso brucia più del fuoco e succede che ci sentiamo liberati da questo peso solo quando lo abbiamo rivelato, secondo la volontà di Dio.

Il profeta Geremia aveva timore di Dio; quando egli ascoltava le minacce che il popolo gli rivolgeva, fiducioso esclamava: “Ma l’Eterno è con me come un potente eroe; perciò i miei persecutori inciamperanno e non prevarranno; saranno grandemente svergognati, perché non riusciranno; la loro vergogna sarà eterna e non sarà dimenticata” e “Cantate all’Eterno, lodate l’Eterno, perché ha liberato la vita del bisognoso dalla mano dei malfattori” (v.11,13).

Geremia conosceva come Dio avrebbe fatto vendetta, con grande distruzione, degli abitanti di Giuda e di Gerusalemme, ma nella sua angoscia dell’anima, sostenne: “Maledetto il giorno in cui nacqui! Il giorno in cui mia madre mi partorí non sia benedetto! Maledetto l’uomo che portò l’annuncio a mio padre, dicendo: -Ti è nato un figlio maschio-, riempiendolo di gioia” (v.14,15).

Dio riconosceva che il profeta stava soffrendo, che era nel tormento e nel dolore per la sua Parola e sapeva bene quale era il limite di sopportazione umana, nella sofferenza fisica e spirituale.

Da sottolineare che mai è stato imputato come peccato l’aspirare a morire. Come Geremia, anche Elia, Giona e Giobbe desiderarono morire quando si trovarono in grande afflizione o in dure prove, ma nessun riferimento è fatto sulla eventuale conseguenza delle loro dichiarazioni. Pertanto, a differenza del pensiero di molti che lo considerano come peccato, riteniamo la loro infelice espressione una rinuncia a quell’incarico gravoso, come per alcuni si è avvicendato, “perché non mi ha fatto morire fin dal grembo materno; così mia madre sarebbe stata la mia tomba e il suo grembo gravido per sempre. Perchè sono uscito dal grembo materno, per vedere travaglio, dolore e per finire i miei giorni nella vergogna?” (v.17,18).

Capitolo 21.

Il re di Giuda, che in quel tempo era Sedechia, mandò dal profeta Geremia, Pashhur, il sacerdote, per dirgli: “Deh, consulta per noi l’Eterno; perché Nebukadnetsar, re di Babilonia, fa guerra contro di noi. Forse l’Eterno agirà nei nostri confronti secondo tutte le sue meraviglie, ed egli si ritirerà da noi” (v.2).

Fu proprio il re Sedechia ad aver rifiutato di ascoltare i messaggeri, i profeti dell’Eterno, ma quando il re babilonese, secondo la parola rivelata da Geremia, assediò Gerusalemme, allora mandò da Geremia il falso profeta, il sacerdote Pashhur, che avendo ascoltato la parola profetica, aveva percosso e fatto rinchiudere nel carcere Geremia. Dio rispose, per bocca del profeta, che non avrebbe permesso che i babilonesi si ritirassero, anzi “Io stesso combatterò contro di voi con mano distesa e con braccio potente, con ira, con furore e con grande indignazione. Percuoterò gli abitanti di questa città, tanto uomini che bestie; essi moriranno di una grande peste” (v.5,6).

Tutto il popolo, compreso il re Sedechia, i suoi servi e quelli scampati alla fame, alla peste e alla spada, saranno consegnati nelle mani del re di Babilonia, il quale li farà passare per la spada, senza alcuna pietà.

Ancora una volta Dio mette davanti al suo popolo una scelta: la vita o la morte, esortandoli a scegliere la vita (Deut.30:19), “E a questo popolo dirai: -Così dice l’Eterno: -Ecco, io metto davanti a voi la via della vita e la via della morte” (v.8). La condizione era in questi termini: che chiunque usciva e si arrendeva agli assedianti Caldei, viveva; mentre chi preferiva rimanere in Gerusalemme, moriva, perché essa venne conquistata, saccheggiata e bruciata da Nebukadnetsar.

Dio è misericordioso, lento all’ira e di gran benignità (Slm.145:8), perché prima che mandi il male avverte sempre, tramite i suoi servi (Amos 3:7); così prima che gli abitanti di Giuda e di Gerusalemme venissero deportati dai babilonesi, Dio li richiamò all’ordine: “O casa di Davide-, così dice l’Eterno: -Amministrate la giustizia fin dal mattino e liberate il derubato dalla mano dell’oppressore, affinché la mia ira non si sprigioni come fuoco e arda senza che nessuno la possa spegnere, per la malvagità delle vostre azioni” (v.12).

Dio aveva dato ordini sulla condotta da tenere, ma se non avessero prestato attenzione alle sue raccomandazioni, Egli avrebbe mandato ad effetto la sua Parola: “…io vi punirò secondo il frutto delle vostre azioni-, dice l’Eterno, -e accenderò il fuoco alla sua foresta, che divorerà tutto ciò che la circonda” (v.14), così è stato.

Capitolo 22.

