“Così Dio creò l’uomo a sua immagine, lo creò a immagine di Dio; li creò maschio e femmina”  (Gen.1:27).
Con l’ultimo atto divino della creazione nel sesto giorno, investì l’essere umano di dominio sugli animali e sulla terra.
“Poi l’Eterno Dio piantò un giardino in Eden, ad oriente, e vi pose l’uomo che aveva formato”  (Gen.2:8), “…perché lo lavorasse e lo custodisse” (Gen.2.15).
Dio ordinò all’uomo di mangiare tutti i frutti di ogni albero del giardino, tranne quello della conoscenza del bene e del male, avvertendolo che “nel giorno che tu ne mangerai, per certo morrai” (Gen.2:17).
Fra tutti i rettili che Dio aveva creato vi era il serpente, che era molto astuto, termine ricorrente in molti versi per sottolineare la seduzione del tentatore satana. Egli, usando le sue lusinghe, si rivolse alla donna con: “Ha Dio veramente detto: – Non mangiate di tutti gli alberi del giardino -?”.
La donna rispose che potevano mangiare il frutto degli alberi, eccetto quello che è in mezzo al giardino, altrimenti sarebbero morti.
Il serpente assicurò il contrario, precisando: “ma Dio sa che nel giorno che ne mangerete, gli occhi vostri si apriranno, e sarete come Dio, conoscendo il bene e il male (Gen.3:5).

Ecco come il peccato di disubbidienza, tramite la concupiscenza degli occhi e della carne, entrò nell’umanità attraverso la donna, che vide l’albero desiderabile ed appetibile, aspirando l’intelligenza, prese quel frutto, ne mangiò e ne diede anche al marito.
Di conseguenza i loro occhi furono aperti e si videro nudi, cercarono quindi di coprirsi con delle foglie di fico e si nascosero dalla vergogna.

Da sottolineare l’enorme importanza nel processo di qualsiasi peccato, che prende origine dallo stimolare la concupiscenza, attraverso la sensibilità dei desideri e dei piaceri della carne.
Questa attrazione così coinvolgente, se incontrollata, è tale da provocare il peccato, in accordo con Gc.1:15 “poi la concupiscenza, quando ha concepito, partorisce il peccato; e il peccato, quando è compiuto, produce la morte”.
In effetti la tentazione ha un solo percorso stabilito, quindi facilmente individuabile, quello della via di accesso sensuale, intellettuale o carnale proveniente dall’esterno, mentre l’intuizione spirituale nasce dall’interno, dal profondo intimo per essere poi recepita dal nostro cervello ed essere attuata mediante il nostro corpo.

Dopo la disubbidienza, l’Eterno chiamò l’uomo, perché entrambi si erano nascosti per disagio.
Egli si giustificò con: “- Ho udito la tua voce nel giardino, e ho avuto paura perché ero nudo, e mi sono nascosto -. E Dio disse:- Chi ti ha mostrato che eri nudo? Hai forse mangiato dell’albero del quale io ti avevo comandato di non mangiare?” (Gen.3:10,11).
L’uomo aveva disubbidito al comandamento di Dio e, di conseguenza, la morte era avvenuta: l’uomo si era distaccato da Dio per sempre, perché morte significa distacco, separazione.
Prima del peccato, Adamo ed Eva erano in comunione con Dio, erano puri e senza peccato. Quando il peccato fu entrato in loro, sentirono soltanto la voce di Dio, ma non hanno potuto più vederlo, infatti Dio li cacciò dal giardino e li mandò sulla terra, che è stata maledetta a causa della loro disubbidienza.

Dio stabilì un piano di redenzione con il Salvatore per riportare l’uomo a sé nuovamente, affinché potesse riottenere quel rapporto con Dio, che era stato interrotto dal peccato di Adamo, imponendo al serpente: “E io porrò inimicizia fra te e la donna e fra il tuo seme e il seme di lei; esso ti schiaccerà il capo, e tu ferirai il suo calcagno” (Gen.3:15). (vedi Genesi capitoli 1,2,3).

