Dio ha promesso un premio ai suoi figli, ma non a tutti uguale, perché ognuno lo riceverà “secondo le opere che egli ha fatto” (Ap.22:12). Gli apostoli hanno dedicato la loro vita a Cristo e, ad ognuno di loro, è stata assegnata una pietra preziosa, diversa l’una dall’altra: “Il muro della città aveva dodici fondamenti, e su quelli erano i dodici nomi dei dodici apostoli dell’Agnello” (Ap.21:14,19,10).

L’apostolo Paolo dichiara: “Qual è dunque il mio premio? Questo: che predicando l’evangelo, io posso offrire l’evangelo di Cristo gratuitamente, per non abusare del mio diritto nell’evangelo” (1Cor.9:18).

Seguendo il suo esempio, “Siate miei imitatori, come anch’io lo sono di Cristo” (1Cor.11:1; 4:16), tutti possiamo e dobbiamo essere utili, portando frutto, nell’opera del Signore, ognuno secondo il proprio talento ricevuto (Mt.25:25). Infatti, è riportato: “Così colui che pianta e colui che annaffia sono una medesima cosa, ma ciascuno riceverà il proprio premio secondo la sua fatica” (1Cor.3:8).

Nessuno è più grande dell’altro, perché “tra di voi non sarà così; anzi chiunque tra di voi vorrà diventare grande sia vostro servo” (Mt.20:26), ma tutti utili, secondo ciò che Dio ha stabilito, per ognuno di noi “…noi sappiamo che tutte le cose cooperano al bene per coloro che amano Dio, i quali sono chiamati secondo il suo proponimento” (Rom.8:28). Occorre essere ubbidienti, per ricevere il premio, che ci è stato preparato sin dalla fondazione del mondo (Mt.25:34).

I figli ereditano dai genitori, noi ereditiamo dal nostro Padre celeste un premio eterno: “noi infatti siamo opera sua, creati in Cristo Gesù per le buone opere che Dio ha precedentemente preparato, perché le compiamo” (Ef.2:10),  allora ci presenteremo davanti al nostro Signore Gesù Cristo: “Ecco, io vengo presto e il mio premio è con me, per rendere ad ognuno secondo le opere che egli ha fatto” (Ap.22:12).

Come sappiamo dalle Scritture, molti sono i chiamati, che anch’essi operano, divulgano il messaggio di salvezza (corrono) per ricevere il premio, ma non tutti lo conquistano: “Non sapete voi che quelli che corrono nello stadio, corrono bensì tutti, ma uno solo ne conquista il premio? Correte in modo da conquistarlo” (1Cor.9:24). L’apostolo avverte: “Nessuno v’impedisca di conseguire il premio, compiacendosi in pratiche di poco conto e nella venerazione degli angeli, seguendo le proprie pretese visioni, gonfio di vano orgoglio nella sua mente carnale” (Col.2:18).

Per conquistare qualunque premio carnale, occorre abituare il corpo con molto allenamento, così, allo stesso modo, serve disciplinare il nostro corpo a molte privazioni carnali, per ricevere poi il premio incorruttibile, più eccelso e “… grande in cielo” (Lc 6:23), come l’apostolo Paolo testimonia: “…disciplino il mio corpo e lo riduco in servitù perché, dopo aver predicato agli altri, non sia io stesso riprovato” (1Cor.9:27).

Anche noi, se discipliniamo il nostro corpo a fare a meno dei desideri della carne, ritenendoci stranieri in questo mondo, ma cittadini del cielo (Fil.3:20), riceveremo la corona di gloria, che Gesù ci ha preparato: “E quando apparirà il sommo pastore, riceverete la corona della gloria che non appassisce” (1Ptr.5:4). Solo se ci asteniamo dai desideri della carne: “Carissimi, io vi esorto, come stranieri e pellegrini, ad astenervi dai desideri della carne che guerreggiano contro l’anima” (1Ptr.2:11),

Esorto e ripeto: “…Correte in modo da conquistarlo” (1Cor.9:24).