Dio incarica nuovamente il profeta a scendere nella casa del re di Giuda ed a pronunciare: “…Ascolta la parola dell’Eterno, o re di Giuda, che siedi sul trono di Davide, tu, i tuoi servi e il tuo popolo, che entrate per queste porte.” (v.2), ripetendo l’appello di amministrare la giustizia, di agire con rettitudine, di liberare l’oppresso dalla mano del persecutore, di non fare torto e né violenza alla vedova, all’orfano e allo straniero e di non spargere del sangue innocente, ma di ritirarsi dal commettere tutte queste iniquità, affinché l’ira di Dio non divampi come il fuoco.

Inoltre avverte che “…se osserverete interamente questa parola, allora i re assisi sul trono di Davide entreranno per le porte di questa casa, montati su carri e su cavalli, essi, i loro servi e il loro popolo” (v.4).

Al contrario, se non avessero ascoltato, il paese sarebbe stato ridotto in una rovina. La casa di Giuda era considerata come la vetta del Libano, perché l’Eterno li aveva innalzati e Gerusalemme fu scelta da Dio come città santa (Neemia 11:1).

Dio concesse al nemico di ridurla in deserto e in città disabitate, come decretò: “Preparo contro di te dei devastatori, ognuno con le sue armi; essi abbatteranno i tuoi cedri migliori e li getteranno nel fuoco. Molte nazioni passeranno vicino a questa città e diranno l’una all’altra: -Perché l’Eterno ha trattato così questa grande città?” (v.7,8); perché hanno abbandonato l’Eterno, hanno servito e adorato altri dèi.

Consiglia di non piangere e né fare cordoglio per il morto, piuttosto per colui che parte, perché non vedrà più il suo paese nativo. Questo avvenne nell’esilio delle sessantadue settimane descritte dall’angelo al profeta Daniele (Dan.9:25), iniziato nel 70 d.C. e terminato nel 1948, perché quello babilonese era soltanto di settanta anni e molti esiliati ritornarono alla loro terra, insieme ad Esdra, Neemia, Zorobabel ed ai profeti (Esdra 5; 8), perciò la profezia è rivolta a tutto il popolo ebreo.

Per il tempo della deportazione babilonese, Dio decretò per bocca del profeta, riguardo a Shallum, figlio di Giosia, re di Giuda, che egli non sarebbe più tornato in Giuda.

Dio non manda mai alcun male, se prima non avvertisse e riprendesse con insistenza, richiamando alla conversione dai propri peccati; così informò Israele prima dell’esilio assiro e Giuda con Gerusalemme prima dell’esilio babilonese: “L’Eterno, il Dio dei loro padri, mandò loro, fin dall’inizio e con insistenza, avvertimenti per mezzo dei suoi messaggeri, perché voleva risparmiare il suo popolo e la sua dimora” (2Cron.36:15). I profeti avvertirono tutti al ravvedimento, prima dell’esilio delle sessantadue settimane, mettendoli in guardia: “Guai a chi costruisce la sua casa senza giustizia,… che fa lavorare il prossimo per nulla e non gli retribuisce il suo lavoro” (v.13), come al re: “Pensi forse di essere re, perché sei circondato da cedro? Tuo padre non mangiava e beveva? Ma agiva con rettitudine e giustizia e tutto gli andava bene” (v.15).

Il re era pieno di cupidigia, regnava solo per le ricchezze e non si preoccupava di condurre il popolo con giustizia e saggezza, per camminare nelle vie di Davide, suo antenato, ma continuava a far male, spargendo sangue innocente.

Dopo il re Salomone, il regno si divise in due. I successori ai troni non sempre hanno continuato seguendo l’opera buona, come fece il re Davide, che si comportò secondo il volere divino. Molte volte, anzi, i sovrani non si sono soltanto limitati ad annullare tutto quello realizzato fino a quel momento, ma hanno introdotto costumi abominevoli a Dio. Molti episodi evidenziano questi comportamenti opposti tra coloro che rigettarono la legge di Dio e coloro che la misero in pratica. Il re Giosia fece ciò che è giusto agli occhi di Dio, camminando nelle vie di Davide, suo padre, senza deviare né a destra né a sinistra (2Re22:2), mentre il figlio Jehoiakim, diventato re, fece invece quello che è male agli occhi dell’Eterno, riempiendo Gerusalemme di sangue innocente, “…per questo l’Eterno non volle perdonare” (2Re24:4), alla sua morte, non ci fu alcuno che lo pianse, ”Ahimè, signore!, Ahimè, sua maestà!” (v.18) e fu sepolto come un asino, fuori di Gerusalemme.

Dio fu misericordioso con loro e molte volte perdonò le loro iniquità, ma il popolo di continuo suscitava l’ira di Dio con le loro immagini scolpite: “Dio udì e si adirò, e provò una grande avversione per Israele” e “Abbandonò il suo popolo alla spada e si adirò grandemente contro la sua eredità” (Slm.78:59,62).

Appena iniziò per Israele il benessere nella terra che Dio aveva promesso ai loro padri, essi introdussero idoli stranieri, li adorarono, bruciando loro incenso e costruendo alti luoghi di adorazione. “Ti ho parlato al tempo della tua prosperità, ma tu dicesti: -Non ascolterò-. Questo è stato il tuo comportamento fin dalla tua giovinezza: non hai mai ascoltato la mia voce” (v.21).

