Poiché, siccome il corpo senza spirito è morto, così ancora la fede senza le opere è morta” (Gcm.2:26).

Molti credono che, non occorre fare alcuna opera, per essere salvati, perché è scritto “il giusto vivrà per fede” (Abac 2:4; Gal.3:11). Infatti, noi non siamo giustificati per le opere della Legge, che dice: “l’uomo che farà queste cose vivrà per mezzo di esse” (Gal.3:12). Infatti, la Legge non viene dalla fede, ma dalle opere. Per essere salvato, l’uomo doveva compiere tutto quello, che la Legge di Mosè, indicava di fare.

Cristo ha però annullato il vecchio patto e ne ha esposto uno nuovo: “Dicendo -un nuovo patto-, egli ha reso antico il primo; or quello che diventa antico ed invecchia, è vicino ad essere annullato” (Ebr.8:13). Per questo, Gesù è diventato garante di un patto molto migliore (Ebr.7:22). La Legge e i profeti, come la salvezza per le opere, sono durate fino a Giovanni Battista, che cominciò a predicare e a battezzare a ravvedimento: “Poiché tutti i profeti e la legge hanno profetizzato fino a Giovanni” (Mt.11:13).

Può la fede salvare, senza le opere? No! perché: “Così è pure della fede; se non ha le opere, per se stessa è morta” (Gcm.2:17). Quali sono le opere, che dobbiamo compiere? Non certo quelle della Legge, ma le opere, che seguono la fede. “Abrahamo, nostro padre, non fu forse giustificato per mezzo delle opere, quando offrì il proprio figlio Isacco sull’altare?” (Gcm.2:21).

Abramo ebbe fede in Dio e non gli rifiutò il suo unico figlio, per offrirlo in sacrificio. Lo portò sul monte e costruì l’altare su cui doveva sacrificarlo. Ecco le opere, insieme alla fede.

Raab, la meretrice, ebbe fede in Dio, che stava per distruggere la città, così ella accolse i messaggeri e li mandò via per un’altra strada, salvandoli da chi cercava di ucciderli: “…perciocché aveva nascosti i messi che Giosuè aveva mandati per spiare Gerico” (Gios.6:25). Lei operò con fede ed ebbe salva la vita, insieme a tutti i suoi familiari.

Avere una fede morta, non serve!

Affermare di credere soltanto, senza compiere alcuna opera, è inesatto, perché Dio ci ha dato lo Spirito del suo Figlio Gesù (Gal.4:6) ed è uno Spirito vivificante.

Teniamo presente la parabola dei talenti.

In similitudine, raccontò di un uomo, che partendo, affidò ai servi tutti i suoi beni, consegnando a uno, cinque talenti, ad un altro, due e all’ultimo, uno. Il servo, che ebbe ricevuto cinque talenti, li fece fruttare e ne guadagnò altri cinque, ugualmente il secondo ne guadagnò altrettanti, mentre il terzo lo conservò, nascondendolo e lo riconsegnò così al ritorno del padrone, giustificandosi della sua inoperosità: “Signore, io sapevo che tu sei un uomo duro, che mieti dove non hai seminato e raccogli dove non hai sparso” (Mt.25:24).

Badate, tutti avevano ricevuto i talenti, ma solo quello che, per paura, lo nascose, fu rimproverato e lo cacciò, pur conoscendo che, il suo padrone mieteva, dove non aveva seminato e raccoglieva, dove non aveva sparso.

Il padrone rappresenta, Gesù, che, una volta salito al Padre, ha dispensato lo Spirito Santo di Dio, dando a tutti dei talenti, secondo le loro capacità. Alla fine Gesù ritornerà e darà a ciascuno, secondo il suo operato.

Nella parabola, i primi due presentarono i loro doppi ricavi e il padrone premiò il loro impegno: “…servo buono e fedele; sei stato fedele in poca cosa, ti costituirò sopra molte cose, entra nella gloria del tuo Signore”, mentre punì l’inoperoso e dubbioso: “Servo malvagio e fannullone… dovevi portare il mio talento dai banchieri; al mio ritorno avrei ritirato il mio con l’interessea chi ha sarà dato ed egli sovrabbonderà; ma a chi non ha sarà tolto anche quello che ha” (Mt.25:26,29).

Come abbiamo notato, Gesù darà molto a chi ha operato nella sua vigna, mentre a chi ha ricevuto un talento, ma lo ha nascosto, Gesù dirà: “…il servo fannullone gettatelo fuori nelle tenebre; là sarà pianto e stridore di denti” (v.30).

La parabola espone chiaramente il nostro compito: che dobbiamo usare e amministrare bene, quello che abbiamo ricevuto dal nostro Padrone, Cristo Gesù,  che ricompenserà la nostra diligenza nel gestire con profitto le sue ricchezze, affidandocene  altre.

Noi siamo il corpo di Cristo, ognuno è membra delle altre e tutte sono utili per far funzionare il corpo, ma se qualche parte rimane inattiva, non è utile, anzi può essere d’intoppo al resto.

Avere fede e non operare, equivale alla morte, vale a dire, essere inutile. Non puoi certo mostrare la fede, senza opere, ma solo se la tua fede è unita alle opere, è una fede viva e attiva (Gcm.2:22). Infatti, l’apostolo Giacomo afferma: “Ma qualcuno dirà: -Tu hai la fede, e io ho le opere-; mostrami la tua fede senza le tue opere e io ti mostrerò la mia fede con le mie opere” (Gcm.2:18). Abbiamo molti esempi di fede e tutti hanno operato e sono stati giustificati.

Perciò vedete che l’uomo è giustificato per le opere e non per fede soltanto” (Gcm.2:24).