L’avvento di Gesù fu annunziato per mezzo dei profeti: Ecco il mio servo, che io sostengo, il mio eletto in cui la mia anima si compiace. Ho posto il mio Spirito su di lui, egli porterà la giustizia alle nazioni(Is.42:1) ed ancora: Io, l’Eterno, ti ho chiamato secondo giustizia e ti prenderò per mano, ti custodirò e ti farò l’alleanza del popolo e la luce delle nazioni(Is.42:6).

L’Eterno si scelse un popolo fra tutte le nazioni, facendo loro una promessa, tramite Abramo, uomo giusto e fedele agli occhi di Dio, dichiarando: “…ecco io faccio con te un patto: tu diventerai padre di una moltitudine di nazioni” (Gen.17:4).
Rinnovò la stessa promessa con suo figlio Isacco e col suo nipote Giacobbe, patriarca o capostipite dei 12 tribù.
Infatti Dio designò: “Il tuo nome non sarà più Giacobbe, ma Israele…” (Gen.32:28).
Israele ebbe dodici figli, che rappresentano ancora oggi le dodici tribù d’Israele.
Tra queste Dio scelse Giuda, dalla cui discendenza nacque il Messia, profetizzato da Giacobbe morente, quando benedisse i suoi figli e, a proposito di Giuda, aggiunse: “Lo scettro non sarà rimosso da Giuda, né il bastone dal comando di fra i suoi piedi, finché venga Sciloh; e a lui ubbidiranno i popoli. Egli lega il suo asinello alla vite e il puledro della sua asina alla vite migliore, lava la sua veste nel vino e il suo manto nel sangue dell’uva” (Gen.49:10,11).
Il popolo di Israele si formò in schiavitù, servendo il faraone in Egitto e quando arrivò ad essere una moltitudine, Dio suscitò Mosè come profeta e condottiero, allevato dalla figlia del Faraone che “…divenuto adulto, rifiutò di essere chiamato figlio della figlia del Faraone” (Ebr.11:24).
Rinunciò al titolo, onore e gloria, perché Mosè scelse di stare col suo popolo, desiderando ubbidire a Dio e condurre il popolo d’Israele fuori dall’Egitto.
Fu fedele a Dio, essendo l’uomo più mite esistente sulla faccia della terra (Num.12:3), non desiderò godere dei beni passeggeri di questo mondo, lui poteva scegliere la ricchezza, ma preferì soffrire insieme alla sua gente.
Fu una guida, un profeta, un uomo di Dio, nelle cui mani furono consegnate le tavole della legge e costruì il tabernacolo, secondo il modello che Dio gli aveva mostrato sul monte Sinai (Ebr.8:5).

Il tabernacolo rivestiva un ruolo primario, essendo un luogo di incontro con Dio ed era principalmente composto da un luogo santo, dove si trovavano un candelabro, i pani della presentazione e l’altare degli incensi ed un velo appeso che lo separava dal luogo santissimo, al cui interno erano presenti un turibolo d’oro e l’arca del patto ricoperta d’oro e contenente  un vaso d’oro pieno della manna del deserto, la verga di Aaronne fiorita e le 2 nuove tavole del patto.
I sacerdoti entravano giornalmente nella prima parte del tabernacolo per compiere il servizio divino, ma nella seconda vi entrava, una sola volta all’anno, il sommo sacerdote, portando con sé del sangue degli animali sacrificati sull’altare degli olocausti, posto fuori nel cortile, per l’espiazione dei peccati di se stesso e del popolo.