Neemia espone a Dio il peccato del popolo, dicendo: “I nostri re, i nostri capi, i nostri sacerdoti, i nostri padri non hanno messo in pratica la tua legge, né hanno ubbidito ai tuoi comandamenti e ai tuoi precetti con cui li esortavi. Persino quando si trovavano nel loro regno, nella grande prosperità che tu avevi loro largito e nel vasto e fertile paese che avevi messo a loro disposizione, non ti servirono e non abbandonarono le loro opere malvagie” (Neemia 9:34,35).

Il profeta rivela che Giuda sarà consegnato a coloro che cercano la loro vita, dei quali essi hanno paura, cioè del re di Babilonia: “Io ti darò in mano di quelli che cercano la tua vita, in mano di quelli di cui hai paura, in mano di Nebucadnetsar, re di Babilonia, e in mano dei Caldei. Getterò te e tua madre che ti ha partorito, in un paese straniero dove non siete nati, e là morirete” (v.25,26).

O paese, o paese o paese, ascolta la parola dell’Eterno!“ (v.29).

In Gerusalemme, dalla deportazione babilonese in poi non regnò più alcun re, sulla casa di Davide, della sua discendenza, fino al Messia, il RE dei Giudei (Lc.23:3). Infatti Gesù discende da Davide (Apoc.5:5).

Da notare che il verso 25 si riferisce alla cattività babilonese mentre i due versi successivi a quella dopo Cristo, iniziata nel 70, in cui nessuno dei dispersi tra le nazioni, ritornò più in Israele, perché fu severamente vietato agli ebrei di rientrare dai romani, che avevano espugnato Gerusalemme. (Il re Nebukadnetsar è simile al generale romano Tito, che distrusse Gerusalemme e il tempio di Dio, proprio come aveva fatto il re babilonese, più di cinquecento anni prima).

Capitolo 23.

In Giuda e in Gerusalemme, dopo la deportazione babilonese, non ci fu più re che conducesse il popolo nel bene o nel male.

I pastori, che Dio definisce come guide del popolo, non avevano cura del popolo, ma miravano solo ai propri interessi, erano dediti alle tradizioni, all’apparenza nel mostrarsi nelle piazze, trascurando la legge di Mosè e Gesù a riguardo dichiarò: “Ma guai a voi, scribi e farisei ipocriti! Perché chiudete il regno dei cieli davanti agli uomini; poiché né entrate voi né lasciate entrare coloro che stanno per entrarvi” (Mt.23:13).

Tramite i profeti, Dio informava sempre delle conseguenze alla sua disubbidienza prima che l’uomo venisse punito per le sue trasgressioni. Fin dal primo uomo, quando lo mise nel giardino dell’Eden, fu messo al corrente che la morte sarebbe giunta per la sua colpa. La disubbidienza nell’essere umano è un difetto congenito, già presente nei bambini ancora piccoli!

Il popolo di Dio trascorse più tempo nel fare ciò che male agli occhi dell’Eterno che del tempo in cui lo servì fedelmente. Dio, tramite i profeti, conferma: “Guai ai pastori che distruggono e disperdono il gregge del mio pascolo-, dice l’Eterno. Perciò così dice l’Eterno, il Dio d’Israele, contro i pastori che pascolano il mio popolo: -Voi avete disperso le mie pecore, le avete scacciate e non ne avete avuto cura; ecco, io vi punirò per la malvagità delle vostre azioni-, dice l’Eterno” (v.2).

Al tempo di Gesù, Giuda e Gerusalemme erano spiritualmente formali, al punto che perfino tutti conoscevano che in Israele doveva nascere il Cristo, delle quali parlavano le profezie, ma essi erano senza guida. Essendo carnali e tradizionalisti, speravano che la venuta di Gesù fosse per rendere il paese indipendente e per riscattare il suo popolo dall’oppressione politica dell’Impero Romano, che i giudei non approvavano e non gradivano, tanto che, a circa 70 anni dalla nascita del Messia, gli ebrei si ribellarono alle autorità romane, finendo con la repressione, la distruzione e l’annientamento completo di Israele.

Gesù ribadisce più volte a tutti i capi dei sacerdoti, ai farisei ed agli scribi, che sedevano sulla cattedra di Mosè (Mt.23:2): “Guai a voi, scribi e farisei ipocriti! Perché scorrete il mare e la terra, per fare un proselito e, quando lo è diventato, ne fate un figlio della Geenna il doppio di voi” (Mt.23:15).

Israele fu definito un popolo dal collo duro (Deut.9:13), perché non mise in pratica i comandamenti e le leggi del suo Dio e quando il Messia arrivò tra loro non lo ricevette come il Cristo, il Salvatore per le loro anime, essi lo aspettavano con un esercito potente per salvare la loro nazione. Perseguitarono Gesù il loro Pastore non lo ascoltarono, rinnegando anche il messaggio degli apostoli, che furono partecipi e testimoni di Cristo: “Questo Gesù, Dio lo ha risuscitato; e di questo noi tutti siamo testimoni (Atti 2:32) delle grande opere, che Egli compì tra loro.

