Il Signore corregge quelli che egli ama, e punisce tutti coloro che riconosce come figli. Se voi sostenete la correzione, Dio vi tratta come figli; qual è infatti il figlio che il padre non corregga?” (Ebr.12:6,7).

Una riflessione per tutti quelli che si lamentano dell’uso di parole poco umili e troppo dure, quando si corregge qualcuno dall’errore.

Prendiamo esempio dalle risposte di Gesù alle accuse dei sacerdoti, degli scribi e dei farisei.

Parlare di verità rimane duro per chi non è nella verità, come accadde a Gesù, dopo che ebbe parlato: “Udito questo, molti dei suoi discepoli dissero: -Questo parlare è  duro, chi lo può capire?-… Questo vi scandalizza?… E’ lo Spirito che vivifica; la carne non giova  a nulla; le parole che vi dico sono spirito e vita… da quel momento molti dei suoi discepoli si tirarono indietro e non andavano più con lui. Allora Gesù disse ai dodici: – Volete andarvene anche voi?- E Simon Pietro gli rispose: -Signore, da chi ce ne andremo? Tu hai parole di vita eterna. E noi abbiamo creduto e abbiamo conosciuto che tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente-“ (Gv.6:60-68).

Se Dio ci corregge è perché ci ama, come un padre ama il proprio figlio

Dio può usare ciò che vuole e come vuole, per riprendere e correggere i suoi figli che ama. Considerate se è meglio riprendere qualcuno chiaramente, decisamente e con autorità della Parola, che sta peccando perché, se non si ravvede, ignorando l’avvertimento e continuando nell’iniquità, sarà giudicato colpevole e condannato ad essere gettato nella geenna del fuoco eterno, oppure consigliargli, con parole dolci e senza suscitargli turbamento o provocare alcuna reazione della coscienza, di smettere quel comportamento sbagliato da credente, perché non gradito a Dio, senza avvertirlo che, se continuerà a peccare, finirebbe nella geenna del fuoco?

Non riprendere aspramente un anziano, ma esortalo come un padre, e i più giovani come fratelli, le donne anziane come madri e le giovani come sorelle, in tutta castità” (1Tmt. 5:1,2).

Da evidenziare che “la Parola di Dio è vivente ed efficace, più affilata di qualunque spada a doppio taglio, e penetrante fino a dividere l’anima dallo spirito, le giunture dalle midolla; essa giudica i sentimenti e i pensieri del cuore” (Ebr.4:12) e quindi non può assolutamente scendere a compromessi di alcun genere, ma taglia in maniera netta, precisa e anche duramente quando incontra resistenza fino a dividere quello che è giusto dall’ingiusto, la santità dal peccato, quindi, come è scritto: “…il vostro parlare sia: -Sì, sì; no, no-; poiché il di più viene dal maligno” (Mt.5:37).

Atteniamoci sempre alla Parola, noi dobbiamo parlare per mezzo di Essa, comunicare il suo messaggio integralmente e niente deve provenire dalla nostra mente, ma dare agli altri quello che Dio dà a noi, sempre attraverso la sua Parola, come l’apostolo sostiene: “Difatti, non abbiamo mai usato un parlare lusinghevole, come ben sapete, né pretesti ispirati da cupidigia; Dio ne è testimone” (1Tes.2:5), “ma, come siamo stati approvati da Dio da esserci affidato l’evangelo, così parliamo non in modo da piacere agli uomini, ma a Dio che prova i nostri cuori” (1Tes.2:4).

Ogni correzione infatti, sul momento, non sembra essere motivo di gioia, ma di tristezza; dopo però rende un pacifico frutto di giustizia a quelli che sono stati esercitati per mezzo suo” (Ebr.12:11). Possiamo perciò affermare: “Beato l’uomo che Dio corregge! Tu non disprezzare la lezione dell’Onnipotente” (Giob.5:17).