Il compito di costruzione era stato dato a Mosé, mentre la gestione del servizio a suo fratello, tramite legge divina.
Tale opera e ufficio non potevano essere rese perfette fino a quando esisteva ancora lo spargimento del sangue di tori e di capri sacrificati puri, per la copertura, nel senso di purificazione, dai peccati.
Come era ordinato, nel luogo santo potevano accedere solo i sacerdoti mentre era precluso l’ingresso al luogo santissimo, perché questa via non era ancora stata manifestata a tutti: “Trattandosi solo di cibi, di bevande, di varie abluzioni e di ordinamenti carnali, imposti fino al tempo del cambiamento” (Ebr.9:10)”.
Il cambiamento doveva arrivare al tempo che Dio aveva stabilito, attraverso il popolo che Dio aveva scelto come sua eredità.

Giuda e Gerusalemme erano state più volte trascinate al peccato dai loro condottieri e da re corrotti. Prendiamo come esempio Achab, che regnò su tutto Israele, egli “…fece ciò che è male agli occhi dell’Eterno più di tutti quelli che lo avevano preceduto (1Re16:30).
Questi re non servirono l’Eterno, non mettendo in pratica i comandamenti, né le leggi lasciate da Mosè, servitore dell’Iddio Altissimo, ma adorarono gli idoli di Baal.
Altro re iniquo fu Jehoram “Egli seguì la via dei re d’Israele come aveva fatto la casa di Achab, perché sua madre era una figlia di Achab, e fece ciò che è male agli occhi dell’Eterno” (2Cron.21:6). L’Eterno si allontanò dal suo popolo con conseguenze disastrose, dandoli in mano dei loro nemici, ma non li distrusse, perché da esso doveva venire al mondo il Messia, la lampada: “Tuttavia l’Eterno non volle distruggere la casa di Davide, a motivo del patto che aveva stabilito con David e perché aveva promesso di dare a lui e ai suoi figli una lampada per sempre” (2Cron.21:7).

Gesù fu il perfetto ed unico esecutore di tutta la legge, non riconosciuto dal suo popolo o sua eredità (Is.47:6).
Gli israeliti hanno disubbidito ai suoi comandamenti, inorgogliendosi nei propri cuori, provocando ad ira Dio, che si rivolge a loro in questo tono amorevole: “Ti ho abbandonata per un breve istante, ma con immensa compassione ti radunerò. In uno scoppio d’ira ti ho nascosto per un momento la mia faccia, ma con un amore eterno avrò compassione di te, dice l’Eterno, il tuo Redentore”  (Is.54:7,8).
Questa è la profezia quando Dio riprenderà ad avere cura del suo popolo, dopo che la Grazia per il popolo gentile sarà terminata.
Brevemente, il residuo d’Israele sarà glorioso, perché Dio promette che mai più li minaccerà.
Come l’Eterno stipulò il patto con Noè, che mai più avrebbe coperto la terra col diluvio, ricordandolo col segno dell’arcobaleno, così l’Eterno non si adirerà più contro il suo popolo.
Questo patto vale per il millennio, consecutivo al regno della bestia, che terminerà con la guerra di Armagheddon, dove satana sarà legato negli abissi per mille anni.

In definitiva, Dio scelse il suo popolo in eredità, per portare a termine la venuta del Salvatore, colui che doveva entrare nel santuario ed offrire la propria vita in riscatto di molti.
Offrendo la sua vita in sacrificio per il peccato, egli vedrà una progenie, prolungherà i suoi giorni, e la volontà dell’Eterno prospererà nelle sue mani” (Is.53:10).
Gesù venne dalla progenie di Davide, della tribù di Giuda, che Dio chiamò seme, in contrasto con il seme del serpente (Gen.3:15).

Gesù, unico sommo sacerdote, non entrò nel santuario per offrire sangue di alcun animale, ma vi entrò donando il suo proprio sangue, come precisato: “entrò una volta per sempre nel santuario, non con sangue di capri e di vitelli, ma col proprio sangue, avendo acquistato una redenzione eterna” (Ebr.9:12), “Infatti i corpi degli animali, il cui sangue è portato dal sommo sacerdote nel santuario per il peccato, sono bruciati fuori dal campo. Perciò anche Gesù, per santificare il popolo con il proprio sangue, ha sofferto fuori della porta” (Ebr.13:11,12).