Come aveva annunciato loro per bocca dei suoi profeti arrivò il giorno della loro cattività, Dio cacciò dalla loro terra i superstiti, che furono dispersi tra le nazioni dei popoli gentili. Dio li abbandonò e furono perseguitati ovunque essi andarono, per il tempo delle 62 settimane (Dan.9:25). Trascorso il tempo determinato dell’esilio, Dio li ha riportati nuovamente nel loro paese di origine. Presto inizierà il millennio, dove gli ebrei vivranno in pace, prospereranno e si moltiplicheranno, perché saranno fecondi. Per il residuo santo ci saranno pastori, che li pascoleranno in sicurezza: “Ma radunerò il resto delle mie pecore da tutti i paesi dove le ho disperse e le ricondurrò ai loro pascoli, e saranno feconde e si moltiplicheranno” (v.3).

Come sappiamo, le profezie riguardano il popolo ebreo fino alla diaspora del 70 d.C. Per tutto il tempo della Grazia, Israele non viene più ricordata, perché fu ed è trascurata da Dio, fino a che riprenderà ad interessarsi di loro appena la chiesa di Cristo sarà rapita, inizieranno i sete ultimi anni. Dio permetterà che tutti gli ebrei che si troveranno ancora tra le nazioni di ritornare a Gerusalemme (Is.66:20), essi regneranno sopra tutte le nazioni della terra e vivranno un millennio di pace e prosperità.

“-Ecco, i giorni vengono-, dice l’Eterno, -nei quali susciterò a Davide un germoglio giusto, che regnerà da re, prospererà, ed eserciterà il giudizio e la giustizia nel paese” (v.6)La profezia di questo verso comprende il compimento della promessa fatta a Davide: “L’Eterno ha giurato a Davide in verità e non cambierà: -Io metterò sul tuo trono un frutto delle tue viscere(Slm.132:11). Il Germoglio è Gesù; Egli regnerà sulla casa di Davide in eterno, così si compiranno tutte le profezie, come anche quella rivolta dall’angelo Gabriele a Maria: “Ed ecco tu concepirai nel grembo e partorirai un figlio, e gli porrai nome Gesù. Egli sarà grande e sarà chiamato Figlio dell’Altissimo; e il Signore Dio gli darà il trono di Davide, suo padre; e regnerà sulla casa di Giacobbe in eterno, e il suo regno non avrà mai fine” (Lc.1:31-33).

Nel millennio non ci saranno più due regni (Giuda ed Israele), ma uno solo (Ez.37:22), “In quei giorni Giuda sarà salvato e Gerusalemme abiterà al sicuro..16:16), Dio ricondurrà il residuo che avrà protetto durante il regno satanico della durata di 1260 giorni (Apoc.12:6), di nuovo in Gerusalemme dopo aver creato nuovi cieli e nuova terra. Inizierà il millennio e il residuo non dirà più per l’Eterno Vivente che ci ha fatto uscire dalla schiavitù d’Egitto, ma: “-Per l’Eterno vivente, che ha fatto uscire la progenie della casa d’Israele dal paese del nord e da tutti i paesi dove io li avevo dispersi-; ed essi dimoreranno nel loro paese” (v.8)Un residuo santo, rappresentativo di tutte le 12 tribù di Israele, Dio li salverà dalla mano del serpente e alla fine li condurrà in Gerusalemme, saranno benedetti tra tutte le nazioni della terra.

Abbiamo assistito al rientro in Israele della maggior parte dei sopravvissuti allo sterminio ebreo da parte del dittatore tedesco. Molti sono rientrati in Patria alla nuova nascita dello Stato israeliano nel maggio del 1948, mentre altri abitano ancora tra le nazioni gentili, per riunirsi tutti, nel millennio, in Gerusalemme (Is.66:20), come indicato: “Costituirò su di esse pastori che le pascoleranno, e non avranno più paura né spavento; non ne mancherà neppure una-, dice l’Eterno” (v.4).

Il profeta era consapevole di quanto male si praticasse in Israele ed in Gerusalemme, perché si erano sviati dietro ai falsi profeti, che proferivano menzogne: “Dicono del continuo a quelli che mi disprezzano: -L’Eterno ha detto: -Avrete pace-; e a tutti quelli che camminano nella caparbietà del proprio cuore: -Nessun male verrà su di voi” (v.17).

Il profeta è angosciato per ciò che Dio gli ha mostrato riguardo la cattività di Babilonia per Giuda, per Gerusalemme e per Israele, quando il tempio di Dio fu distrutto dai romani a circa 500 anni dalla fine della cattività babilonese e dalla ricostruzione delle mura e della casa dell’Eterno in Gerusalemme, (Esdra 1:1,2), cioè a circa 70 anni dalla nascita del Messia. Infatti Geremia esclama: “Il mio cuore è rotto dentro di me a motivo dei profeti, tutte le mie ossa tremano. Sono come un ubriaco, come un uomo sopraffatto dal vino, a causa dell’Eterno e a causa delle sue parole sante” (v.1).