Gesù ha compiuto la legge: “Non pensate che io sia venuto ad abrogare la legge o i profeti; io non sono venuto per abrogare, ma per portare a compimento” (Mt.5:17).
Attraverso il suo sangue, oggi noi riceviamo il perdono perché: “Quanto più il sangue di Cristo, che mediante lo Spirito eterno offerse se stesso puro di ogni colpa a Dio, purificherà la vostra coscienza dalle opere morte per servire il Dio vivente!” (Ebr.9:15).

Gesù pregando il Padre disse: “Io ti ho glorificato sulla terra, avendo compiuta l’opera che tu mi hai dato da fare” (Giov.17:4).
Infatti Gesù era stato già designato da Dio, come abbiamo letto in Gen.3:15, promettendo all’uomo il Salvatore, colui che fu ferito dal serpente al calcagno (Gesù) “disprezzato e rigettato dagli uomini, uomo dei dolori, conoscitore della sofferenza…” (Is.53:3), ma Gesù ha schiacciato il capo al serpente, perché Dio lo ha risuscitato dai morti il terzo giorno, come annunciato a Maria ed a Maria Maddalena, accorse al sepolcro trovato aperto e vuoto: “…Voi cercate Gesù il Nazareno che è stato crocifisso; è risuscitato, non è qui; ecco il luogo dove l’avevano posto” (Mrc.16:6).
Dio lo ha risuscitato dai morti e: “…lo ha sovranamente innalzato e gli ha dato un nome che è al di sopra di ogni nome, affinché nel nome di Gesù si pieghi ogni ginocchio delle creature (o cose) celesti, terrestri e sotterranee” (Fil.2:9).

Satana è stato annientato, perché Gesù ha vinto sulla morte, sul peccato e su di lui.
Gesù stesso afferma: “…io ho vinto il mondo” (Gv.16:33).
Noi sappiamo che il mondo giace sotto il potere del maligno (1Gv.5.19).
Il diavolo possiede tutte le ricchezze di questo mondo, Dio gliele ha date nelle sue mani, fino al tempo del suo annientamento finale. Infatti in Matteo 4:8,9 leggiamo come Satana tentò Gesù, offrendogli tutti i regni del mondo e la loro gloria: “Io ti darò tutte queste cose se, prostrandoti a terra, mi adori“.
Satana porgeva tutto a Gesù, perché è lui che gestisce i regni e le loro ricchezze, ma Gesù replicò: “Vattene Satana, poiché sta scritto: – Adora il Signor Dio tuo e servi a lui solo -” (v.10).

Gesù è venuto nel mondo, Dio tramite la Parola pronunciata, la vergine generò un Figlio, ed ecco la Parola di Dio divenuta carne generando un Figlio (Sal 2:7). Quindi la Parola che Dio pronunciò  divenne carne in Gesù,  “Nel principio era la Parola e la Parola era presso Dio, e la Parola era Dio” e “la Parola si è fatta carne…” (Gv.1:1,14).
La Parola di Dio divenne vita, perché “In lui (Gesù) era la vita, e la vita era la luce degli uomini” (v.4).
Gesù ha preso forma di uomo, dando al mondo quella luce che illumina il sentiero da seguire, che rischiara le tenebre; solo Gesù è vera luce e noi possiamo essere illuminati dalla sua Parola, per mezzo dello Spirito Santo, che ha dato ad ognuno di noi, che crediamo in Gesù e adoriamo il Padre (Dio) in Spirito e verità (Gv.4:24).

Gesù è venuto per “Il popolo che giaceva nelle tenebre ha visto una grande luce, e su coloro che giacevano nella regione e nell’ombra della morte, si è levata la luce” (Mt.4:16).
A noi che vivevamo nelle tenebre e che eravamo prigionieri del peccato, Dio ha promesso un Salvatore, fin dalla fondazione del mondo, per redimere tutti coloro che si arrendono e si pentono delle proprie trasgressioni, ricevendo il perdono solo per mezzo del sangue di Gesù Cristo e passare così dalle tenebre alla luce.