Gesù ribadì che della casa di adorazione ne avevano fatto un covo di ladroni (Mt.21:13), compiendosi la profezia: “-Tanto il sacerdote che il profeta sono corrotti; sì, ho trovato la loro malvagità nella mia stessa casa-, dice l’Eterno. -Perciò la loro strada sarà per loro come sentieri sdrucciolevoli; essi saranno sospinti nelle tenebre e in esse cadranno; perché farò venir su di loro la calamità, nell’anno della loro punizione-, dice l’Eterno.” (v.11,12) e “Io non ho mandato quei profeti; ma essi sono corsi; non ho parlato loro, ma essi hanno profetizzato” (v.21).

L’Eterno rivolge la parola contro Samaria e Gerusalemme (capitali di Israele e di Giuda), contro i loro profeti, che con false visioni, facevano sviare il popolo: “…Per me sono tutti come Sodoma, e i suoi abitanti come Gomorra” (v.14).

Nessuno dei falsi profeti scampò, perché Dio li nutrì di assenzio e li diede da bere dell’acqua avvelenata (similitudine della loro distruzione), perché furono il mezzo delle malvagità che si commettevano nel paese. Come al solito, prima di distruggere, Dio avverte e riprende, richiamandoli alla conversione dal male: “Così dice l’Eterno degli eserciti: -Non ascoltate le parole dei profeti che vi profetizzano. Essi vi fanno diventare cose spregevoli; vi espongono le visioni del loro cuore e non ciò che procede dalla bocca dell’Eterno” (v.16).

L’uomo, per natura, vuole essere soddisfatto di sé, sentirsi importante, apprezzato ed onorato per le sue azioni, apprezzando chi lo approva; così era il popolo ebreo, in particolare le guide spirituali, a quel tempo e così sono ancora oggi coloro che si ritengono cristiani.

Tutti vorrebbero essere incoraggiati a proseguire avanti, perché tutto vada bene, nonostante i ripetuti problemi od insuccessi, oppure essere sostenuti a non preoccuparsi, perché vedranno cose meravigliose e saranno benedetti, quando invece tutto ciò non procede da Dio, perché non agiscono secondo la sua volontà. Come i falsi profeti di allora, chi sostiene tali cose, ignorando o peggio nascondendo la reale situazione, provoca notevole danno perché. sia chi le afferma che chi le asseconda o le esaudisce, cadranno insieme nelle mani dell’Eterno ed “…è cosa spaventevole cadere nelle mani del Dio vivente” (Ebr.10:31). E’ perciò essenziale avere assolutamente discernimento in ogni cosa, affinché possiamo ben valutare e consigliare secondo la volontà di Dio, non appoggiandoci sull’intelligenza carnale ma, saper ascoltare lo Spirito e mettere in pratica la Parola di Dio. E’ di vitale importanza per la salvezza delle anime.

“Ecco, la tempesta dell’Eterno si scatena furiosamente, una tempesta spaventevole si abbatterà sul capo degli empi” (v.19)Dio abbandonò il suo popolo e preparò un lungo esilio di 62 settimane, circa 1878 anni, iniziando dal 70 d.C. fino al 1948.

Solo all’inizio dell’ultima settimana (sette anni), Dio riprenderà i rapporti con il suo popolo. Egli aprirà nuovamente gli occhi spirituali ad Israele e così capiranno solo i savi, perché nessuno degli empi intenderà il suo volere (Dan.12:10), come precisato: “L’ira dell’Eterno non si acqueterà, finché non abbia eseguito e compiuto i disegni del suo cuore; negli ultimi giorni, lo capirete perfettamente” (v.20).

Dio ha fissato il suo piano: la totale distruzione dell’empio, non ne resterà neppure uno, saranno tutti morti (Is.22:14); allora la sua ira si placherà, al compimento delle “Settanta settimane sono stabilite per il tuo popolo e per la tua santa città, per far cessare la trasgressione, per metter fine al peccato, per espiare l’iniquità, per far venire una giustizia eterna, per sigillare visione e profezia e per ungere il luogo santissimo” (Dan.9:24).

Se i profeti di Israele invece di divulgare menzogne, avessero fatto ascoltare la voce dell’Eterno al popolo, essi sarebbero stati preservati dalla cattiva strada, dalla loro malvagità e dalla cattività. I profeti di Baal profetizzavano i loro falsi sogni e visioni, ingannando il popolo, come confermato dall’Eterno: “Ho udito ciò che dicono i profeti che profetizzano menzogne nel mio nome, dicendo: -Ho avuto un sogno, ho avuto un sogno!” (v.25)

Dio, non è solo un Dio da vicino ma lo è anche da lontano (v.23); la gloria dell’Eterno si era allontanata da Israele per tutte le malvagità che si commettevano. Dio però parlava loro tramite i suoi profeti, ma essi non davano loro ascolto, perché preferivano le buone notizie dei falsi profeti, annunciatori di pace e di sicurezza, mentre Dio aveva disposto la loro rovina, se non si sarebbero ravveduti.

Da tenere sempre presente che l’Eterno è contro coloro che sostengono proprie affermazioni, dichiarandole invece come provenienti da Dio. A costoro “Ecco-, dice l’Eterno, -io sono contro i profeti che usano la loro lingua e dicono: -Egli dice-. Ecco, io sono contro quelli che profetizzano sogni falsi-, dice l’Eterno, -e li raccontano e traviano il mio popolo con le loro menzogne e con le loro millanterie, benché io non li abbia mandati né abbia dato loro alcun ordine; perciò non saranno di alcuna utilità a questo popolo-, dice l’Eterno” (v.31,32).

Il profeta Daniele, trovandosi insieme al popolo in cattività, nella sua preghiera confessa a Dio il peccato sia di Israele che di Giuda, compreso Gerusalemme: “e non abbiamo ascoltato la voce dell’Eterno, il nostro Dio, per camminare nelle sue leggi, che ci aveva posto davanti per mezzo dei suoi servi, i profeti. Sì, tutto Israele ha trasgredito la tua legge, si è sviato per non ubbidire alla tua voce; perciò si è riversata su di noi la maledizione e l’imprecazione scritta nella legge di Mosè, servo di Dio, perché abbiamo peccato contro di lui” (Dan.9.10;11).

I re di Giuda e di Israele non osservarono le leggi dell’Eterno, dando invece ascolto alle menzogne dei profeti di Baal che predicevano tutto quello che il popolo voleva sentirsi dire di buono. Questo accade ancora oggi. Satana è molto astuto, perché conosce bene le debolezze dell’uomo ed il carattere di ognuno, per cui induce al male sfruttando abilmente le situazioni, incoraggiando ad andare avanti nelle imprese malvagie, suggerendo sempre cose contrarie alla volontà di Dio, stimolando il desiderio o il piacere umano.

Dio avverte Geremia che “Se pertanto questo popolo o un profeta o sacerdote ti domanderà: -Qual è l’oracolo dell’Eterno?- tu risponderai loro: -Quale oracolo? Io vi rigetterò- , dice l’Eterno” (v.33).

Dio punirà il profeta o il sacerdote che ha usato il nome dell’Eterno per ingannare il popolo, con le sue falsità.

“Così direte, ognuno al suo proprio vicino e ognuno al suo fratello: -Che ha risposto l’Eterno?- e -Che ha detto l’Eterno?- Ma l’oracolo dell’Eterno non lo menzionerete più; perché la parola di ciascuno sarà il suo oracolo, perché avete distorto le parole del Dio vivente, l’Eterno degli eserciti, il nostro Dio” (v.35,36)Chiunque distorce la parola di Dio, traendola a suo vantaggio, non è da Dio. Anche oggi, in questo ultimo periodo della chiesa, tutti quelli che, per la loro dottrina, deviano dalla Parola di Dio, sono colpevoli dello stesso peccato dei falsi profeti di Israele. Dio ammonisce di non usare più il suo nome per proferire cose false e non dire più “Oracolo dell’Eterno” (v.38). Mai sostenere, con convinzione, che la Parola di Dio afferma quello che noi pensiamo sia la verità. Per questo motivo è consigliabile parlare tramite lo Spirito Santo e non usare assolutamente i nostri pensieri di una mente carnale.

Ad Israele avvenne ciò che fu profetizzato dai servi di Dio: essi furono dimenticati e rigettati per tutte le loro empietà e lo saranno fino all’ultima settimana, “…ecco, io mi dimenticherò interamente di voi e vi getterò lontano dalla mia faccia, voi e la città che avevo dato a voi e ai vostri padri, e vi coprirò di un obbrobrio eterno e di una eterna vergogna, che non saranno mai dimenticati” (v.39,40).

Capitolo 24.

Dio mostrò in visione al profeta due canestri di fichi: uno conteneva fichi buoni, molto gustosi, mentre nell’altro fichi così cattivi, che non si potevano mangiare. Questo simboleggia il popolo condotto in cattività a Babilonia, dove una parte di esso era composto da persone gradite a Dio che, durante l’esilio, si sarebbero convertite a Lui con tutto il cuore:

“io poserò con favore i miei occhi su di loro e li ricondurrò in questo paese, li farò prosperare e non li distruggerò più; li pianterò e non li sradicherò più” (v.6), mentre l’altra parte dei deportati invece era composto da persone sgradevoli a Dio, tutti coloro che camminarono secondo la caparbietà del loro cuore: “Come invece questi fichi sono cattivi, tanto cattivi che non si possono mangiare-, così dice l’Eterno, -così abbandonerò Sedekia, re di Giuda, i suoi principi e il resto di Gerusalemme che rimarrà in questo paese e quelli che abitano nel paese d’Egitto” (v.8).

La profezia annuncia anche la diaspora avvenuta nel 70 d.C., in cui gli ebrei, sia giudei che samaritani (i due regni Giuda-Gerusalemme e Israele) rimasti in vita, furono dispersi tra le nazioni e Dio mandò contro di loro le tre piaghe della spada, della fame e della peste. “Li abbandonerò ad essere maltrattati e travagliati in tutti i regni della terra, e diventeranno un obbrobrio, una favola, un sarcasmo e una maledizione in tutti i luoghi dove li disperderò. Manderò contro di loro la spada, la fame e la peste, finché siano interamente distrutti dal suolo che avevo dato loro e ai loro padri” (v.9,10).