Gesù è stato promesso da Dio e lo ha annunciato attraverso i suoi servi , Gesù confermò: “… che si dovevano compiere tutte le cose scritte di me nella legge di Mosè, nei profeti e nei Salmi». – Lc 24:44.
Gesù ha predicato l’evangelo del regno al popolo Israelita “per aprir loro gli occhi e convertirli dalle tenebre alla luce e dalla potestà di Satana a Dio, affinché ricevano mediante la fede in me il perdono dei peccati e un’eredità tra i santificati” (At.26:18), è salito in cielo, ha mandato lo Spirito Santo, che ha unto tutti gli apostoli, testimoniando delle grandi cose.

Una dottrina santa e pura ci è stata rivelata per mezzo dello Spirito Santo, che ha ispirato l’apostolo Paolo, come messaggero per noi gentili.
Dio ci ha scelto come sua gente, innestandoci sulla radice del popolo del primo patto (Israele), che ha chiuso i loro occhi perché non vedano e ha indurito i loro orecchi da non udire, rendendo insensibile il loro cuore e non si convertano, li ha così abbandonati (Is.6:10; Mt.13:15; Atti28:27).
Noi siamo la stirpe santa, come citata: “…quando sono abbattuti rimane il ceppo, così una progenie santa sarà il suo ceppo” (Is.6:13).
Rallegriamoci, perché il nostro nome è scritto nei cieli (Lc.10:20), Gesù ci ha fatto grazia, perdonando così tutti i nostri peccati, lavandoli con il suo sangue innocente.
Il tempo della Grazia sta per terminare, Gesù rapirà la sua sposa, lo Spirito Santo sarà tolto dalla terra e avverrà la manifestazione dell’empio per azione di satana (2Tess.2:7). Allora non ci sarà più alcuna possibilità di salvezza per noi gentili; la redenzione sarà esclusivamente per il popolo del primo patto (Israele).
Tutti i credenti saranno con Gesù: “E quando sarò andato e vi avrò preparato il posto, ritornerò e vi accoglierò presso di me, affinché dove sono io siate anche voi” (Gv.14:3).
In quel momento, se fossimo riconosciuti vincitori, come Gesù ha vinto (Apoc.3:21), regneremo con lui per l’eternità.

Israele passerà la grande tribolazione, quando: “l’avversario, colui che s’innalza sopra tutto ciò che è chiamato dio o oggetto di adorazione, tanto da porsi a sedere nel tempio di Dio come Dio, mettendo in mostra se stesso e proclamando di essere Dio” (2Tes.2:4).
Israele ha abbandonato il vero Dio, rinnegando Gesù come il Messia che, mettendolo a morte, si compì la profezia.
Gerusalemme fu data alle fiamme, dando iniziò alla diaspora, ossia tutto il popolo d’Israele fu sparso su tutta la faccia della terra, come è stato rivelato: “Disperderò voi fra le nazioni e trarrò fuori la spada contro di voi; il vostro paese sarà desolato e le vostre città saranno deserte” (Lev.26:33; Zac.7:14).
Molte profezie sono state rivolte a questo popolo, perché si ravvedesse dai peccati di idolatria, ma non hanno voluto ascoltare (Ger.13:24,25) e Dio ha tratto la spada contro di loro.

Noi tutti conosciamo quante persecuzioni hanno dovuto passare e continuano avere ancora oggi, quando Dio ha ridato al suo popolo la terra promessa d’Israele.
Quasi tutti i giorni molti ebrei muoiono in attentati terroristici.
Come accennato prima, conosciamo il motivo di ciò e la conseguenza è che l’Eterno ha abbandonato il suo popolo, affinché “Vedendo, vedano ma non intendano, udendo, odano ma non comprendano, che talora non si convertano e i peccati non siano loro perdonati” (Mrc.4:12).
Questo verso spiega bene come Dio ha lasciato il suo popolo, per un periodo di tempo, per poi ritornare a loro, offrendoli l’eredità spettante, che Dio promise di dare al residuo d’Israele.