Il profeta Ezechiele conferma che la profezia indicata in questi versi non riguarda solo l’esilio babilonese, ma anche quello totale, iniziato dal 70 d.C. con la distruzione del tempio di Dio in Gerusalemme, infatti dichiara che “Una terza parte di te morirà di peste e sarà consumata dalla fame in mezzo a te; una terza parte cadrà di spada intorno a te e disperderò l’altra terza parte a tutti i venti, e sguainerò contro di essi la spada” (Ez.5:12).

Capitolo 25.

Dio rivolse la parola al profeta per tutto il popolo di Giuda e per gli abitanti di Gerusalemme, nel primo anno del re Nebucadnetsar, re di Babilonia. Geremia li informò: “Dal tredicesimo anno di Giosia, figlio di Amon, re di Giuda, fino a questo giorno sono ventitre anni che la parola dell’Eterno mi è stata rivolta, e io vi ho parlato con urgenza ed insistenza, ma voi non avete ascoltato” (v.3). I Giudei avevano continuato a provocare l’Eterno con l’adorazione degli idoli, opera delle loro mani, a loro danno, per la durezza dei loro cuori; Dio continuò a mandare i suoi messaggeri, per persuadere il suo popolo a lasciare le loro vie malvagie, e tornare al vero Dio che li aveva fatti uscire dalla schiavitù dell’Egitto, dicendo: “…Si converta ciascuno dalla sua via malvagia e dalle sue cattive azioni, e abiterete nel paese che l’Eterno ha dato a voi e ai vostri padri da sempre e per sempre” (v.5).

Molti profeti, furono mandati per avvertirli del male che Dio avrebbe mandato se non si fossero convertiti, ma il popolo scelto continuò a fare ciò che agli occhi dell’Iddio loro; “L’Eterno vi ha pure mandato tutti i suoi servi, i profeti con urgenza ed insistenza, ma voi non avete ascoltato né prestato orecchio per ascoltare” (v.4).

Dio allora confermò lo sterminio del paese, dandolo come bottino al re babilonese Nebukadnetsar. Infatti egli invase il territorio e devastò le città. Il popolo non aveva voluto convertirsi e non ascoltò alcun profeta di Dio, quindi tutto il paese, come preannunciato, divenne una desolazione ed i sopravvissuti servirono il re di Babilonia per settanta anni. Durante l’esilio del popolo di Dio, il regno di Babilonia prosperò grandemente, nella visione della statua del re Nebucadnetsar fu paragonato allo splendore dell’oro (Dan.2:32), Dio benedì il regno babilonese a causa della presenza del suo popolo che si trovava in cattività. Quando finì l’esilio di settanta anni e i giudei tornarono nel regno di Giuda, Dio distrusse Babilonia, infatti, per le grandi iniquità che si commettevano nella città di Babilonia, fu rasa al suolo e divenne una desolazione perpetua, come lo è ancora oggi (v.12).

Qui finisce la profezia dell’antica Babilonia, distrutta come fu profetizzato, ed inizia il nuovo regno di Babilonia trasferitosi nella città di Roma. Imperatori e papi formarono un regno idolatra controllato da Satana, iniziato III – IV secolo e terminerà all’apparire dell’uomo iniquo nominato bestia, che è Satana con un corpo umano, uguagliato profeticamente come ferro (lo spirito di Satana) e argilla il suo corpo (Dan.2:31,43). La bestia con i suoi dieci re, abbatterà Babilonia che è Roma e il Vaticano e prenderà il suo potere e dominio. “Così farò venire su quel paese tutte le cose che ho pronunciato contro di esso, tutto ciò che è scritto in questo libro e che Geremia ha profetizzato contro tutte le nazioni. Infatti molte nazioni e re potenti ridurranno in servitù i Caldei stessi e li ripagherò secondo le loro azioni e secondo l’opera delle loro mani” (v.13,14).

Un piccolo richiamo alle similitudini dei due regni di Babilonia. I Caldei deportarono gli ebrei, distruggendo Gerusalemme e il tempio di Dio; il secondo regno, l’Impero Romano, conquistò ed incendiò Gerusalemme con il tempio di Dio. Secondo le profezie di Daniele, l’Impero Romano di Occidente fu diviso che, poi trasformatosi in un unico regno politico-religioso, detto la grande Babilonia, è paragonato al ferro, perché diretto da Satana, la bestia che sostiene la grande meretrice, “con la quale hanno fornicato i re della terra, e gli abitanti della terra sono stati inebriati col vino della sua fornicazione” (Apoc.17:1,2). Il vino bevanda inebriante ha provocato in tutti gli adoratori di idoli comportamenti senza senso uguale agli ubriachi, essi adorano una pietra o un legno come se fosse un dio, non ricordano che c’e un vero Dio Creatore e Signore di tutto e tutti al quale è dovuta ogni adorazione e onore. La fornicazione rappresenta infatti tutte le adorazioni e venerazioni idolatre, essendo ubriachi non possono capire la distruzione che li aspetta (vedere Apoc.17 e 18).

Dio comandò a Geremia di eseguire un ordine, il cui effetto iniziò ad essere operante d/C.:   “Poiché così mi ha detto l’Eterno, il Dio d’Israele: -Prendi dalla mia mano questa coppa del vino della mia ira e falla bere a tutte le nazioni alle quali ti manderò. Esse berranno, barcolleranno e impazziranno a motivo della spada che manderò in mezzo a loro-” (v.15,16).

Geremia ubbidì cominciando da “Gerusalemme e le città di Giuda, i suoi re e i suoi principi, per ridurli a una desolazione, a un oggetto di stupore, a uno scherno e a una maledizione, come avviene oggi” (v.18), poi all’Egitto, ai Filistei ed a tutti i regni del mondo, senza esclusione di nessuno, “tutti i re della Media e tutti i re del nord, vicini o lontani, gli uni e gli altri, e tutti i regni del mondo che sono sulla faccia della terra. E il re di Sceshak berrà dopo di loro. Tu dunque dirai loro: Così dice l’Eterno degli eserciti, il Dio d’Israele: Bevete , ubriacatevi e vomitate; cadete senza più rialzarvi di fronte alla spada che manderò in mezzo a voi” (v.26,27).

Tutti i regni della terra hanno bevuto il calice dell’ira di Dio, lo berranno fino alla fine, quando Dio li annienterà totalmente nella guerra di Armagheddon, “…Voi certamente berrete” (v.28) perché saranno costretti dalla bestia (l’uomo con lo spirito del dragone). La coppa dell’ira di Dio è il marchio della bestia o il numero del suo nome che tutti prenderanno sulla loro mano o sulla loro fronte, allora: “berrà anch’egli il vino dell’ira di Dio, versato puro nel calice della sua ira e sarà tormentato con fuoco e zolfo davanti ai santi angeli e davanti all’Agnello” (Apoc.14:10).

Come abbiamo riferito, le profezie annunciano che Dio inizierà a punire dalla casa sua (giudei e Gerusalemme), “Poiché ecco, io incomincio a punire la città sulla quale è invocato il mio nome, e rimarreste voi completamente impuniti? No, non rimarrete impuniti, perché io chiamerò la spada su tutti gli abitanti della terra-, dice l’Eterno degli eserciti” (v.29; 1Ptr.4:7; Ez.9)

Il devastatore, che agirà nei primi tre anni, guiderà l’esercito proveniente dal nord, contro il sud, si fermerà proprio in Gerusalemme con la distruzione in suo potere (Dan.11:16). Trascorsi i sette anni si compiranno per Israele le settanta settimane, si concluderanno le profezie e le visioni, sarà unto il luogo santissimo e inizierà una giustizia eterna (Dan.9:24). Negli ultimi tre anni e mezzo di tutti gli abitanti della terra, prenderanno il marchio o il numero del nome della bestia, alla fine andranno a combattere contro l’Agnello, il RE dei RE ed il SIGNORE dei Signori. Nella guerra detta di Armagheddon (Apoc.16:16), che si terrà alla fine del regno della bestia, come indicato Questo evento è chiamato vendemmia, perché tutti quelli che andranno in guerra, moriranno di spada ed il loro sangue dovrà uscire come esce il succo d’uva quando viene pigiata (Apoc.14:18,20; Is.63).

La vendetta dell’Eterno contro tutte le nazioni che hanno bevuto dalla coppa della meretrice (il papa) e che, alla fine, adoreranno Satana, in forma di uomo, sarà tremenda; “Il clamore giunger fino all’estremità della terra, perché l’Eterno ha una contesa con le nazioni, egli entrerà in giudizio con ogni carne e darà gli empi in balia della spada, dice l’Eterno” (v.31).

Una grande calamità, come un turbine, passerà sulle nazioni della terra, perché tutte si assoggetteranno alla bestia e al suo aiutante, il falso profeta o anticristo, che farà prodigi e miracoli per attrarre tutti gli uomini empi della terra. “In quel giorno gli uccisi dall’Eterno saranno ovunque, da un’estremità all’altra della terra; non saranno rimpianti né raccolti né sepolti, ma diventeranno letame sulla faccia del suolo” (v.33).

Dio rivela infine a Geremia la Parola profetica rivolta a tutti quelli che hanno guidato il gregge, (le comunità), secondo il desiderio dei loro cuori, perché cadranno e saranno frantumati come un vaso prezioso.

Tutti i pastori grideranno perché l’Eterno devasterà il loro pascolo, Israele, che da tranquilli ovili saranno ridotti al silenzio per la grande ira dell’Eterno.

Il verso conclusivo: “Egli ha lasciato come un leoncello il suo rifugio, perché il loro paese è diventato una desolazione a motivo del furore dell’oppressore, a motivo dell’ardente ira dell’Eterno” (v.38). il verso riferisce ciò che avvenne in Gerusalemme nel 70 d.C., quando Dio abbandonò Israele nelle mani dei loro nemici. nell’ultima settimana si ripeterà la stessa cosa: Israele sarà consegnato nelle mani del nemico, il re proveniente dal nord che distruggerà e devasterà, poi farà con le nazioni del sud compreso Israele un patto di pace per sette anni, non manterrà perché negli ultimi 1260 giorni, subentrerà la bestia (l’uomo iniquo, investito dell’autorità e del potere del dragone, Satana).

(continua)