Sappiamo con certezza che presto Gesù ritornerà per prendere con sé la sua Chiesa e, come lui è risuscitato, tutti i morti in Cristo risusciteranno e “poi noi viventi, che saremo rimasti, saremo rapiti insieme a loro sulle nuvole, per incontrare il Signore nell’aria; e così saremo sempre col Signore”  (1Tes.4:17).
Non potremmo essere salvati, se non ci ravvedessimo e non ci convertissimo a Cristo, lasciando ogni opera carnale che prima facevamo, per essere rinnovati in Cristo. Solo battezzandoci nel nome di Gesù, otteniamo il perdono dei nostri peccati (At.2:38) ed iniziamo una nuova vita in Cristo.
Così compiere le opere degne dello Spirito, che sono: “Amore, gioia, pace, pazienza, gentilezza, bontà, fede, mansuetudine, autocontrollo, contro tali cose non vi è legge” (Gal.5.22,23), diventa per un vero cristiano una necessità ed opportunità di condividere le benedizioni divine.
Ovviamente per fare le opere dello Spirito, dobbiamo prima di tutto abbandonare quelle opposte, che sono proprie della carne: “Adulterio, fornicazione, impurità, dissolutezza, idolatria, magia, inimicizie, contese, gelosie, ire, risse, divisioni, sette, invidie, omicidi, ubriachezze, ghiottonerie e cose simili a queste, circa le quali vi prevengo, come vi ho già detto prima, che coloro che fanno tali cose non erediteranno il regno di Dio” (Gal.5.19-21).

Quando avrai totalmente abbandonato tutte le opere malvagie ed iniziato ad agire secondo le opere dello Spirito, è sintomo di conversione dal male al bene, di passaggio dalle tenebre alla luce, avendo creduto con tutto il tuo cuore che Gesù Cristo è il Salvatore, come indicato: “poiché se confessi con la tua bocca il Signore Gesù, e credi nel cuore tuo che Dio lo ha risuscitato dai morti, sarai salvato” (Rom.10:9).
Gesù precisa: “Chi ha creduto ed è stato battezzato, sarà salvato; ma chi non ha creduto, sarà condannato. E’ questi sono i segni che accompagneranno quelli che hanno creduto: nel mio nome scacceranno i demoni parleranno nuove lingue…” (Mrc.16:16,17).
Questo è quanto Gesù ha ordinato e gli apostoli hanno ubbidito, battezzando nel nome di Gesù Cristo (Atti2:38; 19:5; 22:16; Rom.6:3).

Noi siamo stati avvertiti dall’apostolo Paolo, come deve essere il nostro cammino verso Cristo, nell’umiltà dello Spirito Santo.
Chi non mantiene la sua condotta pura e santa, secondo la volontà di Dio, non entrerà affatto nel regno di Dio e, purtroppo, per quella persona non ci potrà essere un futuro con la gloria di Dio perché: “Infatti il salario del peccato è la morte, ma il dono di Dio è la vita eterna in Cristo Gesù, nostro Signore” (Rom.6:23; Gc.1:15; 4:17; 1Ptr.4:17,18).
Al contrario chi cammina: “…nella luce, come egli è nella luce, abbiamo comunione gli uni con gli altri, e il sangue di Gesù Cristo, suo Figlio, ci purifica da ogni peccato” (1Giov.1:7).

Perché allora rimanere nelle tenebre, aspettando la condanna eterna?
“…Oggi, se udite la sua voce, non indurite i vostri cuori…” (Ebr.3:7,15 – 4:7), lascia le cose di questo mondo, unisciti ai figli di Dio che adorano in Spirito e verità (Gv.4:24) colui che ha dato la sua vita, al posto nostro, perché tu ed io ne avessimo in abbondanza (Mt.20:28).
Oggi c’e salvezza per coloro che decidono di dare il cuore a Cristo e, possono affermare come l’apostolo Paolo: “…non sono più io che vivo, ma è Cristo che vive in me; e quella vita che ora vivo nella carne, la vivo nella fede del Figlio di Dio, che mi ha amato e ha dato se stesso per me”  (Gal.2:20).
Vivere nella fede, che è certezza di un avvenire glorioso con Cristo Gesù, è molto bello, perché chi non ha sicurezza nel domani, ha un vuoto nella sua vita, dovuta all’indeterminatezza che presenta la vita terrena.
Se ubbidissimo alla Parola dell’evangelo, che è verità, vivremmo con la garanzia del nostro futuro e continueremmo a vivere anche dopo la morte o distacco da questo corpo mortale, rivestendoci di un corpo celestiale, che ci verrà dato quando Cristo Gesù tornerà tra le nuvole per rapire la sua sposa o Chiesa.
Noi saremo trasformati in un batter d’occhio e staremo sempre col Signore.

Dio desidera che tu ti arrenda a Lui con semplicità di cuore, come fa un piccolo fanciullo, quando chiede qualsiasi cosa ai suoi genitori, facendolo con fiducia e sicuro di non essere deluso.
Nello stesso modo puoi chiedere a Cristo Gesù qualsiasi cosa con franchezza e determinazione, senza dubbio nel tuo cuore, certo che Lui ti ascolterà con attenzione e ti trarrà dal mondo, portandoti alla luce della sua Parola di verità.
Potrai allora comprendere così le cose spirituali, che prima non capivi, sentirai la sua pace, il suo amore fluire in te, ti avvolgerà di un affetto che prima non avevi sperimentato, riempirà il vuoto di insicurezza che era in te e ti sentirai amata-o di un amore eterno.

Gesù è il vero amico che può aiutarti realmente.
Quello che devi fare è aprire il tuo cuore e lasciare che Gesù entri, è Lui stesso che ti sta dicendo: “Ecco, io sto alla porta e busso; se qualcuno ode la mia voce ed apre la porta, io entrerò da lui, e cenerò con lui ed egli con me” (Apoc.3:20).
Gesù chiede di cenare con te.
La cena è quell’ultima volta che la famiglia si riunisce insieme per mangiare, prima di andare a dormire; con la cena termina la giornata.
Gesù sta per tornare, concludendo il tempo della Grazia, che sta offrendo ai popoli gentili, perciò Egli ti invita a lasciarlo entrare nel tuo cuore, prima che la porta sia chiusa e Gesù pronunci a chi è rimasto fuori e vorrebbe entrare: “In verità vi dico che non vi conosco” (Mt.25:12).

Per chi crede, fino alla fine, vincerà il premio.
Vincere vuol dire allontanarsi dalle cose del mondo, senza partecipare a nessuna opera del male, come Gesù stesso diede l’esempio e tutti gli apostoli lo seguirono, imitandolo, camminando con fedeltà, testimoniando la grandezza delle sue opere e costruendo sul fondamento che Gesù li aveva lasciato.

Anche per noi oggi è lo stesso, come ieri lo è stato per gli apostoli, di seguire tutti gli insegnamenti datici, di non tralasciare alcuna cosa, di non amare la propria vita terrena, ma interessarsi maggiormente a quella celeste, dove Gesù stesso ci incoraggia con toccanti parole, da ricordare sempre: “Nella casa del Padre mio ci sono molte dimore; se no, ve lo avrei detto; io vado a prepararvi un posto. E quando sarò andato e vi avrò preparato il posto, ritornerò e vi accoglierò presso di me, affinché dove sono io siate anche voi” (Gv.14:2,3).
Coraggio dunque, accetta Gesù nel tuo cuore, per stare con Lui per l’eternità in una dimora celestiale, con tutti i santi.